Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25909 del 23/09/2021

Cassazione civile sez. VI, 23/09/2021, (ud. 16/09/2021, dep. 23/09/2021), n.25909

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Presidente –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso per regolamento di competenza, iscritto al n. rg.

13779/2020, proposto da:

MOSAIC FINANCE S.A.S., con sede legale in Avenue Marceau 58, Parigi

(Francia), in persona del legale rappresentante pro tempore Hugues

Morin, rappresentata e difesa, giusta procura speciale apposta in

calce all’atto di citazione introduttivo del giudizio n. r.g.

69640/2015 innanzi al Tribunale di Milano, dagli Avvocati Raffaele

Cavani e Massimo Di Muro, presso il cui studio elettivamente

domicilia in Milano, al Corso Monforte n. 16.

– ricorrente –

contro

BORSA ITALIANA S.P.A., con sede legale in Milano, Piazza degli Affari

n. 6, in persona dell’amministratore delegato e legale

rappresentante Dott. Raffaele Jerusalmi, rappresentata e difesa,

giusta procura speciale apposta in calce alla comparsa di

costituzione depositata nel giudizio n. r.g. 69640/2015 innanzi al

Tribunale di Milano, dall’Avvocato Prof. Luigi Arturo Bianchi e

dagli Avvocati Carlo Pavesi e Stefano Verzoni, presso il cui studio

elettivamente domicilia in Milano, alla Piazza Borromeo n. 8.

– controricorrente –

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 16/09/2021 dal Consigliere Relatore Dott. EDUARDO

CAMPESE;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del

Sostituto Procuratore Generale, Dott. Stanislao De Matteis, che ha

chiesto rigettarsi il ricorso.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con citazione notificata l’1 dicembre 2015, Mosaic Finance s.a.s. convenne Borsa Italiana s.p.a. innanzi al Tribunale di Milano onde ottenerne, previa declaratoria di responsabilità, aquiliana e/o contrattuale, derivante dall’asserita violazione degli obblighi di garantire il corretto ed ordinato svolgimento delle negoziazioni presso la Borsa Valori di Milano, la condanna al risarcimento di pretesi danni quantificati in Euro 2.530.000,00, oltre rivalutazione e interessi, o nella diversa somma, maggiore o minore, da accertarsi all’esito dell’espletanda istruttoria.

1.1. Borsa Italiana s.p.a., costituendosi tempestivamente, eccepì, pregiudizialmente, l’incompetenza dell’adito tribunale per essere devoluta la controversia alla cognizione arbitrale. Nel merito, contestò le avverse pretese concludendo per il loro rigetto.

2. Il menzionato tribunale, con sentenza del 24 febbraio 2020, n. 1684, ha dichiarato la propria incompetenza a conoscere la lite per effetto della clausola arbitrale contenuta nell’art. 14.7 delle Condizioni generali di contratto e nell’art. 7.3 del Regolamento dei Mercati organizzati e gestiti da Borsa Italiana s.p.a..

