Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25902 del 15/12/2016


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Cassazione civile, sez. VI, 15/12/2016, (ud. 18/10/2016, dep.15/12/2016),  n. 25902

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – rel. Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19115/2015 proposto da:

P.E., P.P., nella qualità di eredi di

C.M.E., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 132,

presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO CIGLIANO, che li

rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrenti –

SOGIS SPA, in persona del Presidente del consiglio di amministrazione

e legale rappresentante, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE

REGINA MARGHERITA 278, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI

CABRAS, che la rappresenta e difende giusta procura speciale in

calce al controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso l’ordinanza R.G. n. 80284/2014 del TRIBUNALE di ROMA,

depositata il 13/02/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

18/10/2016 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPINA LUCIANA

BARRECA;

udito l’Avvocato Francesco Cigliano difensore dei ricorrenti che si

riporta alla memoria;

udito l’Avvocato Filippo Cobras (delega avvocato Giovanni Cobras)

difensore della controricorrente e ricorrente incidentale che ha

chiesto l’inammissibilità del ricorso e distrazione delle spese.

Fatto

PREMESSO IN FATTO

E’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“1.- Con il provvedimento impugnato il giudice dell’esecuzione del Tribunale di Roma ha dichiarato improcedibile l’esecuzione per rilascio intrapresa dai P., quali eredi di C.M.E., nei confronti di Sogis S.p.A., nonchè l’opposizione all’esecuzione proposta da quest’ultima ed ha compensato tra le parti le spese sia dell’esecuzione che della fase cautelare del giudizio di opposizione.

2.- Sia il ricorso principale che l’incidentale sono inammissibili.

Il provvedimento impugnato è un’ordinanza del giudice dell’esecuzione che ha concluso il processo esecutivo per una causa diversa da quelle tipiche di estinzione, come disciplinate dall’art. 629 c.p.c. e segg..

Il giudice dell’esecuzione ha ritenuto l’improcedibilità dell’azione esecutiva per difetto originario di titolo esecutivo, pronunciando un’ordinanza ai sensi dell’art. 487 c.p.c., in quanto ha rilevato d’ufficio questo difetto – e la censura dei ricorrenti principali riguarda proprio la statuizione di improcedibilità dell’esecuzione.

Orbene, le ordinanze del giudice dell’esecuzione non sono ricorribili per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost., poichè provvedimenti non definitivi, dovendosi intendere per definitività la mancanza di rimedi impugnatori diversi dal ricorso strordinario. Va in proposito ribadito che i provvedimenti emessi dal giudice dell’esecuzione sono normalmente assunti, ai sensi dell’art. 487 c.p.c., comma 1, con ordinanza, e sono modificabili o revocabili finchè non abbiano avuto esecuzione, costituendo espressione del potere di direzione del processo, e sono soggetti a riesame mediante opposizione agli atti esecutivi (cfr., tra le tante, Cass. n. 5238/04, n. 16732/09, n. 17861/11, n. 19392/11, n. 3723/12).

Il principio è stato ritenuto applicabile, in particolare, ai provvedimenti con i quali il giudice dell’esecuzione conclude il processo esecutivo per una causa diversa da quelle estintive tipiche, dando luogo alla c.d. estinzione atipica o, meglio chiusura anticipata del processo esecutivo (cfr. Cass. n. 3278/08, n. 30201/08, n. 2674/11 ed altre), come nel caso, quale quello di specie, in cui abbia dato atto, con ordinanza, dell’impossibilità di procedere oltre nell’esecuzione, determinandosi in tale caso appunto la chiusura anticipata del processo esecutivo.

D’altronde, lo stesso provvedimento qui impugnato precisa che la dichiarazione di improcedibilità ivi contenuta è “impugnabile ex art. 617 c.p.c., comma 2″.

Per la medesima ragione è inammissibile il ricorso incidentale, col quale si censura il provvedimento del giudice dell’esecuzione per avere compensato le spese processuali.

Si propone perciò la dichiarazione di inammissibilità di entrambi i ricorsi”.

La relazione è stata notificata come per legge.

Entrambi i ricorrenti hanno depositato memoria.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, il Collegio ha condiviso i motivi in fatto ed in diritto della relazione.

Le memorie depositate non offrono argomenti per superare le conclusioni raggiunte in detta relazione.

Giova soltanto precisare che la decisione di inammissibilità del ricorso non sarebbe evitata, anche a voler considerare il provvedimento del giudice dell’esecuzione come pronunciato, sia pure in parte, nel contesto dell’opposizione all’esecuzione, come sostenuto dai ricorrenti principali.

Si tratterebbe infatti di ordinanza data nella fase sommaria dell’incidente cognitivo, rispetto alla quale l’assunto dei ricorrenti -ribadito con la memoria-secondo cui il provvedimento impugnato si dovrebbe ritenere sostanzialmente una sentenza è smentito da orientamento oramai consolidato di questa Corte di Cassazione.

In proposito, anche a voler tenere conto del fatto che l’ordinanza contiene anche la statuizione sulle spese (limitatamente peraltro, come si legge nel provvedimento, alle spese “della fase cautelare del giudizio di opposizione e della procedura esecutiva”), non può che farsi integrale rinvio alla motivazione del precedente di questa Corte n. 22033/11, che si è occupato funditus della questione, superando il precedente di cui a Cass. n. 22767/10. Appare qui sufficiente ribadire che, se è vero che il giudice dell’esecuzione ha definito, davanti a sè, il giudizio col provvedimento oggi impugnato, per contro, tale provvedimento, essendo stato emesso da un giudice investito di una cognizione sommaria e, pertanto, destinata a sfociare in provvedimenti ridiscutibili secondo le regole della cognizione piena e, dunque, del tutto provvisori, “non può acquisire una forza diversa a cagione della sua irritualità e, quindi, non può considerarsi “definitivo” dell’azione, nonostante che l’irritualità consista proprio nella chiusura illegittima del procedimento. Questa chiusura è essa stessa del tutto provvisoria e non definitiva” poichè riguarda solo la fase sulla quale il giudice doveva provvedere, in via del tutto provvisoria in vista della possibile evoluzione dell’azione con la cognizione piena; cognizione, nient’affatto preclusa ai ricorrenti, che si sarebbero potuti avvalere di rimedi diversi dal ricorso straordinario.

Questa Corte ha avuto modo di affermare i principi di cui sopra in diverse decisioni adottate successivamente a quella di cui su menzionata avente il n. 22033/11 (tra cui cfr. Cass. n. 10862/12, ord. n. 5060/14), che qui vanno ribaditi, affermandosi nuovamente che in tema di opposizione all’esecuzione, nel regime dell’art. 616 c.p.c., l’ordinanza con la quale il giudice dell’esecuzione provvede a definire la fase sommaria, concedendo (o meno) il provvedimento di sospensione dell’esecuzione, ed omette di fissare il termine perentorio per l’iscrizione a ruolo della causa di merito, non è impugnabile con il ricorso straordinario previsto dall’art. 111 Cost., comma 7, essendo priva del carattere della definitività, anche quando il giudice dell’esecuzione abbia provveduto sulle spese di lite.

Sia il ricorso principale che l’incidentale vanno dichiarati inammissibili.

La soccombenza reciproca legittima la compensazione delle spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti per il versamento, da parte sia dei ricorrenti principali, in solido, che della ricorrente incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale e per il ricorso incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte, decidendo sui ricorsi, principale ed incidentale, li dichiara inammissibili. Compensa le spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti principali, in solido, e della ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale e per il ricorso incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Sesta -3 Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 18 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 15 dicembre 2016

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA