Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25921 del 31/10/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 31/10/2017, (ud. 15/09/2017, dep.31/10/2017),  n. 25921

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20779/2010 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

MINISTERO ECONOMIA E FINANZE in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

C.O., domiciliata in ROMA PIAZZA CAVOUR presso la

cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE rappresentata e difesa

dall’Avvocato MARCELLO MANCA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 19/2010 della COMM. TRIB. REG. di CAGLIARI,

depositata il 05/05/2010;

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

15/09/2017 dal Consigliere Dott. LAURA TRICOMI.

Fatto

RILEVATO

che:

Con avviso di accertamento notificato il 20.12.2006, l’Agenzia delle Entrate rettificava il reddito dichiarato da C.O., ai fini IRPEF, IRAP ed IVA, in relazione all’anno d’imposta 1999, a fronte di maggiori ricavi determinati sulla base degli studi di settore.

La CTR della Sardegna, con sentenza del 5 maggio 2010, accoglieva l’appello della contribuente e, in riforma della prima decisione, dichiarava nullo l’atto impugnato.

Rilevava il giudice di appello che l’avviso di accertamento era stato sottoscritto da persona diversa dal capo dell’ufficio, non in forza di specifica delega, bensì sulla base di ordine di servizio, a firma del direttore dell’epoca.

Avverso la suddetta sentenza l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, sulla base di due motivi. Resiste con controricorso la contribuente.

Il ricorso è stato fissato, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c. e art. 380 bis c.p.c., comma 1, per l’adunanza in camera di consiglio del 02.05.2017 e rinviato a nuovo ruolo alla presente udienza.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Preliminarmente va dichiarato inammissibile il ricorso proposto dal Ministero delle Finanze. In tema di contenzioso tributario, a seguito dell’istituzione dell’Agenzia delle Entrate, divenuta operativa dal 1 gennaio 2001, si è verificata una successione a titolo particolare della stessa nei poteri e nei rapporti giuridici strumentali all’adempimento dell’obbligazione tributaria, per effetto della quale la legittimazione ad causam e ad processum nei procedimenti introdotti successivamente alla predetta data spetta esclusivamente all’Agenzia (Cass. nn. 22889/2006, 22992/2010, 8177/2011).

2.1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42 (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3). Censura la sentenza impugnata per avere dichiarato nullo l’avviso di accertamento in quanto sottoscritto da soggetto non legittimato per la ritenuta assenza di specifica delega da parte del direttore dell’ufficio, pur essendo stato prodotto, sin dal primo grado di giudizio, l’ordine di servizio n. 9/1999 dell’8.3.1999, in forza del quale il Capo del 2^ Reparto era stato delegato a sottoscrivere tutti gli avvisi di accertamento, ad esclusione di quelli (pari o superiori a Lire 150.000.000) attribuiti alla firma del direttore.

2.2. Con il secondo motivo si deduce il difetto di motivazione della sentenza nella parte motiva ove omette di pronunciarsi circa le legittimità del provvedimento impugnato (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5). Sostiene la ricorrente che l’atto impugnato era stato legittimamente sottoscritto dal titolare dell’Area controllo del competente ufficio di Cagliari, cui venne conferita la relativa funzione dirigenziale.

2.3. I motivi possono essere trattati congiuntamente per connessione e vanno disattesi perchè infondati.

2.4. Secondo l’orientamento espresso da questa Corte in base al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 42, l’avviso di accertamento è nullo se non reca la sottoscrizione del capo dell’ufficio finanziario o di altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato, e tale delega può essere conferita o con un atto proprio o con un ordine di servizio purchè venga indicato, unitamente alle ragioni della delega, il termine di validità e il nominativo del soggetto delegato, non essendo sufficiente, sia in caso di delega di firma sia in caso di delega di funzione, l’indicazione della sola qualifica professionale del destinatario della delega, senza alcun riferimento nominativo alle generalità di chi effettivamente rivesta la qualifica richiesta, di talchè sono illegittime le deleghe impersonali, anche ratione officii prive dell’indicazione nominativa del soggetto delegato, con conseguente nullità dell’atto impositivo, rispetto alla quale non rileva invocare la L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 21 octies, siccome inapplicabile al diritto tributario e agli atti impositivi tributari (Cass. nn. 25017/2015, 14877/2016).

E’ stato inoltre sottolineato che la delega di firma o di funzioni di cui all’art. 42 cit., deve necessariamente indicare il nominativo del delegato, perchè non può consistere in un ordine di servizio in bianco, che si limiti ad indicare la sola qualifica professionale del delegato senza consentire al contribuente di verificare agevolmente la ricorrenza dei poteri in capo al sottoscrittore (cfr. Cass. nn. 22803/2015, 17196/2017).

Quanto all’onere della prova, nel caso in cui la sottoscrizione non sia quella del capo dell’ufficio, ma di altro funzionario, incombe all’Amministrazione finanziaria dimostrare, in caso di contestazione, l’esercizio del potere sostitutivo da parte del sottoscrittore o la presenza della delega del titolare dell’ufficio.

2.5. Nella specie, non risulta che il delegato sia stato indicato nominatim, sicchè correttamente la CTR ha dichiarato nullo l’avviso di accertamento impugnato, non avendo l’Agenzia delle Entrate adempiuto ai propri oneri, e le censure vanno disattese.

3. In conclusione, previa declaratoria di inammissibilità del ricorso proposto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, il ricorso dell’Agenzia delle entrate va rigettato. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo.

PQM

– Rigetta il ricorso, previa declaratoria di inammissibilità del ricorso proposto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze;

– Condanna i ricorrenti in solido alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità che liquida nel compenso di Euro 2.800,00, oltre spese generali forfettariamente, determinate nella misura del 15%, ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 15 settembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2017

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