2.1 Per quanto qui ancora di interesse, quel giudice: i) ha rimarcato, innanzitutto, che “solo negli scritti conclusivi la convenuta (rectius: l’attrice) ha eccepito la nullità della clausola compromissoria richiamata, deducendo, per la prima volta, che le condizioni generali del contratto ed il regolamento da lei stessa prodotti quali documenti (OMISSIS) e (OMISSIS) fossero diversi e difformi rispetto a quelli convenuti al momento di stipulazione del contratto di fornitura di servizi approvato con il documento (OMISSIS) di parte convenuta, ed eccependo per l’etto: a) la mancata prova della pattuizione per iscritto della clausola arbitrale; b) la nullità della clausola compromissoria documentata nei documenti (OMISSIS) e (OMISSIS) di parte convenuta, siccome unilateralmente predisposta in corso di esecuzione del contratto dalla convenuta, in violazione dell’ordine pubblico processuale a norma degli artt. 24 e 25 Cost.”; i:) ha ritenuto che una siffatta “eccezione di invalidità della clausola compromissoria oggetto dell’eccezione di improponibilità svolta da parte convenuta deve essere ritenuta inammissibile siccome tardivamente dedotta sulla base di fatto non oggetto di contestazione tra le parti”. In particolare, ha puntualizzato che “le eccezioni di invalidità della clausola compromissoria, fondate sul fatto nuovo della difformità tra la documentazione contrattuale prodotta e quella sulla quale si è formato il consenso delle parti, devono essere rigettate in quanto fondate su circostanza di fatto nuova e contraddittoria rispetto a quanto già provato nel presente giudizio”; ha disatteso la contestazione dell’attrice quanto alla “validità della clausola compromissoria alla luce della genericità dell’approvazione delle condizioni generali di contratto compiuta nel documento 3 di parte convenuta, siccome riferita a blocco di clausole, delle quali non è stato analiticamente indicato il contenuto”. Ha osservato, in proposito, che “dal documento (OMISSIS) di parte convenuta, la clausola compromissoria appare validamente specificamente approvata, essendo stati specificamente approvati, benché unitamente ad altre condizioni particolari ma con indicazione specifica e sommaria del relativo contenuto, tanto le condizioni generali di contratto, art. 14, quanto il regolamento, art. 3, come richiesto dalla più recente giurisprudenza di legittimità per la validità delle clausole vessatorie ai sensi e per gli effetti dei quali all’art. 1341 c.c. (cfr. ord. Cass. 17939/2018)”; iv) ha opinato che “il tenore generale della clausola compromissoria, che deferisce al collegio arbitrale, letteralmente, tutte le controversie sorte nell’ambito ovvero in occasione dell’esecuzione del contratto di fornitura di servizi (diverse da quelle indicate all’art. 7.2), consente di ritenere pacificamente ricomprese tutte le domande svolte nel presente giudizio nell’ambito della convenzione di arbitrato”. Ne’ a diversa conclusione poteva condurre condizioni generali di contratto, art. 15, atteso che la clausola di riserva ivi contenuta giustificava l’assunto che il foro convenzionale e la determinazione convenzionale della legge applicabile erano state li convenute tra le parti esclusivamente per i casi nei quali fosse indispensabile, nonostante la previsione della clausola arbitrale, il ricorso all’autorità giudiziaria, ossia in ambito cautelare ovvero per l’esecuzione o impugnazione del lodo, oltre alle ipotesi sottratte espressamente alla clausola arbitrale a norma dell’art. 14.2 delle condizioni generali di contratto.

3. Avverso tale sentenza la Mosaic Finance s.a.s. propone ricorso per regolamento necessario di competenza, affidato a sette motivi, ulteriormente illustrati da memoria ex art. 380-ter c.p.c., comma 2, chiedendo la cassazione del provvedimento impugnato e la declaratoria di competenza del tribunale milanese a conoscere della predetta controversia.

3.1. La Borsa Italiana s.p.a. ha depositato memoria ex art. 47, ultimo comma, c.p.c., concludendo per la declaratoria di inammissibilità dell’avverso ricorso, o comunque, per il suo rigetto.

3.2. La Procura Generale presso questa Corte ha concluso per il rigetto del ricorso con ogni conseguente statuizione in ordine alle spese di lite.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso, rubricato “Violazione e falsa applicazione degli artt. 807 e 808 c.p.c. in connessione con l’art. 2697 c.c. e l’art. 115 c.p.c.”, contesta alla sentenza impugnata di aver ritenuto tardivamente sollevata in comparsa conclusionale l’eccezione di nullità della clausola compromissoria stante la diversità tra le Condizioni generali ed il Regolamento prodotti dalla stessa attrice rispetto a quelle convenute al momento della stipulazione del contratto di fornitura di servizi intercorso tra le parti in data (OMISSIS). Assume la ricorrente che il Tribunale di Milano avrebbe dovuto qualificare il rilievo contenuto in quella comparsa come difesa in diritto (“la necessità di prova per iscritto della clausola compromissoria al momento della instaurazione del rapporto contrattuale che – nella specie – manca”) e non come nuova deduzione in fatto, con conseguente inapplicabilità dell’art. 115 c.p.c., viceversa invocato dal giudice di merito al fine di rigettare le eccezioni di invalidità della clausola compromissoria “in quanto fondate su circostanza di fatto nuova e contraddittoria rispetto a quanto già provato nel presente giudizio” pag. 6 della sentenza impugnata).

