Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25920 del 15/10/2019

Cassazione civile sez. III, 15/10/2019, (ud. 28/05/2019, dep. 15/10/2019), n.25920

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7640/2018 proposto da:

SOCIETA’ SVIZZERA DI ASSICURAZIONE CONTRO LA GRANDINE, in persona del

legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa

dall’avvocato Andrea Gemma, presso il cui studio in Roma, via di

Villa Patrizi, 13 è domiciliata;

– ricorrente –

contro

F.M., rappresentato e difeso dagli avvocati Lamberto

Ceschelli e Massimo Marchetti, con domicilio eletto presso

quest’ultimo, in Trieste, via Milano, 8.

– intimato –

ASSITEAM SRL IN LIQUIDAZIONE, in persona del liquidatore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’avvocato Giampietro Bozzola, e

domiciliato presso lo studio di quest’ultimo in Milano, Corso Europa

5;

– controricorrente –

Avverso la sentenza n. 796/ 2017 della CORTE D’APPELLO di Trieste,

depositata il 19.10.2017;

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

28.5.2019 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE CRICENTI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

F.M. assume di avere stipulato una polizza contro il rischio da calamità atmosferica, per l’anno 2012. Verificatasi siccità nel giugno di quell’anno, egli ha chiesto il pagamento della indennità alla Compagnia Svizzera di Assicurazione contro la Grandine, che, però, ritenendo mai concluso un contratto di assicurazione, ha rifiutato il pagamento. Il F. ha dunque agito contro la Compagnia adducendo peraltro di avere corrisposto il premio ad ottobre del 2012 (dopo alcuni mesi dunque dall’evento), in ragione, proprio, dell’avvenuta conclusione del contratto, ed a dimostrazione di esso. La Compagnia si è costituita, ha negato che possa essersi concluso un contratto di assicurazione con il F., per difetto di accettazione da parte sua, ed ha chiesto la chiamata in causa della Assiteam, società che faceva da agente della Compagnia Svizzera nella raccolta delle polizze.

Il Tribunale ha respinto la domanda, sostanzialmente per due ragioni: sia per difetto di prova della avvenuta conclusione del contratto; sia perchè ad ammetterla, il pagamento successivo al verificarsi dell’evento, renderebbe nulla la stipulazione per difetto di causa.

Invece, la corte di appello, adita su impugnazione del F., ha ritenuto provato il contratto di assicurazione sul presupposto dell’avvenuta sua conclusione per via telematica, e sul presupposto che il pagamento posticipato del premio era regola inserita nelle condizioni generali di contratto.

Ricorre avverso tale sentenza la Compagnia Svizzera che formula sei motivi di censura.

V’è controricorso sia del F. che della Assiteam.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- La ratio della decisione impugnata è in buona sostanza la seguente.

E’ vero che il contratto di assicurazione si prova per iscritto, ma è altresì regola che esso può provarsi anche adducendo elementi che tengano luogo della proposta ed accettazione scritta, come nel caso di specie, in cui, secondo le stesse istruzioni della Compagnia, l’inserimento dei dati in via telematica è stato sufficiente a configurare una proposta di contratto, cui è seguita, automaticamente, si direbbe, un’accettazione dell’assicurato. Inoltre, il pagamento tardivo del premio non incide sulla causa del contratto in quanto era consentito dalle condizioni di polizza.

2.- La ricorrente formula sei motivi di ricorso.

2.1.- Con il primo motivo lamenta violazione dell’art. 115 c.p.c., per via del fatto che la corte di merito ha ritenuto non contestata l’applicazione delle condizioni generali al caso di specie da parte della Compagnia, la quale invece vede in questa affermazione un errore percettivo, denunciabile con ricorso per cassazione, avendo per contro la stessa compagnia sempre contestato che si applicassero le condizioni generali di polizza.

2.2.- Con il secondo motivo denuncia violazione degli artt. 1326 e 1889 c.c.. Secondo la corte di merito, da uno scambio di mail tra una dipendente della Compagnia ed una dipendente della Assiteam (l’agente), si ricava che la compagnia stessa accettava di ritenere conclusi contratti semplicemente mediante inserimento della proposta nel sistema telematico da parte dell’agente. In realtà questa lettura del procedimento di conclusione del contratto sarebbe, per la ricorrente, del tutto estranea alle regole legali.

