Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25891 del 31/10/2017


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Cassazione civile, sez. II, 31/10/2017, (ud. 27/06/2017, dep.31/10/2017),  n. 25891

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIANCHINI Bruno – Presidente –

Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. VATTONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 22016/2013 proposto da:

M.R., ((OMISSIS)), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

CICERONE 49, presso lo studio dell’avvocato SVEVA BERNARDINI, che la

rappresenta e difende;

– ricorrente e c/ric. ric. inc. cond.to a ric. incid. –

contro

CONDOMINIO (OMISSIS) (c.f. (OMISSIS)), in persona di C.A.

((OMISSIS)) Amministratore pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 38, presso lo studio dell’avvocato

GIUSEPPE APRILE, rappresentato e difeso dall’avvocato PROSPERO

PIZZOLLA;

– c/ricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 697/2013 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 21/02/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

27/06/2017 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE GRASSO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

DEL CORE Sergio, che ha concluso per il rigetto del ricorso

principale, per l’inammissibilità del ricorso incidentale e per

l’inammissibilità del ricorso incidentale condizionato al ricorso

incidentale;

udito l’Avvocato SVEVA BERNARDINI, difensore della ricorrente, che ha

chiesto l’accoglimento degli scritti depositati.

Fatto

I FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Napoli, con sentenza depositata il 13 maggio 2008, dichiarata inammissibile la domanda di rivendicazione proposta dal Condominio (OMISSIS), condannò M.R. “ad abbassare la copertura del manufatto realizzato nel cortile interno in modo che si arrestasse ad almeno 3 m sotto la soglia di calpestio del pianerottolo del secondo piano dell’edificio”.

La Corte d’appello della stessa città, con sentenza del 21 febbraio 2013, rigettò l’appello principale proposto dalla M. e quello incidentale dal condominio.

In estrema sintesi, al fine di rendere rapidamente apprezzabile la vicenda, è utile chiarire che la domanda principale, con la quale il Condominio aveva rivendicato la proprietà dell’area occupata dal manufatto messo in opera dalla M., venne dichiarata inammissibile, avendo la Corte locale escluso che la tutela del prospettato diritto di proprietà potesse far capo al Condominio e, quindi, azionata dal suo amministratore, invece che ai singoli condomini. Mentre, invece, con la domanda subordinata accolta il Condominio aveva chiesto che la M. fosse condannata a demolire la realizzata costruzione in quanto non rispettosa delle distanze legali.

La M. ricorre avverso la statuizione d’appello illustrando tre motivi di censura. Resiste con controricorso il condominio, svolgendo in seno al predetto atto ricorso incidentale, articolato su una sola censura. In replica al ricorso incidentale ha depositato controricorso la M., prospettando in seno al medesimo ricorso incidentale condizionato, anch’esso articolato su una sola censura. Entrambe le parti, all’approssimarsi dell’udienza di discussione hanno depositato memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

La ricorrente, come anticipato, illustra tre motivi di doglianza, numerati dal 2 al 4.

Con il primo ed il secondo motivo viene dedotta la violazione dell’art. 907 c.c.. La M., richiamando plurime decisioni di legittimità, deduce la inapplicabilità nei rapporti tra condomìni e tra questi e la proprietà comune condominiale della disciplina generale sulle distanze.

Con il terzo motivo viene denunziato l’omesso esame su un fatto decisivo e controverso ed in particolare viene allegata la non configurabilità come veduta del pianerottolo e del ballatoio condominiale.

Assume la ricorrente che “la Corte di appello di Napoli, nella sentenza gravata, in realtà sul punto (…) nulla dice, quindi, vi è stata grave omissione nel non approfondire la questione, sollevata dall’appellante”.

Le censure, contestualmente esaminate in ragione della loro intima compenetrazione, appaiono infondate.