1.1. Tale doglianza si rivela infondata alla stregua del principio, desumibile da Cass. n. 8548 del 2017 e qui pienamente condiviso, secondo cui, ove la parta abbia riconosciuto di aver avuto piena conoscenza delle condizioni generali di contratto, lamentando, esclusivamente, che la controparte abbia depositato non già l’edizione delle condizioni generali richiamate in contratto, bensì un’edizione diversa, senza, però, specificamente contestare che la clausola contrattuale concernente la competenza territoriale avesse effettivamente il tenore indicato dalla controparte, e ne avesse, invece, uno diverso, ciò consente di ritenere sia che la clausola derogatoria della competenza fosse stata regolarmente approvata ai sensi degli artt. 1341 e 1342 c.c., sia che il testo della clausola fosse effettivamente quello invocato dalla controparte.

1.1.1. Nella specie, invero, come affatto condivisibilmente osservato dal sostituto procuratore generale nelle sue conclusioni scritte ex art. 380-ter c.p.c., Mosaic Finance s.a.s. contrariamente a quanto dalla stessa ancora sostenuto nella memoria ex art. 380-ter c.p.c., comma 2, – ha riconosciuto di aver avuto piena conoscenza delle Condizioni generali (edizione 2014) e del Regolamento depositati già con l’atto di citazione (all. n. 23 e 25).

1.1.2. Essa, poi, ha lamentato, esclusivamente, l’avvenuto deposito, ad opera di Borsa Italiana s.p.a., a fondamento della sollevata eccezione di competenza arbitrale, non già dell’edizione delle condizioni generali vigenti al momento della stipulazione del contratto (2009), bensì di un’edizione diversa, ma non ha specificamente contestato (nemmeno in questa sede) che la clausola arbitrale contenuta nelle Condizioni generali e nel Regolamento (edizione del 2016) depositati dalla convenuta con la costituzione in giudizio, oppure quella contenuta nell’edizione del 2014 prodotta dall’attrice (sebbene con l’avvertenza che “le Condizioni Generali di Contratto qui prodotte sub. doc. 25 sono quelle in vigore al luglio 2014, in quanto non sono disponibili sul sito di Borsa Italiana le Condizioni Generali vigenti al momento dell’ammissione di Mosaic al (OMISSIS) e dell’iscrizione dell’attrice nell’elenco dei (OMISSIS)”), avessero un tenore diverso da quella contenuta nelle Condizioni generali e nel Regolamento edizione del 2009. Risulta, anzi, che il contenuto della clausola compromissoria contenuta nelle Condizioni generali e nel Regolamento nella versione del 2009 (allegati alla memoria conclusionale di replica, ex art. 190 c.p.c., di Borsa Italiana s.p.a.), vigente, ratione temporis, al momento della stipula del contratto del 18.8.2009, sia lo stesso della clausola compromissoria contenuta nelle Condizioni generali e nel Regolamento (edizioni del 2014 e del 2016).

1.1.3. L’odierna ricorrente, peraltro: i) nella citazione introduttiva del giudizio di merito, proprio presupponendo l’esistenza della clausola arbitrale, ne contestò l’applicabilità solo perché richiamata in blocco nel modulo per adesione; i:) parimenti, anche all’udienza del 19.4.2016, non contestò l’esistenza della clausola compromissoria al momento della stipula del contratto, limitandosi, piuttosto, a contrastarne l’applicabilità alla domanda di responsabilità extracontrattuale. Assunti, questi ultimi, che consentono di concludere nel senso che il testo della clausola fosse effettivamente quello invocato da Borsa Italiana s.p.a., indipendentemente dal fatto che la convenuta, come l’attrice, avesse depositato un’edizione delle Condizioni generali e del Regolamento successiva alla stipula del contratto.

2. Quanto fin qui esposto rende infondato anche il terzo motivo di ricorso della Mosaic Finance s.a.s. – rubricato “Violazione e falsa applicazione dell’art. 1418 c.c. e dell’art. 808 c.p.c. in connessione agli artt. 24 e 25 Cost.”, sul presupposto della configurabilità, nella specie, di un arbitrato apprestato unilateralmente da Borsa Italiana s.p.a. – il cui esame può essere anteposto a quello degli altri.