2.3. Con il terzo motivo si denuncia omesso esame di un fatto rilevante, proprio in ragione della circostanza che la corte di merito, ponendo a base della sua convinzione quella mail, in cui si direbbe che un contratto si conclude semplicemente inserendo la proposta nel sistema informatico, non avrebbe tuttavia considerato quel documento (la mail) nel suo intero contenuto, e se lo avesse fatto avrebbe inteso che nelle successive righe si specifica che comunque occorre necessariamente la sottoscrizione.

2.4.- Con il quarto motivo si denuncia violazione degli artt. 1325 e 1865 c.c.. La corte di merito avrebbe errato nel ritenere comunque valido un contratto di assicurazione in cui è previsto che il premio si paga dopo che l’evento si è verificato. Ed avrebbe errato in questa affermazione in quanto il pagamento successivo del premio priva di causa il contratto di assicurazione, la cui funzione è di garantirsi contro il rischio, funzione che viene meno se è possibile pagare il premio solo dopo che l’evento si sia verificato, ed a seconda, per l’appunto, che ciò sia o meno accaduto.

2.5.- Con il quinto motivo la ricorrente denuncia omesso esame, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, dell’appello incidentale, con il quale aveva chiesto, in caso di soccombenza, di essere garantita dalla Assiteam, domanda su cui non v’è stata pronuncia alcuna.

2.6.- Con l’ultimo motivo si denuncia violazione dell’art. 2697 c.c.: la corte di merito ha ritenuto che l’onere di provare la falsità della sottoscrizione dell’assicurato gravasse sulla compagnia, la quale però adduce di averlo fatto, ossia di non avere formulato una eccezione, bensì di aver dimostrato la falsità producendo una perizia, a fronte della quale era onere dell’assicurato fornire prova contraria.

3.- Secondo e terzo motivo sono fondati, ed il loro accoglimento rende assorbito l’esame degli altri.

Possono esaminarsi congiuntamente.

Con il secondo motivo la Compagnia fa valere violazione delle norme sulla conclusione del contratto (1326 c.c.).

Con il terzo motivo, invece, la società fa valere omesso esame del documento, nella sua interezza, e dunque del fatto, in quel documento riportato, su cui la conclusione è basata.

Le censure sono fondate.

E’ pacifico che non v’è agli atti la polizza, e più volte la corte di merito avvisa che il ricorrente non l’ha potuta produrre non essendone, non per sua colpa, in possesso.

Tuttavia, ritenendo vigente una regola per la quale la prova può essere fornita con mezzi diversi dalla polizza, ossia documenti utili a dimostrarne l’avvenuta conclusione, la corte di merito attribuisce tale valore ad una mail nella quale una dipendente della Compagnia scrive alla Assiteam (l’agente) che “il sistema è stato modificato per l’inserimento della integrativa già al momento della notifica.

In questo modo si creerà in automatico un vero e proprio contratto che si aggiungerà all’articolato ed integrativo di consorzio”.

Questa parte della mail ha autorizzato il giudice di merito a supporre che il contratto, per volontà di almeno una delle parti, la Compagnia, si potesse concludere semplicemente con l’inserimento della proposta nei servizi informatici, non essendo necessaria alcuna altra accettazione.

In realtà, la mail proseguiva in questo modo: “Dovrà quindi essere regolarmente firmato dall’assicurato insieme agli altri due”.

Il fatto dunque controverso e decisivo è il contenuto di questo documento, o meglio il fatto che emerge dal documento, e che è stato solo parzialmente esaminato dalla corte di merito, la quale, sulla base della sola prima parte, ha ritenuto che secondo la compagnia, una volta inserite le proposte nei sistemi informatici non fosse necessaria la sottoscrizione dell’assicurato, ossia l’accettazione della proposta, che invece, a leggere tutto, era ritenuta necessaria.

Ed inoltre, la corte di merito ha trascurato il fatto, pure discusso in quel grado di giudizio, che la mail non proveniva dal rappresentante legale della compagnia stessa, ma da una dipendente, interpellata da Assiteam, e dunque non poteva impegnare la volontà della compagnia stessa nel ritenere di fare a meno di una espressa accettazione.

Si tratta di fatti decisivi, sia la mancanza di rappresentanza da parte della dipendente che ha fatto quell’affermazione, sia la circostanza che quest’ultima ha specificato che occorreva comunque sottoscrivere la proposta, se esaminati i quali la corte di merito non avrebbe raggiunto quelle conclusioni.

