Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25888 del 14/10/2019

Cassazione civile sez. I, 14/10/2019, (ud. 13/09/2019, dep. 14/10/2019), n.25888

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Consigliere –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 18214/2018 proposto da:

A.S., domiciliato in ROMA, presso la Cancelleria Civile della

Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’Avvocato Francesca

Varone giusta procura speciale estesa in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE DI MILANO n. 1773/2018, depositato

il 2.5.2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

13.9.2019 dal Consigliere Dott.ssa ANTONELLA DELL’ORFANO.

Fatto

RILEVATO

che:

A.S. propone ricorso, affidato a quattro motivi, per la cassazione del decreto indicato in epigrafe, con cui il Tribunale di Milano aveva respinto il ricorso presentato contro il provvedimento della Commissione territoriale di diniego della richiesta di protezione internazionale, sub specie di riconoscimento dello status di rifugiato e di protezione sussidiaria, e, in subordine, di protezione umanitaria;

la domanda del ricorrente era stata motivata in ragione dei rischi di rientro nel suo Paese d’origine (Bangladesh) dovuti alla persecuzione nei suoi confronti da parte degli organi di polizia ed alla grave situazione del suo villaggio di provenienza, in cui vi erano stati disordini armati e sparatorie, con grave compromissione dei diritti civili, motivo per il quale era fuggito raggiungendo dapprima la Libia e poi l’Italia;

il Ministero dell’Interno è rimasto intimato.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1.1. con il secondo motivo di ricorso, da esaminare preliminarmente, si lamenta nullità del procedimento e violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, commi 7, 8, avendo il Tribunale di Milano omesso di rilevare la mancata costituzione dell’Amministrazione statale convenuta e la mancanza di videoregistrazione del colloquio del ricorrente nella fase amministrativa;

1.2. le censure sono infondate;

1.3. in primo luogo l’art. 35 bis D.Lgs. cit. non prevede affatto la necessaria costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno a pena di nullità del procedimento, come invece dedotto dal ricorrente;

1.4 a seguire, come già chiarito da questa Corte (cfr. Cass. nn. 5973/2019, 3029/2019) nel giudizio d’impugnazione, innanzi all’autorità giudiziaria, della decisione della Commissione territoriale, ove manchi la videoregistrazione del colloquio, all’obbligo del Giudice di fissare l’udienza, non consegue automaticamente quello di procedere all’audizione del richiedente, purchè sia garantita a costui la facoltà di rendere le proprie dichiarazioni, o davanti alla Commissione territoriale o, se necessario, innanzi al Tribunale, al che consegue che il Giudice può respingere una domanda di protezione internazionale solo se risulti manifestamente infondata sulla sola base degli elementi di prova desumibili dal fascicolo e di quelli emersi attraverso l’audizione o la videoregistrazione svoltesi nella fase amministrativa, senza che sia necessario rinnovare l’audizione dello straniero;

1.5. il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 11, si limita a prevedere che nel caso di mancata acquisizione della videoregistrazione dell’audizione in sede amministrativa, il Giudice deve fissare, come in concreto è avvenuto, l’udienza, provvedendo inoltre anche all’audizione del ricorrente;

2.1. con il primo motivo di ricorso si lamenta omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, e violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 7 e art. 8, lett. c), per avere il Tribunale respinto la domanda di protezione internazionale escludendo la sussistenza in capo al ricorrente di rischio di persecuzione individuale;

2.2. con il terzo motivo di ricorso si lamenta violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, lett. c), per avere il Tribunale omesso di effettuare un esame approfondito circa la situazione nella zona di provenienza del richiedente;

2.3. con il quarto motivo di ricorso si lamenta violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 e del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 14, ed omesso esame di fatto decisivo per il giudizio per mancata valutazione della situazione generale del Paese di provenienza (Bangladesh, enclave di Kurigram) e per aver respinto la domanda di protezione umanitaria senza valutare la sussistenza dei suoi presupposti;

2.4. le censure, da esaminare congiuntamente, vanno disattese;

2.5. quanto al diniego dello status di rifugiato ed al diniego di protezione sussidiaria ai sensi del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. a), b) e c), le censure sono in parte infondate ed in parte inammissibili perchè, quanto al riconoscimento dello status di rifugiato ed alle ipotesi di cui alle lett. a), b) e c), citt., i presupposti di essi sono stati esclusi in fatto dal Tribunale sulla base delle informazioni (report Ministero degli Esteri del Bangladesh e dell’India, EASO Country of Origin Information Report Bangladesh Country) acquisite sulla situazione della zona di provenienza del ricorrente (Kurigram), dalle quali risultava che le enclaves presenti al confine con l’India, come la zona in questione, erano state di fatto sciolte ed i rispettivi abitanti avevano potuto scegliere se rimanere sul territorio, ove già si erano insediati, acquistando la relativa cittadinanza o trasferirsi nello stato d’origine (il Bangladesh nel presente caso), acquisendo cittadinanza di quest’ultimo, rilevando poi che dalla vicenda narrata non emergeva alcun rischio per il ricorrente di condanna a morte nè di tortura o di essere sottoposto a trattamento umanitario e degradante nell’eventualità di un rimpatrio, e che la situazione generale del Paese non presentava una generalizzata situazione di violenza indiscriminata in un contesto di conflitto armato, invocando invece il ricorrente, a sostegno della situazione di violenza indiscriminata nella zona di provenienza e di violazione dei diritti civili, mere affermazioni prive di riscontro documentale;

2.3. è opportuno evidenziare che ai fini della concessione della protezione sussidiaria, in particolare, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), è dovere del Giudice verificare, avvalendosi dei poteri officiosi di indagine e di informazione di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, se la situazione di esposizione a pericolo per l’incolumità fisica indicata dal ricorrente, astrattamente riconducibile ad una situazione tipizzata di rischio, sia effettivamente sussistente nel Paese nel quale dovrebbe essere disposto il rimpatrio, sulla base ad un accertamento che deve essere aggiornato al momento della decisione (Cass., 28/06/2018, n. 17075; Cass., 12/11/2018, n. 28990);

2.4. al fine di ritenere adempiuto tale onere, il Giudice è tenuto ad indicare specificatamente le fonti in base alle quali abbia svolto l’accertamento richiesto (cfr. Cass. n. 11312/2019) e nel caso concreto, come si è detto, il Tribunale ha escluso – mediante il ricorso a fonti internazionali citate in motivazione – che la zona di provenienza dell’istante sia caratterizzata da violazioni di diritti umani e da instabilità politico-sociale;

2.5. a fronte di tali deduzioni i motivi si traducono in una rivisitazione dei merito, inammissibile in questa sede (cfr. Cass. n. 8758/2017);

2.6. sono inammissibili anche le censure circa il mancato riconoscimento della protezione umanitaria, atteso che il ricorrente non ha allegato ragioni personali di vulnerabilità diverse da quelle esaminate dal Tribunale anche per le altre forme di protezione, ed anche in tal caso viene in realtà chiesta una rivalutazione dei giudizio di merito svolto dal Tribunale, insindacabile in questa sede;

3. il ricorso va in conclusione rigettato;

4. in mancanza di attività difensiva della parte intimata non occorre provvedere sulle spese;

5. essendo il ricorrente stato ammesso al patrocinio a spese dello Stato, non sussistono i presupposti per il versamento del doppio del contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di Cassazione, Sezione Prima Civile, il 13 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 14 ottobre 2019

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