Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25920 del 19/11/2013
Civile Sent. Sez. L Num. 25920 Anno 2013
Presidente: ROSELLI FEDERICO
Relatore: FERNANDES GIULIO
SENTENZA
sul ricorso 18348-2011 proposto da:
DI BENEDETTO DONATA DBNDNT31P58A225V, domiciliata in
ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE
SUPREMA DI
CASSAZIONE,
rappresentata
e
difesa
dall’avvocatcjLOJODlCE OSCAR, giusta delega in atti;
– ricorrente 2013
2807
contro
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE
80078750587, in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA
FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto,
Data pubblicazione: 19/11/2013
rappresentato
e
difeso
dagli
avvocati
PULLI
CLEMENTINA, MAURO RICCI, giusta delega in atti;
– contrari corrente nonchè contro
MINISTERO DELL’ ECONOMIA E DELLE FINANZE 80415740580,
– intimati –
avverso la sentenza n. 3472/2010 della CORTE D’APPELLO
di BARI, depositata il 11/08/2010 R.G.N. 1062/08;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 03/10/2013 dal Consigliere Dott. GIULIO
FERNANDES;
udito l’Avvocato PULLI CLEMENTINA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARCELLO MATERA, che ha concluso per il
rigetto del ricorso.
MINISTERO DEGLI INTERNI;
FATTO
Il Tribunale di Bari rigettava la domanda proposta da Di Benedetto Donata
Maria nei confronti dell’INPS, del Ministero dell’Economia e del Ministero
dell’Interno intesa al riconoscimento della pensione di inabilità civile in
quanto, dalle risultanze della CTU espletata, la ricorrente era divenuta
totalmente invalida solo a far data dal 26.4.1999, quando ormai aveva già da
tempo compiuto i 65 anni di età.
Tale decisione veniva confermata dalla Corte di appello di Bari, con
sentenza del 22 luglio 2010, all’esito di chiarimenti richiesti al CTU nominato
in primo grado e resi in merito ai rilievi formulati dalla difesa dell’appellante.
Per la cassazione di tale pronuncia propone ricorso la Di Benedetto
affidato ad un unico articolato motivo.
L’INPS resiste con controricorso.
I Ministeri sono rimasti intimati.
DIRITTO
Con l’unico motivo di ricorso si deduce:
a)
violazione degli artt. 1, 32 e 38 Cost., violazione e falsa applicazione
dell’art. 12 L. 30 marzo 1971 n. 118 e del D.M. Ministero della Sanità del
5.2.1992 e della L. n. 138/2001 in quanto l’invalidità totale prevista dal citato
art. 12 non va intesa diversamente dall’inabilità prevista dall’art. 2 L. 2 giugno
1984 n. 222 in tema di pensione ordinaria di invalidità e, dunque, come ha
precisato la giurisprudenza di legittimità, non come impossibilità ad espletare
qualsiasi attività lavorativa, ma come impossibilità di svolgere un lavoro in
attività confacenti alle attitudini dell’assicurato e non dequalificanti e che
abbia il requisito della rimuneratività. Ciò posto, nel caso in esame, la Di
Benedetto sin da epoca precedente alla domanda amministrativa ( 3.10.95)
presentava una riduzione del “visus” tale da renderla totalmente inabile al
lavoro, nei termini sopra indicati, come risultava dai certificati medici del
24.9.1994 e del 13.10.1994 ( valutati nella CTU espletata in primo grado e
dei successivi chiarimenti), situazione questa che aveva certamente
registrato un peggioramento sino al compimento del 65° anno di età da parte
della ricorrente ( 18.9.1996);
b) omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione laddove la Corte dì
appello aveva ritenuto che non fosse stata raggiunta la prova di un
peggioramento del visus della Di Benedetto nel periodo compreso tra l’epoca
dei sopra indicati certificati ed il compimento del 65° anno di età, senza
considerare il carattere cronico e progressivo della malattia da cui la predetta
l
era affetta ( afachia chirurgica bilaterale per miopia degenerativa, per
corioretinosi miopica ) che, invece, avrebbe dovuto più ragionevolmente
indurre a ritenere raggiunta la invalidità totale prima del compimento del 65°
anno di età sulla scorta dell'”id quod plerumque accidit”;
c) omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione e violazione dell’art. 12
L. n. 118/71 riproponendo le argomentazioni di cui alla lettera a) sotto il
profilo del vizio di motivazione.
Il motivo, nelle sue tre articolazioni, non può trovare accoglimento.
Va qui precisato che nonostante il formale richiamo alla violazione di norme
di legge contenuto nella parte del motivo riportata sub a) le censure ivi
prospettate si risolvono nella denuncia di vizi di motivazione della decisione
impugnata.
Ciò detto, per costante insegnamento di questa S.C., in materia di invalidità,
il difetto di motivazione, denunciabile in cassazione, della sentenza che
abbia prestato adesione alle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio è
ravvisabile solo in caso di palese deviazione dalle nozioni correnti della
scienza medica, la cui fonte va indicata, o nell’omissione degli accertamenti
strumentali dai quali, secondo le predette nozioni, non si può prescindere per
la formulazione di una corretta diagnosi. Al di fuori di tale ambito la censura
anzidetta costituisce mero dissenso diagnostico non attinente a vizi del
processo logico formale, che si traduce, quindi, in una inammissibile critica
del convincimento del giudice (giurisprudenza consolidata: v. da ultimo Cass.
n. 1472 del 22 gennaio 2013, Cass. n. 1652 del 03/02/2012; id. n. 569 del
12/01/2011; Cass. n. 22707 del 08/11/2010; Cass. n. 9988 del 29/04/2009).
Nel caso in esame la Corte di merito ha esposto, in modo esauriente, le
ragioni per le quali — a decorrere dall’epoca dei due certificati medici del
24.9.94 e del 13.10.94 e fino al compimento del 65° anno di età — non era
stata fornita la prova che la Di Benedetto avesse raggiunto una invalidità
totale e che solo successivamente era stato acclarato che la malattia da cui
ella era affetta l’aveva resa totalmente inabile. Ed infatti, non era stato
dimostrato che detta malattia si fosse evoluta in senso peggiorativo con le
modalità asserite dalla appellante. Peraltro, le critiche mosse alla decisione
impugnata erano sostanzialmente le medesime di quelle rivolte alla sentenza
del primo giudice ed alle quali la Corte di merito ha, con una motivazione
scevra dai lamentati vizi, dato adeguata risposta.
Il ricorso va, pertanto, rigettato.
2
Non si provvede in ordine alle spese del presente giudizio non ricorrendo
una ipotesi di lite temeraria o manifestamente infondata ( dovendo applicarsi
l’art. 152 disp. Att. c.p.c. nella formulazione anteriore alla novella di cui al
D.L. 30 settembre 2003 n. 269 conv. in legge 24 novembre 2003 n. 326
essendo la causa iniziata in data anteriore al 3 ottobre 2003).
P.Q.M.
La Corte, rigetta il ricorso, nulla per le spese.
Il Consigliere est.
Il Presidente
Così deciso in Roma, il 3 ottobre 2013