Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25893 del 18/11/2013


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 25893 Anno 2013
Presidente: SALME’ GIUSEPPE
Relatore: SAN GIORGIO MARIA ROSARIA

SENTENZA

sentenza in forma
semplificata

sul ricorso proposto da:
MONACELLI MARIO (ANCMRA56M29E256P), quale procuratore speciale di
BIANCARELLI GINO, elettivamente domiciliato in Roma, Via Rodi, n. 32,
presso lo studio dell’Avvocato Martino U. Chiocci, che lo rappresenta
e difende, sia unitamente che disgiuntamente, dall’Avvocato Giancarlo
Baldinelli, per procura speciale a margine del ricorso;
– ricorrente contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro

pro

tempore,

rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, Via dei
Portoghesi, n. 12;
– Controri corrente e ricorrente incidentale –

1

Data pubblicazione: 18/11/2013

procedimento n. 427/2010 V.G., depositato in data 28 dicembre
2010.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza
dell’il dicembre 2012 dal Consigliere relatore Dott. ssa Maria
Rosaria San Giorgio;
sentito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale
dott. Sergio Del Core, il quale ha chiesto l’accoglimento del
ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso depositato il 31 maggio 2010 presso la Corte
d’appello di Firenze, Gino Biancarelli ha chiesto il
riconoscimento dell’equa riparazione per la irragionevole durata
di un procedimento promosso innanzi al Tribunale di Perugia con

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avverso il decreto della Corte d’appello di Firenze, reso nel

atto di citazione del 3 aprile 1994, concluso con sentenza del 7
settembre 2009.
L’adita Corte d’appello ha accolto il ricorso, condannando il
Ministero della Giustizia al pagamento in favore del Biancarelli
della somma di euro 10250,00, comprensiva di interessi legali e

irragionevole durata, e liquidando, a titolo di equa riparazione,
la somma di euro 750,00 per ciascuno dei primi tre anni di
ritardo, e di euro 1000,00 per gli anni successivi. Il giudice di
merito ha compensato le spese del giudizio tra le parti in
considerazione della non opposizione della parte resistente.
Per la cassazione di tale decreto l’avv. Monacelli, quale
procuratore speciale di Gino Biancarelli, ha proposto ricorso
sulla base di due motivi, illustrati anche da successiva memoria.
Resiste con controricorso il Ministero della Giustizia, che ha
anche proposto ricorso incidentale.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il collegio ha deliberato l’adozione della motivazione
semplificata nella redazione della sentenza.
Con i due motivi del ricorso principale si deduce
rispettivamente violazione dell’art. 2 della legge n. 89 del 2001
e dell’art. 6, paragrafo l, della CEDU, nonché degli artt. 91 e 92
cod.proc.civ., dell’art. 60 R.D.L. n. 1578 del 1933 e dell’art. 2,
comma 2, del d.l. n. 223 del 2006 conv. in legge n. 248 del 2006,
e contraddittoria e/o insufficiente motivazione. Avrebbe errato la
Corte di merito nel compensare le spese sulla base della

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rivalutazione, indicando in anni undici circa il periodo di

considerazione che l’Amministrazione resistente non aveva
contestato la pretesa.
I motivi, da trattare congiuntamente per la stretta
connessione che li avvince, sono fondati.
Come questa Corte ha già in precedenza statuito (tra le tante,

riparazione per violazione della ragionevole durata del processo,
proposti ai sensi della Legge n. 89 del 2001, non si sottraggono
in tema di spese processuali, alla disciplina dell’art. 91 cod.
proc. civ., e

segg.,

con la conseguente applicabilità del

principio della soccombenza e della compensabilità delle spese in
presenza di giusti motivi, sulla base di congrua motivazione.
Nel caso di specie, la motivazione in base alla quale il
decreto impugnato ha integralmente compensato le spese non è nè
logicamente nè giuridicamente accettabile. Il decreto impugnato
valorizza la circostanza che il Ministero della Giustizia non si è
opposto alla domanda. Sotto questo profilo, occorre considerare
che in realtà nulla impediva all’Amministrazione di adempiere
spontaneamente all’obbligo d’indennizzo su di essa gravante per
l’eccessiva durata del processo, cosicché, non avendolo essa fatto
ed essendo lo Stato italiano responsabile per l’eccessiva durata
del processo, la mancata opposizione alla domanda non costituisce
di per sè valida ragione di compensazione delle spese.
Passando all’esame del ricorso incidentale, con il primo
motivo di esso si deduce la violazione e/o falsa applicazione
dell’art. 3 della legge n. 89 del 2001. Si eccepisce la nullità