La ricorrente richiama il principio di diritto più volte enunciato in questa sede, secondo il quale in tema di condominio le norme sulle distanze, rivolte fondamentalmente a regolare con carattere di reciprocità i rapporti fra proprietà individuali, contigue e separate, sono applicabili anche tra i condomini di un edificio condominiale, purchè siano compatibili con la disciplina particolare relativa alle cose comuni, cioè quando l’applicazione di quest’ultime non sia in contrasto con le prime; nell’ipotesi di contrasto, la prevalenza della norma speciale in materia di condominio determina l’inapplicabilità della disciplina generale sulla proprietà, quando i diritti o le facoltà da questa previsti siano compressi o limitati per effetto dei poteri legittimamente esercitati dal condomino secondo i parametri previsti dall’art. 1102 c.c. (applicabile al condominio per il richiamo di cui all’art. 1139 c.c.), atteso che, in considerazione del rapporto strumentale fra l’uso del bene comune e la proprietà esclusiva, non sembra ragionevole individuare, nell’utilizzazione delle parti comuni, limiti o condizioni estranei alla regolamentazione e al contemperamento degli interessi in tema di comunione (Sez. 2, n. 7044 del 14/4/2004, Rv. 572036). Ulteriormente chiarendosi che nell’ipotesi di contrasto, la prevalenza della norma speciale in materia di condominio determina l’inapplicabilità della disciplina generale sulle distanze che, nel condominio degli edifici e nei rapporti tra singolo condomino e condominio, è in rapporto di subordinazione rispetto alla prima. Pertanto, ove il giudice constati il rispetto dei limiti di cui all’art. 1102 c.c., deve ritenersi legittima l’opera realizzata anche senza il rispetto delle norme dettate per regolare i rapporti tra proprietà contigue, sempre che venga rispettata la struttura dell’edificio condominiale (Sez. 2, n. 6546 del 1873/2010, Rv. 611805).

Tuttavia, il predetto richiamo non è appropriato. Qui, infatti, non si è in presenza di un uso più intenso della cosa comune da parte di uno dei condomini, il cui presupposto esiziale è costituito dalla non messa in discussione della titolarità della cosa comune, della quale il singolo condòmino ambisce ad un uso particolare e più intenso, in ragione del rapporto peculiare che il medesimo ha con il predetto bene (così come accade col tratto di parte perimetrale dell’edificio, costituente anche muro di chiusura dell’appartamento). Bensì di una vera e propria costruzione eretta all’interno dell’area cortilizia del condominio.

Ovviamente, non assicura miglior destino l’avere con l’ultimo motivo lamentato l’omesso esame di un fatto decisivo: proprio la natura dell’opus, manifestazione di piena signoria in contrasto con la proprietà condominale, rende giustizia della contestata applicazione dell’art. 907 c.c..

Il Condominio, dopo aver contestato il ricorso principale, in via incidentale si duole per la declaratoria di inammissibilità della domanda di rivendicazione, negando che la stessa non potesse essere proposta dall’amministratore in assenza di specifico mandato conferitogli da ognuno dei partecipanti al condominio.

Il controricorrente assume che proprio perchè il diritto di ciascun condomino investe la cosa comune nella sua interezza, l’azione di rivendica può essere deliberata dall’assemblea, con la maggioranza di cui all’art. 1136 c.c., comma 2.

La doglianza è inammissibile.

La Corte locale ebbe a disattendere le pretese dell’odierno controricorrente sulla base di più rationes decidendi. Quella Corte ritenne di non poter accogliere la prospettazione sulla quale oggi il Condominio insiste, in primo luogo assumendo la tardività della pretesa propugnata in appello e, in secondo luogo, negando la legittimazione dell’amministratore.

Manca, come appare chiaro, una puntuale spendita impugnatoria di tutte le rationes decidendi, che autonomamente sorreggono la sentenza censurata, con la conseguenza che questa è divenuta intangibile e, pertanto, impermeabile al giudizio di cassazione (cfr., fra le tante, da ultimo, S.U., n. 7931 del 29/3/2013, Rv. 625631; Sez. L., n. 4293 del 4/3/2016, Rv. 639158).

Con il proprio controricorso, proposto avverso il ricorso incidentale del Condominio, la M. deduce l’inammissibilità dell’avverso controricorso con ricorso incidentale e propone, a sua volta, ricorso incidentale condizionato.

