Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25913 del 23/09/2021

Cassazione civile sez. VI, 23/09/2021, (ud. 16/09/2021, dep. 23/09/2021), n.25913

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Presidente –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – rel. Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9049-2020 proposto da:

(OMISSIS) S.R.L., con sede in (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore geom. S.F., rappresentata

e difesa, giusta procura speciale in calce al ricorso, dall’Avvocato

Massimo Giangregorio, presso il cui studio elettivamente domicilia

in Bari, alla via Piccinni n. 191.

– ricorrente –

contro

V.M., quale procuratore speciale di M.C.,

B.C.A. e B.J., nonché quale amministratore

unico della V.A S.R.L., con sede in Abano Terme (PD), alla via

Configliachi n. 5/b, rappresentato e difeso, giusta procura speciale

allegata in calce al controricorso, dall’Avvocato Vittorio Gobbi,

con cui elettivamente domicilia in Roma, alla via di S. Nicola de’

Cesarini n. 3, presso lo studio dell’Avvocato Francesco Rombolà.

– controricorrente –

e

FALLIMENTO (OMISSIS) S.R.L., in persona del curatore pro tempore.

– intimata –

avverso la sentenza n. 1728/2019 della CORTE DI APPELLO di BARI,

depositata il 26/08/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 16/09/2021 dal Consigliere Relatore Dott. EDUARDO

CAMPESE.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La (OMISSIS) s.r.l. ricorre per cassazione, affidandosi a tre motivi, avverso la sentenza della Corte di appello di Bari, reiettiva del reclamo dalla stessa promosso, ex art. 18 L. Fall., contro la dichiarazione del proprio fallimento, pronunciata dal Tribunale di Bari il 7 maggio 2019 su istanza di V.M., quale procuratore speciale di M.C., B.A.C. e B.J., nonché quale amministratore unico e legale rappresentante della V.A. s.r.l.. Resiste, con controricorso, il V., nelle indicate qualità, mentre la curatela fallimentare è rimasta solo intimata.

2. Per quanto qui di interesse, quella corte: i) ha considerato correttamente effettuate tutte le notificazioni eseguite alla (OMISSIS) s.r.l., compresa quella del ricorso di fallimento, nonché sanata dall’avvenuta tempestiva proposizione del reclamo qualsivoglia eventuale vizio di quella della sentenza dichiarativa di fallimento; i:) ha ritenuto sussistente la legittimazione attiva del V., nelle indicate qualità, a richiedere il fallimento della società suddetta sulla base del decreto ingiuntivo n. 6762/2018 reso dal Tribunale di Torino e munito di clausola di definitiva esecutività perché non opposto; ha preso atto che la reclamante nessuna prova aveva fornito in merito alla invocata sua non fallibilità.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Rileva, pregiudizialmente, il Collegio che, in calce al ricorso introduttivo dell’odierno giudizio di legittimità, non si rinviene (malgrado quanto affermato, sul punto, nell’epigrafe del ricorso stesso) la procura alle liti rilasciata, per questo procedimento, dalla (OMISSIS) s.r.l., in favore dell’Avvocato Massimo Giangregorio.

1.1. Ne’ tale procura, eventualmente conferita con atto separato, viene reperita nel fascicolo di ufficio, configurandosi, dunque, una violazione dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 3, ed una causa di improcedibilità di detto ricorso.

2. Fermo quanto precede, rileva il Collegio che i motivi di ricorso si rivelano, in ogni caso, inammissibili.

3. Invero, i primi due motivi sono rubricati, rispettivamente, “Inesistenza del credito originario – Violazione/ falsa applicazione degli artt. 633 e 642 c.p.c. e dell’art. 15L. Fall.” e “Carenza di legittimazione attiva in capo al soggetto che ha presentato istanza di fallimento in danno della ricorrente – Violazione/falsa applicazione degli artt. 633 e 642 c.p.c. ed art. 15. Essi ascrivono alla corte distrettuale di non aver tenuto della “inesistenza del credito (presunto, asserito e contestato) sul quale parte avversa ha basato l’intero fascio di azioni (monitoria prima, esecutiva e fallimentare poi) esperite in danno di parte ricorrente”, sicché “i giudici della fase monitoria, prefallimentare e di appello” avevano “falsamente/ erroneamente applicato l’art. 633 c.p.c., atteso che detto credito era tutt’altro che certo, liquido ed esigibile”. Pertanto, neppure erano configurabili il requisito di cui all’art. 15 L. Fall., u.c. e la legittimazione del V. a depositare il ricorso ex artt. 633 e 642 c.p.c., ancor prima di quello di fallimento.