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Cass., Sez. l, 15 marzo 2010, n. 6193), i giudizi di equa

dell’intero giudizio per essere stata concessa al ricorrente la
rimessione in termini per la notifica del ricorso nonostante il
mancato rispetto del termine fosse dipeso da colpevole inerzia,
non essendo stati addotto specifici motivi impeditivi
dell’incombente.

nel giudizio innanzi alla Corte d’appello alcuna eccezione in
merito alla rimessione in termini.
Con il secondo motivo, proposto in via subordinata, si
denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2 della legge
n. 89 del 2001 per avere la Corte di merito liquidato un importo
non meglio precisato a titolo di rivalutazione monetaria
nell’ambito dell’indennizzo liquidato. Ciò in quanto il diritto
alla equa riparazione, non avendo natura risarcitoria, ma
indennitaria, si concreta in un credito di valuta, come tale
soggetto al principio nominalistico.
La doglianza è fondata.
L’obbligazione avente ad oggetto l’equa riparazione si
configura, non già come obbligazione
obbligazione

ex lege,

ex delicto, ma

come

riconducibile, in base all’art. 1173 cod.

civ., ad ogni altro atto o fatto idoneo a costituire fonte di
obbligazione in conformità dell’ordinamento giuridico. Dal suo
carattere indennitario discende che gli interessi legali possono
decorrere, semprechè richiesti, dalla data della domanda di equa
riparazione, in base al principio secondo cui gli effetti della
pronuncia retroagiscono alla data della domanda, nonostante il

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Il motivo è inammissibile, non avendo il Ministero sollevato

carattere d’incertezza e illiquidità del credito prima della
pronuncia giudiziaria, mentre, in considerazione del carattere
indennitario dell’obbligazione, nessuna rivalutazione può essere
accordata (v. Cass., sent. n. 18150 del 2011).
Con il terzo motivo si deduce la violazione dell’art. 112
cod.proc.civ. La liquidazione di un importo, tanto a titolo di
rivalutazione quanto a titolo di interessi, in sede di
liquidazione dell’indennizzo risulterebbe affetta da vizio di
extrapetizione, trattandosi di importi non richiesti in sede di
ricorso introduttivo. Anche questo motivo è fondato. Posto che,
come già chiarito, la rivalutazione non può essere accordata nei
casi di cui si tratta, per quanto riguarda gli interessi, essi non
risultano richiesti nella specie.
Conclusivamente, il ricorso principale deve essere accolto,
come il secondo ed il terzo motivo del ricorso incidentale. Il
decreto impugnato deve essere pertanto cassato limitatamente alla
statuizione riguardante le spese e la condanna del Ministero al
pagamento degli interessi e della rivalutazione sulla somma
liquidata a titolo di equa riparazione. Non occorrendo al riguardo
ulteriori accertamenti, questa Corte può provvedere direttamente a
norma dell’art. 384 cod. proc. civ., ponendo le spese del giudizio
di merito e quelle del giudizio di legittimità, secondo il
principio della soccombenza, a carico della parte resistente, e
liquidando le stesse come da dispositivo, ed elidendo la parte
della condanna relativa alla corresponsione di interessi e
rivalutazione sulla somma liquidata a titolo di equa riparazione.

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P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso principale e, per quanto di
ragione, quello incidentale. Cassa il decreto impugnato in
relazione alla statuizione sulle spese e sulla corresponsione
degli interessi e rivalutazione sulla somma liquidata a titolo di

della giustizia al rimborso, in favore del ricorrente, delle spese
del giudizio di merito, che liquida nella misura di Euro 700,00
per diritti ed Euro 580,00 per onorari, ed Euro 160,00 per spese
vive, oltre spese generali e accessori, nonché al pagamento delle
spese del presente giudizio, liquidate in Euro 393,00 di cui Euro
293,00 per compensi, oltre accessori come per legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione
Sesta Civile – Sottosezione Prima, della Corte Suprema di
Cassazione, l 11 d’cembre 2012.

equa riparazione, e, decidendo nel merito, condanna il Ministero

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