2.1. Esso, infatti, investe la clausola arbitrale prevista nelle Condizioni generali del 2016 e nel regolamento del 2016 e la conseguente impossibilità di regolare alla loro stregua una controversia insorta in relazione ad un rapporto instaurato nel 2009.

3. Il secondo ed il quarto motivo del predetto ricorso denunciano, poi, rispettivamente:

II) “Violazione e falsa applicazione degli artt. 807 e 808 c.p.c. e degli artt. 1326, 1328 e 2697 c.c.”, censurandosi la sentenza nella parte in cui non avrebbe rilevato il difetto di forma scritta della clausola compromissoria, non essendo stata sottoscritta ma meramente richiamata, per presa visione, nella richiesta di servizi (Request for Services, all. 26 dell’atto di citazione);

IV) “Violazione e falsa applicazione dell’art. 1341 c.c.”, attesa l’inidoneità del richiamo in blocco contenuto nel modulo di adesione (Request for Services) alle clausole delle Condizioni generali e del Regolamento.

3.1. Anche queste doglianze, scrutinabili congiuntamente perché chiaramente connesse, si rivelano insuscettibili di accoglimento.

3.2. Invero, come puntualmente verificato dal giudice di merito pag. 5 della sentenza impugnata), Borsa Italiana s.p.a. ha dimostrato (cfr. documento n. 3 del suo fascicolo di merito, riprodotto, come allegato n. 4, in questa sede) l’avvenuta specifica approvazione, “benché unitamente ad altre condizioni particolari, ma con indicazione specifica e sommaria del relativo contenuto, sia dell’art. 14 delle Condizioni generali, sia dell’art. 7.3 del Regolamento” (cfr. pag. 5 della menzionata sentenza). Trattasi, come è evidente, di accertamento di natura fattuale, qui non ulteriormente sindacabile, se non sotto il profilo motivazionale (nemmeno prospettato, però, dalla odierna ricorrente).

3.2.1. Merita, peraltro, di essere rimarcato che, diversamente da quanto asserito dalla Mosaic Finance s.a.s. pag. 22 del ricorso), il richiamo suddetto, lungi dal riferirsi ad un complesso indiscriminato di 70 clausole, ha riguardato, piuttosto, 11 articoli su 15 delle Condizioni generali e 19 su 49 del Regolamento, con relativa indicazione del loro contenuto mediante richiamo della rubrica. E questa Corte ha già chiarito “che è sufficiente, quale indicazione specifica ed idonea a suscitare l’attenzione del sottoscrittore, il richiamo al numero ovvero alla lettera che contraddistingue la clausola, senza necessità che questa sia integralmente trascritta (Cass. 19 maggio 2017, n. 12739; 21 luglio 2015, n. 15278; 5 giugno 2014, n. 12708; 3 settembre 2007, n. 18525) e che non osta all’efficacia della clausola il richiamo cumulativo, ove accompagnato dall’indicazione, sia pure sommaria, del contenuto della clausola (Cass. 11 novembre 2015, n. 22984; 9 luglio 2018, n. 17939), contenuto che può ritenersi desumibile dal titolo della clausola” Cass. n. 16902 del 2019).

3.2.2. Ne consegue che l’avvenuta sottoscrizione, da parte di Mosaic Finance s.a.s., in data 18.8.2009, ha avuto ad oggetto, specificamente, un richiamo operato non a tutte ed indistintamente le clausole contrattuali, ma solo ad alcune di esse, altresì ribadendosi che, oltre al richiamo numerico delle stesse, vi è pure una, benché sintetica, indicazione del contenuto, così risultando rispettata l’esigenza di tutela codificata nell’art. 1341 c.c., dovendo reputarsi essere stata l’attenzione del contraente, ai cui danni le clausole sono state predisposte, adeguatamente sollecitata e la sua sottoscrizione in modo consapevole rivolta specificamente anche al contenuto a lui sfavorevole ed è proprio questo il discrimine per la validità delle forme di specifica approvazione ai sensi dell’art. 1341 c.c. Cass. n. 6747 del 2015).

