Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25925 del 16/11/2020
Cassazione civile sez. VI, 16/11/2020, (ud. 08/09/2020, dep. 16/11/2020), n.25925
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DORONZO Adriana – Presidente –
Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –
Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –
Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –
Dott. DE FELICE Alfonsina – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 3003-2019 proposto da:
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del
Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE
BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO,
rappresentato e difeso dagli avvocati LELIO MARITATO, CARLA
D’ALOISIO, EMANUELE DE ROSE, ESTER ADA VITA SCIPLINO, ANTONINO
SGROI;
– ricorrente –
contro
P.F.B., elettivamente domiciliato in ROMA,
PIAZZA CAVOUR 17, presso lo studio dell’avvocato STEFANO SCOCCHERA,
che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato FRANCESCO
COSTANTINO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 706/2018 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,
depositata il 12/07/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata dell’08/09/2020 dal Consigliere Relatore Dott. ALFONSINA
DE FELICE.
Fatto
RILEVATO
che:
La Corte d’appello di Bologna, in riforma della sentenza del Tribunale di Reggio Emilia, ha annullato l’avviso di addebito emesso dall’Inps nei confronti di P.F.B., titolare della ditta individuale “COIS Compagnia italiana Spettacoli di P.F.B.”, in virtù del mancato versamento di contributi per il contratto asseritamente qualificato di collaborazione, in seguito riqualificato nel verbale ispettivo come di lavoro subordinato a tempo indeterminato e full time;
la Corte territoriale ha rilevato la tardività dell’avviso di addebito, per essersi formato il giudicato interno non avendo l’Inps impugnato il capo della sentenza ove si accertava che l’avviso era stato emesso ad oltre un anno dall’accertamento;
ha poi affermato, riformando la sentenza del Tribunale, che essendosi la domanda dell’Inps in primo grado limitata a richiedere il rigetto dell’opposizione senza aver proposto domanda riconvenzionale, l’Istituto era decaduto dalla possibilità di ottenere un giudicato che si estendesse all’accertamento dell’esistenza di un debito contributivo con riferimento al rapporto (ri)qualificato come di lavoro subordinato;
l’Inps propone ricorso per cassazione sulla base di due motivi;
P.F.B. resiste con controricorso;
è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.
Diritto
CONSIDERATO
che:
col primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, il ricorrente deduce “Violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 416 c.p.c. con riferimento al D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, art. 25”;
la decisione di ritenere non esaminabile nel merito la pretesa contributiva dell’Inps in assenza di domanda riconvenzionale risulta difforme rispetto all’orientamento della Suprema Corte, e, pertanto, la Corte d’appello avrebbe dovuto pronunciarsi;
col secondo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, contesta “Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, art. 25, con riferimento agli artt. 112 e 416 c.p.c.” ed in via subordinata, qualora non si ritenesse affetta da nullità per omessa pronuncia la sentenza, sostiene che il ricorso debba essere ritenuto fondato per violazione del D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 25;
il primo motivo è fondato;
la giurisprudenza di legittimità considera implicita nella emissione della cartella la richiesta di condanna al pagamento dei contributi, sicchè il giudice dell’appello, è tenuto a pronunciarsi nel merito della pretesa, a prescindere dalla formulazione di una domanda riconvenzionale (Cass. n. 1558 del 2020; Cass. n. 2638/2019; Cass. n. 19469 e n. 26044 del 2018);
in base a tale costante orientamento di legittimità, dunque, emerge l’erroneità della decisione impugnata, là dove quest’ultima, ha ritenuto che l’Istituto fosse decaduto dal proprio diritto per non aver fatto valere mediante domanda riconvenzionale il proprio diritto a ricevere il pagamento dei contributi dovuti;
il secondo motivo è assorbito;
in definitiva, accolto il primo motivo e assorbito il secondo, il ricorso va accolto, la sentenza impugnata va cassata e la causa va rinviata alla Corte d’appello di Bologna in diversa composizione anche sulle spese del presente giudizio;
in considerazione dell’esito del giudizio, non sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso.
PQM
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Bologna in diversa composizione anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, all’adunanza camerale, il 8 settembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 16 novembre 2020