Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25910 del 23/09/2021

Cassazione civile sez. I, 23/09/2021, (ud. 23/06/2021, dep. 23/09/2021), n.25910

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10850/2020 proposto da:

U.K., domiciliato in Roma, P.zza Cavour, presso la

Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso

dall’Avvocato Enrica Gianola Bazzini, giusta procura in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in Roma Via dei Portoghesi 12 presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende;

– resistente –

avverso la sentenza n. 2259 della CORTE di APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 01/08/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

23/06/2021 da Dott. TRICOMI LAURA.

 

Fatto

RITENUTO

che:

La Corte di appello di Bologna, con la sentenza in epigrafe indicata, ha rigettato la domanda di riconoscimento della protezione internazionale in tutte le forme presentata da U.K., nato in (OMISSIS), il quale ha proposto ricorso per cassazione con tre mezzi; il Ministero dell’Interno ha depositato mero atto di costituzione.

Il ricorrente – che aveva narrato di essere fuggito per timore di essere perseguitato ed ucciso da appartenenti a (OMISSIS), contro cui aveva combattuto, oltre che dalle forze governative, di cui aveva fatto parte in qualità di poliziotto e che aveva abbandonato durante l’espletamento delle sue missioni contro (OMISSIS) – non è stato ritenuto credibile per la genericità e la contraddittorietà delle dichiarazioni, all’esito di un’ampia disamina delle stesse, con l’ulteriore considerazione che, anche a voler ritenere credibile il racconto, doveva escludersi che l’appellante potesse fruire della tutela invocata per l’assenza dei presupposti richiesti per le varie forme di protezione. La documentazione prodotta per comprovare l’appartenenza alle forze armate non è stata considerata utilizzabile, perché priva di valore processuale in quanto non legalizzata.

La Corte distrettuale, ad ogni modo, ha esaminato le COI relative alla Nigeria ed ha escluso la ricorrenza dei presupposti per la protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c). Non ha ravvisato nemmeno i presupposti per la protezione umanitaria, esclusa la vulnerabilità, attesa la non credibilità del racconto e la mancanza di elementi specifici in merito, e l’integrazione, non ritenendo sufficiente lo svolgimento di attività lavorative a tempo determinato, anche se prorogate.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Il ricorso è sviluppato nei seguenti motivi:

I) Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b) e c), in relazione alla ritenuta non credibilità del ricorrente ed al mancato assolvimento dell’obbligo di cooperazione istruttoria da parte del giudice (art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5);

II) Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 7 e 14, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 2 (art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5), in merito al diniego dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria;

III) Violazione e falsa applicazione del combinato disposto di cui all’art. 33 della Convenzione di Ginevra 1951 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 19, comma 1 e art. 5, comma 6 (art. 360 c.p.c., comma 1).

2.1. Il ricorso è inammissibile.

2.2. In primo luogo, i motivi veicolano indistintamente vizi eterogenei, in contrasto col principio di tassatività dei mezzi di ricorso per cassazione e con l’orientamento di questa Corte per cui una simile tecnica espositiva riversa impropriamente sul giudice di legittimità il compito di isolare le singole censure (ex plurimis, Cass. nn. 11222/2018, 2954/2018, 27458/2017, 16657/2017, 19133/2016).

2.3. In secondo luogo, il ricorrente – il cui racconto non è stato ritenuto credibile – con dette censure si limita a contrapporre la propria affermazione circa la sussistenza dei presupposti di fatto per la concessione della protezione invocata (status di rifugiato, sussidiaria o umanitaria) alla diversa valutazione del Corte di appello, che ha, viceversa, evidenziato le aporie e le contraddittorietà del racconto, il fatto che la zona di sua provenienza non era caratterizzata da situazioni di diffuso ed indiscriminato conflitto e da rischio per la vita dei cittadini, sulla scorta della consultazione di fonti internazionali accreditate ed aggiornate, nonché la mancata allegazione – sotto il profilo dell’integrazione sociale – di elementi sufficienti ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria.

2.4. Ne consegue che il ricorso mira, inammissibilmente, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (Cass. Sez. U. n. 34476/2019).

2.5. Peraltro, questa Corte ha più volte affermato che, anche ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, il ricorrente ha l’onere di (quantomeno) allegare gli specifici fatti costitutivi del suo diritto, in difetto non potendo attivarsi i poteri istruttori officiosi (Cass. nn. 8908/2019, 3016/2019, 17069/2018), né possono assumere rilievo probatorio pronunce giurisdizionali favorevoli ad altri richiedenti, senza alcuna attinenza alla persona del ricorrente.

2.6. La motivazione del Corte di appello non è stata nemmeno adeguatamente censurata secondo i canoni del novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, che rende l’apparato argomentativo sindacabile in sede di legittimità solo entro precisi limiti (ex plurimis, Cass. nn. 17247/2006, 18587/2014), non avendo il ricorrente assolto l’onere di indicare – ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6) e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4) – il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività” (Cass. Sez. U. nn. 8053/2014, 8054/2014, 1241/2015; Cass. nn. 19987/2017, 7472/2017, 27415/2018, 6383/2020, 6485/2020, 6735/2020), stante l’inammissibilità della mera denunzia di insufficienza o contraddittorietà della motivazione (Cass. Sez. U. n. 33017/2018).

2.7. Analoghe considerazioni valgono per la domanda di protezione umanitaria – astrattamente riconoscibile ratione temporis (Cass. Sez. U. n. 29459/2019). La Corte di appello ha accertato l’assenza di condizioni di vulnerabilità personale “individualizzate”, in linea con l’orientamento di questa Corte che richiede “il riscontro di “seri motivi” (non tipizzati) diretti a tutelare situazioni di vulnerabilità individuale” (Cass. nn. 23778/2019, 1040/2020), e la mancanza di prova circa l’integrazione in Italia.

3. In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile.

Non si provvede sulle spese, in assenza di attività difensiva dell’Amministrazione.

Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis (Cass. Sez. U. n. 23535 del 20/9/2019).

P.Q.M.

– Dichiara inammissibile il ricorso;

– Dà atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 23 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 23 settembre 2021

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