3.3. Nemmeno risponde al vero, poi, l’affermazione della ricorrente secondo cui l’indirizzo interpretativo espresso da Cass. n. 17939 del 2018 – a tenore della quale, al fine di cui all’art. 1341 c.c., deve “ammettersi l’idoneità di un richiamo al numero della clausola vessatoria (tra le altre, Cass., ord., 5/06/2014, n. 12708 e Cass. ovvero Cass. 3/09/2007, n. 18525) e deve negarsi quella di un mero richiamo cumulativo, a clausole vessatorie e non, ma soltanto se si esaurisca nella mera indicazione del numero e non anche, benché sommariamente, del contenuto (ex multis, Cass., ord., 29/02/2008, n. 5733; Cass., ord., 11/06/2012, n. 9492, nonché, a contrario, Cass., ord., 24/02/2014, n. 4404), oppure se sia prevista per legge una forma scritta per il contratto (Cass., ord, 5/06/2014, n. 12708; Cass., ord., 18/05/2015, n. 10119)” – sia rimasto isolato. Esso, infatti, è stato successivamente ribadito, tra le altre, da Cass. n. 9140 del 2020, punto 6.3. della motivazione, Cass. n. 8870 del 2019, in motivazione, e Cass. 32511 del 2018, in motivazione.

3.4. Risulta, dunque, pienamente condivisibile, anche in parte qua, quanto affermato dal sostituto procuratore generale, secondo cui, “il Giudice di merito non ha affermato – in contrasto con i principi di diritto enunciati da questa Corte – che la sottoscrizione di tutte le clausole contrattuali (sia vessatorie che non) richiamate con elenco numerato in calce al modulo per adesione, assolve al requisito di validità previsto dalla norma del codice civile, ma ha, invece, compiuto una completa disamina dell’atto, pervenendo in modo logico e coerente alla conclusione che la sottoscrizione apposta alla clausola n. 14.7 delle Condizioni generali e n. 7.3 del Regolamento doveva ritenersi idonea a portare in rilievo alla attenzione del contraente sottoscrittore il contenuto della stessa ed il suo carattere vessatorio, essendo specificato, accanto al riferimento numerico, anche l’oggetto” (cfr. pag. 4 delle sue conclusioni scritte).

4. Il quinto motivo di ricorso, recante “Violazione e falsa applicazione della L. 18 giugno 1998, n. 192, art. 9”, ascrive al tribunale milanese il non aver dichiarato la nullità della clausola arbitrale per abuso di dipendenza economica di cui alla L. n. 192 del 1998, art. 9. Esso si rivela inammissibile.

4.1. Giova premettere che, come è pacifico nella giurisprudenza di questa Corte, i motivi del ricorso per cassazione devono investire, a pena d’inammissibilità, questioni che siano già comprese nel tema del decidere del giudizio a quo, non essendo prospettabili per la prima volta in sede di legittimità questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase di merito né rilevabili d’ufficio Cass. n. 20694 del 2018; Cass. n. 15430 del 2018; Cass. n. 23675 del 2013; Cass. n. 7981 del 2007; Cass. n. 16632 del 2010). Nel giudizio di cassazione, infatti, è preclusa alle parti la prospettazione di nuove questioni di diritto o nuovi temi di contestazione che postulino indagini ed accertamenti di fatto non compiuti dal giudice di merito Cass. n. 19164 del 2007; Cass. n. 17041 del 2013).

4.2. Va rimarcato, peraltro, che, secondo costante orientamento di legittimità, nel regolamento di competenza spetta alla Corte di cassazione la qualificazione giuridica dell’azione esercitata e dei fatti posti a fondamento della domanda, perché la medesima, nell’esercizio di tale funzione regolatrice, è giudice anche del fatto.

4.2.1. L’istanza di regolamento di competenza, invero, ha la funzione di investire la Corte suddetta del potere di individuare definitivamente il giudice competente. Pertanto, onde evitare che la sua designazione sia ulteriormente posta in discussione nell’ambito della stessa controversia, l’esame della Corte regolatrice si estende anche a profili diversi da quelli espressamente devoluti dalla parte ovvero esaminati dalla sentenza impugnata e quindi la valutazione della Corte comprende ogni elemento utile fino a quel momento acquisito al processo, senza alcun vincolo di qualificazione, ragione o prospettazione che del rapporto dedotto in causa abbia fatto l’attore con l’atto introduttivo (cfr., ex plutimis, Cass. n. 25232 del 2014; Cass. n. 10840 del 2007; Cass. n. 19591 del 2004).

