Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25917 del 15/12/2016


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Cassazione civile, sez. lav., 15/12/2016, (ud. 27/09/2016, dep.15/12/2016),  n. 25917

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 11593-2014 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE C.F. (OMISSIS), in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura

Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli Avvocati

CLEMENTINA PULLI, MAURO RICCI, EMANUELA CAPANNOLO, giusta delega in

atti;

– ricorrente –

contro

S.A.M., MINISTERO ECONOMIA FINANZE C.F. (OMISSIS),

REGIONE PUGLIA, COMUNE SAN VITO DEI NORMANNI;

– intimati –

Nonchè da:

S.A.M. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA GIOVANNI ANTONELLI 50, presso lo studio dell’avvocato

RAFFAELE TRIVELLINI, che la rappresenta e difende, giusta delega in

atti;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE C.F. (OMISSIS), in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura

Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli Avvocati

CLEMENTINA PULLI, MAURO RICCI, EMANUELA CAPANNOLO, giusta delega in

atti;

– controricorrente al ricorso incidentale –

nonchè contro

REGIONE PUGLIA MINISTERO ECONOMIA FINANZE (OMISSIS), ISTITUTO

NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, COMUNE SAN VITO DEI NORMANNI;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1298/2013 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 03/05/2013 R.G.N. 2072/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

27/09/2016 dal Consigliere Dott. RIVERSO ROBERTO;

udito l’Avvocato PULLI CLEMENTINA;

udito l’Avvocato TRIVELLINI RAFFAELE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI RENATO che ha concluso per il rigetto del ricorso

principale e assorbimento del ricorso incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con la sentenza n. 1298/2013, depositata il 3.5.2013, la Corte d’Appello di Lecce accoglieva l’appello proposto da S.A.M. contro la sentenza del Tribunale di Brindisi che aveva rigettato la sua domanda volta ad ottenere l’assegno di invalidità, per mancata dimostrazione del requisito reddituale. A sostegno della decisione il giudice d’appello affermava che detti requisiti erano stati invece regolarmente dimostrati per cui essendo stato accertato tramite ctu il requisito sanitario condannava l’INPS al pagamento della prestazione con decorrenza dalla data indicata dal ctu, oltre accessori di legge e spese.

Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’INPS affidando le proprie censure ad un unico motivo. Resiste S.A.M. con controricorso contenente ricorso incidentale condizionato articolato su un unico motivo cui ha resistito l’INPS depositando controricorso. Il Ministero dell’Economia e Finanze, la Regione Puglia ed il Comune di San Vito dei Normanni sono rimasti intimati.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Con il motivo di ricorso l’INPS lamenta la violazione della L. n. 118 del 1971, artt. 11 e 13, nonchè dell’art. 2697 c.c. e degli artt. 345, 414, 416, 421 e 437 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3) in quanto come già affermato dal primo giudice, la S. non aveva provato il requisito socio economico al momento del deposito del ricorso introduttivo, con la certificazione dei propri redditi per il 2008 rilasciata dall’Agenzia dell’Entrate, avendo allegato al ricorso solo la copia del modello 730 di denuncia dei redditi relativi all’anno 2007 da ritenersi insufficiente allo scopo. La Corte d’Appello, senza adeguatamente motivare e senza considerare l’avvenuta decadenza della parte ricorrente, ha invece ritenuto dimostrati i requisiti socio economici che invece non erano stati provati al momento del deposito del ricorso introduttivo, ma soltanto successivamente nel corso del giudizio.

2. Il motivo è inammissibile e comunque infondato. In primo luogo il ricorso non specifica la natura della documentazione che sarebbe stata tardivamente prodotta (che non riproduce nel contenuto del ricorso e non produce in allegato); nemmeno indica quando (in quale sede processuale) essa sarebbe stata prodotta, limitandosi ad affermare che fosse stata depositata successivamente alla costituzione in giudizio in primo grado (che nemmeno riproduce in ricorso); laddove il giudice d’appello, contrariamente al giudice di primo grado, aveva affermato che detti requisiti socio economici erano stati regolarmente dimostrati, senza fare alcun riferimento alla produzione di documenti ed in quale fase.

3. Allo scopo di censurare la sentenza di appello in maniera rituale ex artt. 366 e 369 c.p.c., il ricorso per cassazione (oltre che produrre) avrebbe dovuto dunque prioritariamente richiamare il contenuto del ricorso di primo grado ed il contenuto della documentazione la cui produzione sarebbe stata ammessa tardivamente specificando il momento della relativa produzione (Cass. 1142/2014, Cass. 20535/2009, 4898/2010).

3. In mancanza il motivo azionato non è idoneo a travolgere la statuizione impugnata, sotto il profilo del vizio di legge denunciato, atteso che la sentenza non fa riferimento alla produzione nè tempestiva nè tardiva di documenti, successivamente alla costituzione in giudizio, nè in primo nè in secondo grado, per la prova dei requisiti socio economici, limitandosi ad affermare che essi fossero stati regolarmente provati.

4. Il ricorso è comunque infondato in quanto la documentazione di cui si discute (siccome risultante dal controricorso), pur in presenza di decadenze e preclusioni già verificatesi, poteva essere acquisita anche d’ufficio (sia in primo che in secondo grado) in forza del potere – dovere del giudice ai sensi dell’art. 421 c.p.c., da esercitarsi motivatamente allo scopo di coniugare il sistema delle preclusioni, ispirato al principio dispositivo, con la ricerca della verità materiale, fermo restando i fatti allegati. Si trattava infatti di documentazione (certificazioni fiscali e dello stato occupazionale degli anni 2009, 2010, 2011) da ritenersi integrativa di altra ritualmente prodotta in primo grado (copia della dichiarazione dei redditi del marito per l’anno 2007, da cui risultava che la S. fosse fiscalmente a carico dello stesso e dichiarazione sostituiva della S. sulla mancata percezione di redditi), essendo stati offerti documenti che rappresentavano significativi elementi di indagini ai fini in esame.

5. Oltretutto il suddetto requisito reddituale risultava dalla ulteriore documentazione prodotta in appello ai fini della necessaria integrazione della prova essendo pacifico che il requisito sanitario è stato riconosciuto solo a decorrere dall’1.1.2010 rispetto ad una domanda amministrativa presentata l’11.2.2008, venendo quindi a sussistere solo nel corso del giudizio e nell’ambito dell’accertamento (anche sull’eventuale aggravamento delle condizioni di salute) consentito dall’art. 149 disp. att. c.p.c.; ed anche la verifica dei requisiti socio economici andava fatta con riferimento al momento di insorgenza del diritto (Cass. 6796/2001, 27931/2005).

3. Le considerazioni sin qui svolte impongono dunque di rigettare il ricorso principale, dichiarare assorbito il ricorso incidentale condizionato, condannare l’Inps alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità.

4. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, deve darsi atto della ricorrenza delle condizioni previste dalla legge per il raddoppio del contributo unificato dovuto dal ricorrente principale.

PQM

La Corte rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito l’incidentale. Condanna l’INPS alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità liquidate in Euro 2100, di cui Euro 2000 per compensi professionali, oltre al 15% di spese generali ed accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del cit. art. 13, comma 1 – bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 27 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 15 dicembre 2016

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