Supponiamo tuttavia che questa omissione non sia rilevante, e qui sta la fondatezza del secondo motivo, e supponiamo dunque che veramente la compagnia abbia potuto affermare che bastasse l’inserimento della proposta per la conclusione del contratto.

Va da sè che tale manifestazione di volontà non poteva mai autorizzare la corte di merito a ritenere ammissibile una simile procedura di conclusione dell’accordo. I modi di conclusione del contratto non sono derogabili dall’autonomia privata. Il contratto si perfeziona quando l’accettazione giunge a conoscenza del proponente (art. 1326 c.c.) o con il mancato rifiuto della proposta (art. 1333 c.c.), o con le procedure indicate altrove dalla legge, ma non possono concepirsi schemi alternativi. Altro discorso è che proposta ed accettazione possano farsi per fatti concludenti o per attuazione (nel caso dell’accettazione). La forma dei due atti non incide sul momento in cui essi conducono a concludere il contratto.

A difesa di questa tradizionale posizione vanno ribaditi gli argomenti che la giustificano.

In primo luogo, il fatto che le parti possono disporre di interessi sostanziali (che giustificano autonomia quanto al contenuto) e non interessi procedimentali; le regola sul procedimento di conclusione del contratto sono regole strumentali, rispetto alle quali non è ravvisabile, se non indirettamente, un interesse delle parti; il procedimento di conclusione è irrilevante rispetto al bene della vita avuto di mira dai contraenti, cambiando quello non cambia questo.

In secondo luogo, il carattere giuridico dell’impegno implica che sia la stessa legge a fissare le modalità attraverso le quali l’atto che lo pone debba venire ad esistenza. Contrariamente, si finirebbe con l’attribuire alla disponibilità dei privati la giuridicità del vincolo che essi intendono costituire, mentre, invece, decidere le modalità attraverso le quali si producono gli effetti del contratto, ossia la procedura di conclusione dell’accordo, è compito riservato alla legge. Di qui la conclusione secondo la quale, a parere di taluno, v’è monopolio della legge quanto alla conformazione del procedimento di conclusione del vincolo giuridico.

Nè si può obiettare che, a dimostrazione del potere dei privati di decidere il procedimento di conclusione del vincolo, sta il negozio di configurazione, ossia l’accordo con cui le parti stabiliscono quale debba essere in futuro il procedimento di formazione dei loro successivi accordi negoziali. Intanto, questa tesi si risolve in una petizione di principio, posto che si può ritenere ammissibile il negozio di configurazione solo dopo che si sia dato per ammesso che le parti hanno il potere, per l’appunto, di configurare il procedimento di conclusione del contratto. Inoltre, ove lo si ammettesse, il negozio di configurazione presuppone l’accordo sul procedimento da seguire per concludere contratti futuri, e non per interpretare il modo in cui si è concluso quello in essere.

Nella fattispecie dunque, anche a limitarsi alle espressioni usate dalla dipendente, e ad ammettere che fossero rappresentative della volontà della compagnia, si tratterebbe di una dichiarazione unilaterale con la quale una parte, il proponente, dichiara che farà a meno dell’accettazione, e che considererà concluso il contratto solo che la proposta venga inserita nei suoi sistemi informatici. Ognuno vede come una tale figura non risponda agli scopi per i quali è prevista la procedimentalizzazione della conclusione del contratto, scopi che stanno nel garantire che l’accordo si sia raggiunto e che dunque possa derivarne la giuridicità del vincolo.

La corte di merito ha dunque errato; sia nel non esaminare completamente il fatto controverso, vale a dire la manifestazione di volontà circa i modi di conclusione delle polizze, sia nell’aver ritenuto che potesse dirsi raggiunto l’accordo (e per implicito provato) con il solo inserimento della proposta in una sede telematica.

Il ricorso va dunque accolto, per le ragioni prospettate, la sentenza cassata, con rinvio al giudice di merito che dovrà considerare il fatto non esaminato, e denunciato con il secondo e terzo motivo di ricorso, alla luce di quanto detto sopra.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo ed il terzo motivo di ricorso, assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Trieste, in diversa composizione anche per le spese.

Così deciso in Roma, il 28 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 15 ottobre 2019

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