4.3. Nella specie, Mosaic Finance s.a.s., illustrando la doglianza in esame (cfr. pag. 22 e ss. del ricorso), riferisce che l’ivi prospettato profilo di nullità viene fatto valere, per la prima volta, solo con l’odierno regolamento di competenza, atteso che la stessa, con la citazione introduttiva del giudizio di merito, aveva dedotto l’abuso di dipendenza economica esclusivamente con riferimento agli artt. 8.1 e 8.2 delle Condizioni generali di contratto.

4.3.1. Questa Corte, però, ha già chiarito che, a fronte di una sentenza che riconosca la validità della clausola arbitrale, deve escludersi che la sua invocata nullità – non rilevabile d’ufficio per violazione di norme imperative – possa valutarsi alla luce della dipendenza economica tra le due imprese ove tale profilo sia stato dedotto tardivamente Cass. n. 19002 del 2016). E ciò pure volendosi prescindere, a tacer d’altro, dall’impossibilità, in questa sede, di svolgere accertamenti fattuali volti a corroborare il preteso di abuso di dipendenza economica lamentato anche in relazione a questo profilo.

5. Analoga sorte tocca anche al sesto motivo di ricorso, rubricato “Violazione e falsa applicazione dell’art. 808 c.p.c. in connessione con gli artt. 1362 e ss. c.c.”, volto a censurare la sentenza impugnata nella parte in cui ha dichiarato la propria incompetenza anche con riferimento alla domanda per responsabilità extracontrattuale.

5.1. Invero, il tribunale ha dato atto che le parti hanno convenuto, all’art. 14.7 delle Condizioni generali del contratto, che “le eventuali controversie sorte tra la società fornitrice e il cliente relative e/o conseguenti al contratto (…) sono deferite ad un collegio di tre arbitri” e che l’art. 7.3 del Regolamento sancisce che “qualunque controversia, diversa da quelle indicate al precedente art. 7.2., occasionata o derivante dal regolamento, dalle Istruzioni ovvero da altre disposizioni tendenti al funzionamento dei mercati, nonché alle successive modifiche o integrazioni, è risolta, in via definitiva, da un collegio arbitrale da costituirsi ai sensi dell’art. 7.5”.

5.1.1. Successivamente, ha opinato che: i) la difesa di parte attrice circa l’inapplicabilità della convenzione arbitrale alle domande proposte contro Borsa Italiana s.p.a., almeno con riferimento alla dedotta responsabilità extracontrattuale di quest’ultima, “…appare, invero, piuttosto sorprendente alla luce delle difese svolte in citazione dall’attrice, la quale ha contestato la qualificazione del regolamento e delle istruzioni, dalla cui allegata violazione deriverebbe la responsabilità della convenuta, quali atti amministrativi, deducendone la natura contrattuale (cfr. pag. 22 citazione) ed evidenziando, in ogni caso, come la responsabilità della convenuta sussista per violazione di norme di legge quali gli artt. 62 e 64 TUF, da qualificare come responsabilità contrattuale ai sensi dell’art. 1173 c.c., deducendo espressamente e nello specifico la natura contrattuale della responsabilità della convenuta perché fondata sulla violazione del regolamento precedentemente richiamato (pag. 22-23 della citazione)”; il) “il tenore generale della clausola compromissoria, che deferisce al collegio arbitrale, letteralmente, tutte le controversie sorte nell’ambito ovvero in occasione dell’esecuzione del contratto di fornitura di servizi (diverse da quelle indicate all’art. 7.2), consente di ritenere pacificamente ricomprese tutte le domande svolte nel presente giudizio nell’ambito della convenzione di arbitrato”; a diversa conclusione non poteva condurre l’art. 15 delle condizioni generali di contratto, atteso che la clausola di riserva ivi contenuta giustificava l’assunto che il foro convenzionale e la determinazione convenzionale della legge applicabile erano state li convenute tra le parti esclusivamente per i casi nei quali fosse indispensabile, nonostante la previsione della clausola arbitrale, il ricorso all’autorità giudiziaria, ossia in ambito cautelare ovvero per l’esecuzione o impugnazione del lodo, oltre alle ipotesi sottratte espressamente alla clausola arbitrale a norma dell’art. 14.2 delle condizioni generali di contratto.

