Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25930 del 24/09/2021

Cassazione civile sez. II, 24/09/2021, (ud. 05/11/2020, dep. 24/09/2021), n.25930

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25381/2019 proposto da:

O.C., rappresentato e difeso dall’avvocato Massimo Rizzato,

con studio in Vicenza, via Napoli, 4;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS);

– intimato –

avverso il decreto del Tribunale di Venezia, depositato il

24/07/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

05/11/2020 dal Consigliere Dott. Annamaria Casadonte.

 

Fatto

RILEVATO

che:

– O.C., cittadino della Nigeria, ricorre per cassazione avverso il decreto del Tribunale che ha respinto il di lui ricorso contro il diniego della protezione internazionale e di quella c.d. umanitaria;

– a sostegno della domanda di protezione egli ha allegato di essere nato a (OMISSIS) e di essere sempre vissuto lì; ha precisato di essere orfano di entrambi i genitori e che, dopo la morte della madre, poiché nel suo paese non aveva un lavoro, insieme al fratello aveva cercato occupazione come contadino; dopo avere messo da parte un po’ di danaro si era spostato a (OMISSIS) alla ricerca di opportunità per trasferirsi in Libia; aveva così lasciato il paese nel 2015 e dopo avere trascorso un periodo in Libia, durante il quale il fratello era rimasto ucciso in un attacco che aveva colpito la loro abitazione, si era trasferito nel settembre 2016 in Italia;

– il tribunale ha proceduto all’audizione ed all’esito ha ritenuto insussistenti i presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato nonché quelli per la protezione sussidiaria e, in ragione della mancanza di una condizione di vulnerabilità, per la protezione umanitaria;

– la cassazione del decreto impugnato è chiesta sulla base di tre motivi;

– non ha svolto attività difensiva l’intimato Ministero dell’Interno.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– con il primo motivo si denuncia la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, in relazione al mancato riconoscimento della protezione sussidiaria ai sensi del citato art. 14, lett. c), perché il Tribunale, pur avendo riconosciuto l’esistenza di criticità sotto il profilo della tutela dei diritti umani ed una situazione di estesa e radicata radicata violenza che si declina con distinta gravità di intensità, ha, tuttavia, escluso che in Edo State sussista la fattispecie della violenza indiscriminata in situazione di conflitto interno ed internazionale;

– il motivo è inammissibile perché il Tribunale ha escluso la protezione sussidiaria in relazione alla generale condizione dell’area geografica in cui si trova l’Edo State, da cui proviene il ricorrente,, sulla scorta di notizie acquisite attraverso il rapporto EASO del 2017 ed ha escluso la sussistenza di una condizione di violenza generalizzata (cfr. pag. 5 del decreto);

– a fronte di ciò il ricorrente supporta la critica alla decisione sulla base di rapporti informativi indicati genericamente sia in relazione al tempo che all’area di riferimento e che pertanto non inficiano la motivazione poiché non fanno specifico riferimento ad allegazioni formulate dal ricorrente nel ricorso e non esaminate dal Tribunale (cfr. Cass. 21392/2020; 22769/2020);

– con il secondo motivo si denuncia la violazione dell’art. 14 della Convenzione di Ginevra e della L. n. 489/1988 per avere il Tribunale escluso che in capo al richiedente asilo residui alcuna traccia del trauma subito per essere stato detenuto e avere patito torture durante la detenzione a (OMISSIS);

– la censura è inammissibile perché il ricorrente non contesta la motivazione adottata dal Tribunale il quale, con particolare riguardo alla denuncia di violazione dell’art. 14 della Convenzione contro la tortura, adottata dall’Assemblea generale dell’ONU il 10/12/1984, ha rilevato come dall’audizione giudiziale del ricorrente “non è emerso il residuale di alcun trauma di cui occorrerebbe tener conto per l’esame della domanda di protezione”; ed ancora che il decreto impugnato ha statuito che “il ricorrente non ha anche solo allegato di seguire in Italia alcun percorso di riabilitazione per i traumi causati dalle torture subite in Libia o per i postumi delle violenze subite; e non ha prodotto alcuna relazione psicologica che evidenzi la sussistenza di tali traumi che, non sono emersi nel corso delle audizioni effettuate”;

– con il terzo motivo si denuncia la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, lett. a) e artt. 7 e 14, nonché la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, per avere il tribunale negato la protezione umanitaria senza contestualizzare la situazione del richiedente asilo;

– il motivo è inammissibile poiché il Tribunale ha esaminato nel dettaglio tutti gli elementi allegati dal ricorrente, sia con riguardo alla protezione sussidiaria che a quella umanitaria, e la censura non offre alcun ulteriore personale e specifico elemento di esame, risolvendosi nel mero richiamo di precedenti giurisprudenziali, senza alcun collegamento alla situazione concreta del ricorrente;

– l’inammissibilità di tutti i motivi comporta l’inammissibilità del ricorso;

– nulla va disposto sulle spese atteso il mancato svolgimento di attività difensiva da parte dell’intimato Ministero;

– ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 5 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 24 settembre 2021

 

 

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