2.1. Tali doglianze sono manifestamente inammissibili perché obliterano completamente che la corte barese ha ritenuto sussistente la legittimazione attiva del V., nelle indicate qualità, a richiedere il fallimento della (OMISSIS) s.r.l. sulla base del decreto ingiuntivo n. 6762/2018 reso dal Tribunale di Torino e munito di clausola di definitiva esecutività perché non opposto. Ne’ si può pretendere di rimettere in discussione, in sede prefallimentare, il giudicato formatosi in ordine all’esistenza del credito azionato, in via monitoria, dal V., perciò solo legittimato a proporre, nel febbraio 2019, il successivo ricorso di fallimento in danno della odierna ricorrente. Sul punto è sufficiente ribadire che “il principio secondo cui l’autorità del giudicato spiega i suoi effetti non solo sulla pronuncia esplicita della decisione, ma anche sulle ragioni che ne costituiscono, sia pure implicitamente, il presupposto logico-giuridico, trova applicazione anche in riferimento al decreto ingiuntivo di condanna al pagamento di una somma di denaro, il quale, in mancanza di opposizione o quando quest’ultimo giudizio sia stato dichiarato estinto, acquista efficacia di giudicato non solo in ordine al credito azionato, ma anche in relazione al titolo posto a fondamento dello stesso, precludendo ogni ulteriore esame delle ragioni addotte a giustificazione della relativa domanda in altro giudizio” Cass. n. 22465 del 2018; Cass. n. 28318 del 2017).

4. Il terzo motivo di ricorso è rubricato “Inattività della società ricorrente – Violazione e falsa applicazione degli artt. 11 e 15 L. Fall. nonché dell’art. 116 c.p.c.”. Si assume che la corte territoriale non avrebbe correttamente interpretato, né valutato, la dedotta inattività, ormai da tempo, della ricorrente.

4.1. Una siffatta doglianza è complessivamente inammissibile perché mostra di non tenere in alcun conto l’accertamento fattuale (qui non ulteriormente sindacabile, se non nei ristretti limiti di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come novellato dal D.L. n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 134 del 2012, qui applicabile ratione temporis, risultando impugnata una sentenza pubblicata il 26 agosto 2019. Nessuna censura in tal senso è stata formulata, però, dalla (OMISSIS) s.r.l., né risultano osservati, nel motivo in esame, i puntuali oneri di allegazioni sanciti da Cass., SU, n. 8053 del 2014 per la prospettazione del vizio motivazionale di cui alla norma da ultimo indicata) operato dalla corte territoriale circa: i) la mancata produzione dei bilanci della società reclamante relativi agli anni 2017-2018, nonché delle sue scritture contabili; i) l’omesso deposito di un prospetto contabile della medesima riguardante il 2019;

la inconfigurabilità dello stato di inattività della (OMISSIS) s.r.l., desumibile dalle risultanze della visura camerale storica della stessa, da cui emergeva l’essere stato revocato lo stato di liquidazione in cui la società era stata posta (al fine, evidentemente, di consentirle di operare attivamente senza i limiti appunto di quello stato); iv) l’avvenuta sottoscrizione, nel novembre 2017, con la V.A s.r.l. di un preliminare di acquisto di quote societarie.

4.2. Nessuna prova, dunque, la reclamante, gravata del relativo onere ex art. 1 L. Fall., comma 2, aveva fornito in merito alla invocata sua non fallibilità, laddove l’entità (Euro 74.421,54) del credito descritto dal V. nel suo ricorso di fallimento superava, già da solo, il limite di cui all’art. 15 L. Fall, u.c..

4.3. La odierna ricorrente, dunque, incorre nell’equivoco di ritenere che la violazione o la falsa applicazione di norme di legge processuale dipendano o siano ad ogni modo dimostrate dall’erronea valutazione del materiale istruttorio, laddove, al contrario, un’autonoma questione di malgoverno dell’art. 116 c.p.c. può porsi, rispettivamente, solo allorché la parte ricorrente alleghi che il giudice di merito abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova che, invece, siano soggetti a valutazione (cfr. Cass., SU, n. 20867 del 2020, che ha pure puntualizzato che, “ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione”; Cass. n. 27000 del 2016).

4. Il ricorso, dunque, va dichiarato inammissibile, restando le spese di questo giudizio di legittimità regolate dal principio di soccombenza e liquidate come in dispositivo.

4.1. Va respinta, peraltro, la richiesta di condanna del legale rappresentante della (OMISSIS) s.r.l., eventualmente in solido con quest’ultima, al pagamento di dette spese, ex art. 94 c.p.c., non ravvisandosene, in concreto, i necessari presupposti.

4.2. Deve darsi atto, infine, – in assenza di ogni discrezionalità al riguardo (cfr. Cass. n. 5955 del 2014; Cass., S.U., n. 24245 del 2015; Cass., S.U., n. 15279 del 2017) e giusta quanto recentemente precisato da Cass., SU, n. 4315 del 2020 – che, stante il tenore della pronuncia adottata, sussistono, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, i presupposti processuali per il versamento, da parte della (OMISSIS) s.r.l., di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto, mentre “spetterà all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento”.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la (OMISSIS) s.r.l. al pagamento delle spese di questo giudizio di legittimità sostenute dalla parte controricorrente, liquidate in Euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 100,00, ed agli accessori di legge.

Rigetta la richiesta di condanna del legale rappresentante della (OMISSIS) s.r.l., eventualmente in solido con quest’ultima, al pagamento di dette spese, ex art. 94 c.p.c..

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della società ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, giusta lo stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta sezione civile della Corte Suprema di cassazione, il 16 settembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 23 settembre 2021

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