5.2. Il tribunale, dunque, muovendo dall’implicito presupposto che la questione relativa alla determinazione dell’ambito oggettivo della clausola compromissoria – sotto il profilo del suo ricomprendere, o meno, anche eventuali controversie, insorte tra le parti, riguardanti la responsabilità extracontrattuale di ciascuna di esse – integra una questione che richiede, mediante l’interpretazione della clausola secondo i normali canoni ermeneutici codicistici (art. 1362 e ss. c.c.) dettati per l’interpretazione dei contratti, l’indagine e la determinazione della comune intenzione delle parti circa il contenuto oggettivo che le stesse hanno inteso dare alla clausola medesima Cass. n. 26553 del 2018), è giunto alle conclusioni suddette valorizzando non solo il tenore letterale delle clausole precedentemente riportate ma anche la condotta processuale dell’attrice.

5.3. Occorre ricordare, allora, che, come ancora recentemente ribadito, nelle rispettive motivazioni, da Cass. n. 14938 del 2018 e Cass. n. 25470 del 2019, il sindacato di legittimità sull’interpretazione degli atti privati, governata da criteri giuridici cogenti e tendente alla ricostruzione del loro significato in conformità alla comune volontà dei contraenti, costituisce un tipico accertamento di fatto riservato al giudice di merito, censurabile, in sede di legittimità, solo per violazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale (essendo, a questo scopo, imprescindibile la specificazione dei canoni e delle norme ermeneutiche che in concreto sarebbero state violate, puntualizzandosi – al di là della indicazione degli articoli di legge in materia – in quale modo e con quali considerazioni il giudice di merito se ne sarebbe discostato) e nel caso di riscontro di una motivazione contraria a logica ed incongrua, e cioè tale da non consentire il controllo del procedimento logico seguito per giungere alla decisione in sé (occorrendo, altresì, riportare, nell’osservanza del principio dell’autosufficienza, il testo dell’atto nella parte in questione). Inoltre, per sottrarsi al sindacato di legittimità, quella data dal giudice non deve essere l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, ma una delle possibili e plausibili interpretazioni, per cui, quando siano possibili due o più interpretazioni (plausibili), non è consentito, alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice, dolersi in sede di legittimità del fatto che sia stata privilegiata l’altra (su tali principi, cfr., ex plurimis, Cass. n. 24539 del 2009, Cass. n. 2465 del 2015, Cass. n. 10891 del 2016; Cass. n. 7963 del 2018, in motivazione).

5.3.1. In altri termini, il sindacato suddetto non può investire il risultato interpretativo in sé, che appartiene all’ambito dei giudizi di fatto riservati al giudice di merito, ed afferisce solo alla verifica del rispetto dei canoni legali di ermeneutica, con conseguente inammissibilità di ogni critica alla ricostruzione della volontà privata operata dal giudice di merito che si traduca in una diversa valutazione degli stessi elementi di fatto da questi esaminati (cfr., ex aliis, Cass., SU, n. 2061 del 2021; Cass. n. 2465 del 2015; Cass. n. 10891 del 2016; Cass. n. 5795 del 2017).

5.3.2. La censura, poi, neppure può essere formulata mediante l’astratto riferimento a dette regole, essendo imprescindibile, come si è già anticipato, la specificazione dei canoni in concreto violati e del punto, e del modo, in cui il giudice di merito si sia, eventualmente, discostato dagli stessi, non potendo le censure risolversi nella mera contrapposizione tra l’interpretazione del ricorrente e quella accolta nella decisione impugnata, poiché quest’ultima non deve essere l’unica astrattamente possibile ma solo una delle plausibili interpretazioni Cass., SU, n. 2061 del 2021; Cass. n. 28319 del 2017; Cass. n. 25728 del 2013).

