Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25888 del 15/12/2016


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Cassazione civile, sez. II, 15/12/2016, (ud. 29/09/2016, dep.15/12/2016),  n. 25888

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12575-2012 proposto da:

C.P., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

V.PIETRO ROMANO 33, presso lo studio dell’avvocato RAFFAELLA DE

ANGELIS, rappresentato e difeso dall’avvocato MARCO PALIOTTA;

– ricorrenti –

contro

Z.R., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA COLA DI

RIENZO 69, presso lo studio dell’avvocato STUDIO AVV. E. COSENZA/C.

CHIANELLO, rappresentato e difeso dall’avvocato FRANCESCO ITALICO DE

SANTIS;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 67/2012 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 10/01/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

29/09/2016 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO;

udito l’Avvocato Marco Paliotta per la ricorrente;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. SERVELLO Gianfranco, che ha concluso per

l’inammissibilità del ricorso ed in subordine per il rigetto del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 14 aprile 1992 C.P., procuratore generale di An. ed V.A., conveniva in giudizio, davanti al Tribunale di Frosinone, Z.R., assumendo che: An. e V.A. erano contitolari di 1/3 della piena proprietà sull’immobile ad uso commerciale in (OMISSIS), acquistato per successione da F.E.;

Z.R. era titolare dei restanti 2/3 di proprietà;

la convenuta aveva concesso in locazione a terzi la parte antistante dell’immobile.

Chiedeva, quindi, lo scioglimento della comunione in atto e la rifusione della quota parte dei canoni di locazione percepiti dalla controparte. Si costituiva Z.R., la quale aderiva alla domanda di divisione e chiedeva che fosse recepito un progetto divisionale predisposto dalla madre di An. ed V.A. nel 1986 o che le fosse assegnato l’intero immobile.

Essa, inoltre, negava di dovere alcunchè a titolo di canoni di locazione e domandava il rimborso delle spese sostenute per migliorie.

Il Tribunale di Frosinone, istruita la causa a mezzo di Ctu, con sentenza 360/03, disponeva lo scioglimento della comunione e ripartiva il compendio ereditario fra le parti come da Ctu agli atti.

Era posta a carico di C.P. la somma di Euro 501,32 a titolo di conguaglio, mentre Z.R. era condannata a versare all’attrice Euro 2.513,42 quale quota dei frutti percetti.

Contro la summenzionata sentenza proponeva appello, davanti alla Corte di Appello di Roma, Z.R..

La Corte di Appello di Roma, nella resistenza dell’appellata, con sentenza n. 67/12, accoglieva in parte l’appello e, conseguentemente, assegnava a Z.R., quale titolare della quota maggiore, l’intero immobile, sul presupposto della sua non comoda divisibilità. C.P., nella qualità di procuratrice generale di V.A., in proprio e quale erede di Vi.An. ed F.E., proponeva ricorso per cassazione, articolandolo su cinque motivi. Z.R. resisteva con controricorso.

Entrambe le parti hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con i suoi cinque motivi di ricorso che, stante la loro stretta connessione, possono essere trattati congiuntamente, C.P. lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 718 – 720 c.c., nonchè l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa punti decisivi della controversia e la violazione del principio dell'”extrapelita”.

Essa contesta, in particolare, la decisione della corte territoriale in ordine alla non comoda divisibilità del bene, considerato che l’immobile era agevolmente divisibile, avendo il locale deposito retrostante un accesso autonomo attraverso l’ingresso comune al fabbricato e da un cortile, come rilevato dalle Ctu agli atti.

Inoltre, la ricorrente si duole della valutazione economica eccessivamente bassa data al suddetto locale deposito e del fatto che non si fosse tenuto conto che la stessa controparte aveva domandato, in via principale, l’applicazione del progetto divisionale del geometra P.P..

I motivi sono infondati.

In tema di divisione giudiziale di compendio immobiliare ereditario, l’art. 718 c.c., il quale riconosce a ciascun coerede il diritto di conseguire in natura la parte dei beni a lui spettanti con le modalità stabilite nei successivi articoli 726 e 727 c.c., trova deroga, ai sensi dell’art. 720 c.c., non solo nel caso di mera non divisibilità dei beni, ma anche ove gli stessi non siano comodamente divisibili. Ciò avviene qualora, pur risultando il frazionamento materialmente possibile sotto l’aspetto strutturale, non siano tuttavia realizzabili porzioni suscettibili di formare oggetto di autonomo e libero godimento, non compromesso da servitù, pesi o limitazioni eccessive, e non richiedenti opere complesse o di notevole costo, ovvero porzioni che, sotto l’aspetto economico-funzionale, risulterebbero sensibilmente deprezzate in proporzione al valore dell’intero (Cass., Sez. 2, n. 3635 del 16 febbraio 2007, Rv. 595363).

Nella specie, la corte territoriale ha ritenuto, con una motivazione logica e completa non sindacabile nella presente sede, che detta comoda divisibilità non sussistesse, in quanto il bene, pur se divisibile in natura in due unità immobiliari per effetto del frazionamento intervenuto nel 1986, era costituito da “un immobile (sub 15) adibito a negozio e dall’altro (sub 14) costituente un magazzino o deposito, che come pertinenza è certamente strumentale all’utilizzo del primo”.

In pratica, la Corte di Appello di Roma, benchè abbia tenuto conto della possibilità di separare il deposito dal negozio (e, quindi, ragionevolmente della presenza di autonomi accessi), ha considerato che la divisione dei due locali non fosse opportuna in ragione della loro stretta connessione reciproca da un punto di vista funzionale ed economico, argomentando anche in ragione del sensibile deprezzamento delle due porzioni in natura, ove ragguagliate, in proporzione, al valore dell’intero.

Quanto alla valutazione economica eccessivamente bassa data al suddetto locale deposito, si evidenzia che la stessa ricorrente non ha indicato da quali elementi, non esaminati dalla Corte di Appello di Roma, sarebbe risultata la non correttezza della suddetta valutazione.

Per ciò che concerne il fatto che la corte territoriale non avrebbe tenuto conto che Z.R. aveva domandato, in via principale, l’applicazione del progetto divisionale del geometra P.P., si osserva che, dalla lettura della sentenza impugnata, emerge che la medesima Z. aveva chiesto, comunque, l’assegnazione dell’intero bene già in primo grado e nuovamente in secondo e che, quindi, non sussisteva, in ordine a tale richiesta, alcuna preclusione a decidere per la Corte di Appello di Roma, essendo in ogni caso il giudizio relativo alla comoda divisibilità o meno del bene svincolato dalle eventuali richieste delle parti, ove le stesse non addivengano all’approvazione consensuale di un progetto di divisione ex art. 789 c.p.c., e suscettibile quindi di essere compiuto anche in via autonoma dal giudice adito.

2. Il ricorso va, quindi, respinto.

3. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

PQM

La Corte, rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di Cassazione, che liquida in Euro 2.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali pari al 15% sui compensi ed accessori come per legge.

Si dà atto che la sentenza è stata redatta con la collaborazione dell’Assistente di Studio Dott. Ca.Da..

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 29 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 15 dicembre 2016

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