Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25893 del 31/10/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 31/10/2017, (ud. 21/03/2017, dep.31/10/2017),  n. 25893

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Granarolo s.p.a. – nella qualità di incorporante per fusione della SAIL s.p.a. – impugnò, innanzi alla Ctp di Bari, vari atti con cui l’Agenzia delle entrate sospese il rimborso iva richiesto per gli anni d’imposta 2007 e 2008, in considerazione del’avvenuta notificazione, a carico della stessa ricorrente, di un atto di contestazione di p.v.c. relativo al 2005, nonchè di avvisi d’accertamento afferenti a irpeg, irap e iva relativi agli anni 2003, 2004 e 2006.

La Ctp, previa riunione dei vari procedimenti, accolse parzialmente il ricorso, e dichiarò egittima la sospensione dei richiesti rimborsi fino alla concorrenza della somma di Euro 672.883,86 circa, relativamente alle somme oggetto di un avviso d’irrogazione di sanzioni e di un avviso d’accertamento, atti impugnati con ricorsi all’epoca non ancora decisi.

La Ctp invece ammise il rimborso per la parte eccedente.

L’Agenzia propose appello, mentre la società propose appello incidentale.

La Ctr respinse sia l’appello principale, rilevando che era legittima la decisione dei giudice di primo grado di non applicare il c.d. fermo amministrativo di cui al R.D. n. 2440 del 1923, at. 69 alla fattispecie del rimborso iva, sia l’appello incidentale, avente ad oggetto la richiesta di annullamento di tutti i provvedimenti di sospensione dei rimborsi.

L’Agenzia – ha proposto ricorso per cassazione, formulando un unico motivo. Resiste la Granarolo, con deposito del controricorso, eccependo l’inammissiblità e l’infondatezza del ricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con motivo dedotto, l’Agenzia delle entrate ha denunciato violazione e falsa applicazione del R.D. n. 2440 del 1923, art. 69 (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), avendo la Ctr argomentato dall’inapplicabilità di tale norma alla sospensione del rimborso iva che, invece, sarebbe disciplinato dalla norma speciale di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 38bis, nonchè di cui al D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 23. Anzitutto va rilevata l’infondatezza dell’eccezione preliminare d’inammissibilità dei ricorso, per carenza dell’autosufficienza del ricorso.

Al riguardo, la parte controricorrente ha eccepito che nel ricorso non è stato riportao il contenuto dei provvedimenti di sospensione dei rimborsi iva Sail s.p.a., nonchè dell’atto di appello e delle difese della stessa società.

Invero, dal ricorso si evince la sufficiente descrizione dei suddetti provvedimenti di rimborso, dei contenuto dell’atto d’appello e delle difese del contribuente, in maniera chiara ed esaustiva.

Il ricorso è fondato.

In conformità dell’orientamento prevalente, la Corte ritiene applicabile il c.d. “fermo amministrativo” in materia di rimborso iva.

Al riguardo, è stato affermato che il provvedimento di sospensione del pagamento previsto dal R.D. 18 novembre 1923, n. 2440, art. 69 è espressione del potere di autotutela della P.A. a salvaguardia dell’eventuale compensazione legale dell’altrui credito con quello, anche se attualmente illiquido, che l’amministrazione abbia o pretenda di avere nei confronti del suo creditore, ed ha portata generale in quanto mira a garantire la certezza dei rapporti patrimoniali con lo Stato, mediante la concorrente estinzione delle poste reciproche (attive e passive). Ne consegue l’applicabilità della norma anche ai rimborsi dell’iva, fino al sopraggiungere dell’eventuale giudicato negativo circa la concorrente ragione di credito vantata dall’erario (Cass., n.7320 del 28.3.2014).

Inoltre, il provvedimento di sospensione del pagamento (cd. fermo amministrativo) previsto dal R.D. 18 novembre 1923, n. 2440, art. 69, u.c., costituisce una misura cautelare, espressione del potere di autotutela della P.A., rivolto a sospendere, in presenza di una “ragione di credito” della P.A. stessa, un eventuale pagamento dovuto, a salvaguardia dell’eventuale compensazione legale dello stesso con un credito, anche se non attualmente liquido ed esigibile, che l’amministrazione abbia, ovvero pretenda di avere, nei confronti del suo creditore e la sua adozione richiede soltanto il fumus boni iuris della ragione di credito vantata dall’Amministrazione, restando, invece, estranea alla natura ed alla funzione del provvedimento qualsiasi considerazione di un eventuale periculum in mora, senza che detta disciplina ponga dubbi di legittimità costituzionale in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost. Ne consegue che deve ritenersi legittimo il diniego di rimborso di IVA da parte dell’Amministrazione finanziaria, in dipendenza dell’adozione di provvedimento di fermo amministrativo delle somme pretese in restituzione, in ragione della pendenza di controversie tra le parti su rettifiche relative ad altre annualità d’imposta (Cass., n. 9853 del 5.5.2011).

Pertanto, la sentenza impugnata va cassata; non essendo necessari ulteriori accertamenti, la causa va decisa nei merito, rigettando il ricorso della Granarolo spa introduttivo del giudizio.

Le spese seguono la soccombenza, per il giudizio di legittimità, mentre sussistono i presupposti per compensare le spese dei due gradi di merito, considerata la varietà degli orientamenti giurisprudenziali emersi.

PQM

La Corte accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata. Decide nel merito e rigetta il ricorso originario della Granarolo.

Compensa le spese dei gradi di merito e condanna la parte ricorrente al pagamento in favore dell’Agenzia delle entrate, delle spese del giudizio di legittimità che liquida nella somma di Euro 9000,00 per compenso oltre le spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 21 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2017

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