5.3.3. Nel quadro di detti principi, dunque, risulta chiaro che, a fronte delle riportate, esaustive rationes decidendi del tribunale – protese, soprattutto la seconda, a mettere in luce la comune intenzione delle parti nei termini sopra predetti – l’odierno motivo di ricorso si risolve, sostanzialmente, nella contrapposizione di una diversa interpretazione (secondo cui dalla descritta convenzione arbitrale esulassero le controversie riguardanti eventuali fattispecie di responsabilità extracontrattuale), senza tuttavia precisare, concretamente, quali canoni ermeneutici, dettati dagli artt. 1362 e ss. c.c., il giudice di merito avrebbe violato nell’attività di individuazione e ricostruzione della comune intenzione delle parti.

5.3.4. In definitiva, il tribunale ha offerto, nella specie, una ricostruzione del contenuto degli atti, fornendo una motivazione argomentata, non sindacabile in ordine alle ragioni dell’esito dell’interpretazione, che si sottrae, quindi, a verifiche in questa sede.

5.4. Solo per ragioni di mera completezza, infine, va ricordato che è sicuramente vero che, secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità, la clausola compromissoria riferita genericamente alle controversie nascenti dal contratto cui essa inerisce va interpretata, in mancanza di espressa volontà contraria, nel senso che rientrano nella competenza arbitrale tutte e solo le controversie aventi titolo nel contratto medesimo, con conseguente esclusione delle liti rispetto alle quali quel contratto si configura esclusivamente come presupposto storico (cfr. Cass. n. 20673 del 2016; Cass. n. 1674 del 2012).

5.4.1. In questo senso, appare corretto il richiamo, rinvenibile nella sentenza impugnata, al canone interpretativo consacrato nell’art. 808-quater c.p.c., che impone, nel dubbio, d’intendere la convenzione d’arbitrato nel senso che la competenza arbitrale si estende a tutte le controversie che derivano dal contratto o dal rapporto cui la convenzione si riferisce. Tale principio, pur costituendo indubbiamente espressione di un favor del legislatore per il ricorso a strumenti di risoluzione delle controversie alternativi alla giurisdizione statale, può infatti consentire, in mancanza di un’espressa manifestazione di volontà contraria, di ampliare l’ambito applicativo di una clausola compromissoria riferita genericamente alle controversie nascenti dal contratto cui inerisce la clausola compromissoria, in modo da ricomprendervi tutte le controversie aventi la loro causa petendi nel contratto stesso.

5.4.2. La descritta giurisprudenza (invocata, in proprio favore, dalla Mosaic Finance s.a.s.. Cfr. pag. 30-31 del ricorso), però, non appare dirimente nella specie, posto che – come ancora condivisibilmente osservato dal sostituto procuratore generale nelle sue conclusioni scritte – “le citate clausole compromissorie fanno riferimento (non solo alle controversie nascenti dal contratto, come nel caso esaminato dalla precitata giurisprudenza, ma) sia a tutte le cause che derivano direttamente o indirettamente dal contratto, sia a quelle che sono occasionate o derivanti dalle disposizioni inerenti al funzionamento dei mercati, così inglobando anche la domanda assertivamente extracontrattuale o quasi contrattuale fondata sulla violazione degli artt. 62 e 64 TUF”.

6. Il settimo motivo di ricorso, rubricato “Cassazione del capo della Sentenza relativo alle spese” e privo di specifica doglianza, si rivela affatto carente di autonomia, posto che il rigetto del proposto regolamento e la conseguente conferma della sentenza impugnata rendono corretta la liquidazione delle spese a carico del soccombente.

7. In definitiva, l’odierno ricorso deve essere respinto, restando le spese di questo giudizio a carico della Mosaic Finance s.a.s., regolate dal principio di soccombenza e liquidate come in dispositivo, altresì dandosi atto, – in assenza di ogni discrezionalità al riguardo (cfr. Cass. n. 5955 del 2014; Cass., S.U., n. 24245 del 2015; Cass., S.U., n. 15279 del 2017) e giusta quanto recentemente precisato da Cass., SU, n. 4315 del 2020 – che, stante il tenore della pronuncia adottata, sussistono, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, i presupposti processuali per il versamento, da parte della medesima ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto, mentre “spetterà all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento”.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la Mosaic Finance s.a.s. al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 17.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 100,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della medesima ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, giusta lo stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta sezione civile della Corte Suprema di cassazione, il 16 settembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 23 settembre 2021

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