L’allegata inammissibilità, per la deducente, trova fondamento in quattro autonome scaturigini: 1) il controricorso era stato proposto tardivamente, in quanto notificato in data 14 novembre 2013, tenendo conto che il ricorso principale era stato notificato il 4 ottobre 2013, e che pertanto il suo deposito scadeva il 24 ottobre 2013, con la conseguenza che il termine entro il quale il Condominio avrebbe dovuto effettuare la notifica del controricorso era venuto a scadere il 13 novembre 2013; 2) il controricorso in parola era stato notificato in Roma dall’ufficiale giudiziario presso la Corte di appello di Napoli a mezzo del servizio postale, essendo privo di una tale competenza trattandosi di notifica da doversi effettuare al di fuori della Corte di appello di appartenenza; 3) il difensore non era munito della necessaria rappresentanza processuale, in quanto il mandato non conteneva il potere di proporre ricorso incidentale; 4) l’amministratore non era munito del necessario potere rappresentativo dell’ente di gestione in quanto “non è stata allegata agli atti, nè risulta essere stata adottata una delibera assembleare che conferisca all’amministratore il potere rappresentativo per la difesa nel presente giudizio di cassazione, nè tantomeno per proporre ricorso incidentale”, e “pur volendo aderire alla tesi più permissiva secondo la quale la legittimazione all’amministratore non incontrerebbe limiti nelle liti passive, potendo sempre egli rappresentare il Condominio in giudizio per difendere i suoi interessi, tale potere rappresentativo non può assolutamente riconoscersi in capo all’Amministratore, in mancanza di apposita delibera, relativamente ricorso incidentale nell’ambito del giudizio di Cassazione”.

La prospettata inammissibilità del controricorso (che val la pena vagliare investendo la questione, che mantiene attuale interesse, della legittimità della presenza nel giudizio di legittimità del Condominio) non sussiste in quanto: a) proprio tenendo per esatte le date indicate dalla M. il controricorso risulta essere stato affidato alla notifica nell’ultimo giorno utile del 13/11/2013; b) In tema di notificazioni degli atti di impugnazione in cassazione, non costituisce causa di nullità il compimento dell’attività di notifica da parte dell’ufficiale giudiziario territoriale, anzichè da parte di quello di Roma, atteso che, ai sensi della L. 20 gennaio 1992, n. 55, art. 1, la notificazione del ricorso e del controricorso (come nella specie) dinanzi alla Corte di cassazione può essere effettuata anche dall’ufficiale giudiziario del luogo ove abbia sede il giudice che ha pronunciato il provvedimento impugnato, a mezzo del servizio postale; peraltro, qualora il controricorso abbia raggiunto lo scopo di portare tempestivamente a conoscenza del ricorrente le deduzioni dell’avversario, risulta del tutto irrilevante, ai sensi dell’art. 156, terzo comma, cod. proc. civ., l’eventuale nullità della notificazione (Sez. 2, n. 4035, 21/2/2007, Rv. 595417; Sez. 3, n. 23172, 31/10/2014, Rv. 633172); c) la formalistica pretesa enunciata sub 3) trova condivisa smentita nell’orientamento già espresso da questa Corte, secondo il quale in tema di condominio negli edifici, è valida la deliberazione assembleare che autorizza genericamente l’amministratore a “coltivare” la lite con un determinato difensore, essendo rimessa a quest’ultimo la scelta tecnica di modulare le difese, limitandosi a resistere all’altrui ricorso per cassazione ovvero proponendo ricorso incidentale (Sez. 2, n. 4366, 24/2/014, Rv. 629598); d) avendo l’amministratore agito a difesa della cosa comune non era occorrente specifica delibera assembleare (cfr., da ultimo, Sez. 2, n. 1768, 8/2/2012, Rv. 621678) – non trattavasi, invero, quale che fosse la qualificazione più appropriata all’azione intrapresa, di rivendicare un’area esterna al condominio, bensì di recuperare una parte dell’area interna al condominio, occupata da terzi.

Il ricorso incidentale condizionato con il quale la M., nel caso fosse accolto il ricorso incidentale della controparte, impugna la sentenza d’appello “nella parte in cui non ha accolto l’eccezione di usucapione e di prescrizione sollevata dalla M., ritenendola assorbita nel rigetto della prima domanda del Condominio” è, di conseguenza, inammissibile.

Le spese legali seguono la soccombenza e possono liquidarsi siccome in dispositivo, tenuto conto del valore e della qualità della causa, nonchè delle attività espletate.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater (inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17) applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), ricorrono i presupposti per il raddoppio del versamento del contributo unificato da parte dei ricorrenti (principale e incidentale), a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

rigetta il ricorso principale; dichiara inammissibile il ricorso incidentale, nonchè quello incidentale condizionato e condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti (principale e incidentale), dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 27 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2017

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA