Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25883 del 23/09/2021

Cassazione civile sez. I, 23/09/2021, (ud. 11/05/2021, dep. 23/09/2021), n.25883

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. FIDANZIA Andrea – rel. Consigliere –

Dott. MACRI’ Ubalda – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sui ricorso 10019/2020 proposto da:

A.Z., difeso e rappresentato dall’avv. Antonio Fraternale,

domiciliato presso la Cancelleria della I sezione civile della

Suprema Corte di Cassazione;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di ANCONA, depositata il 03/03/2020;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

11/05/2021 dal Cons. Dott. FIDANZIA ANDREA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Ancona, con decreto depositato il 3.3.2020, ha rigettato la domanda proposta da A.Z., cittadino del Pakistan, finalizzata ad ottenere il riconoscimento della protezione internazionale o, in subordine, della protezione umanitaria.

E’ stato, in primo luogo, negato al ricorrente lo status di rifugiato sul rilievo che le sue dichiarazioni non sono state ritenute credibili (il richiedente aveva riferito di essere diventato membro dell’associazione tehreek-e-labiak e, dopo aver partecipato alla manifestazione ad Islamabad del (OMISSIS), la polizia lo aveva picchiato e ricercato nella casa familiare, con la conseguenza che, per il timore di essere arrestato, lo stesso aveva deciso di espatriare).

E’ stata rigettata, altresì, la domanda di protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c), essendo stata ritenuta l’insussistenza di una situazione di violenza generalizzata derivante da conflitto armato in Pakistan.

Infine, il ricorrente non è stato comunque ritenuto meritevole del permesso per motivi umanitari, non sussistendo una specifica situazione di vulnerabilità personale.

Ha proposto ricorso per cassazione A.Z. affidandolo a tre motivi.

Il Ministero dell’Interno si è costituito tardivamente in giudizio ai soli fini di un’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo è stata dedotta la violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, art. 134 c.p.c., comma 1, art. 135 c.p.c., comma 4, art. 111 Cost., comma 6, per motivazione apparente del decreto impugnato in relazione alla domanda di riconoscimento della protezione sussidiaria.

Lamenta il ricorrente che, difformemente da quanto ritenuto dal Tribunale, il suo racconto è pienamente attendibile e la motivazione del giudice di merito è del tutto scollegata dalle proprie deduzioni.

2. Il motivo è inammissibile.

Va, in primo luogo, osservato che, anche recentemente, questa Corte ha statuito che la valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 7, comma 5, lett. c). Tale apprezzamento di fatto è censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito (Cass. n. 3340 del 05/02/2019).

Nel caso di specie, il ricorrente, nel dedurre l’apparenza della motivazione del decreto impugnato, non si è minimamente confrontato con i precisi rilievi del Tribunale, cha ha evidenziato che il richiedente non era stato in grado di circostanziare la vicenda dedotta come causa del suo espatrio, non conoscendo le modalità di svolgimento della manifestazione cui affermava di aver preso parte, l’identità delle sette persone decedute, la struttura interna, il programma politico, gli ideali dell’associazione cui aveva affermato di appartenere, gli oppositori politici e la data di elezioni in Pakistan.

Contraddizioni, inoltre, erano emerse in ordine alla ragioni che lo avevano spinto a partecipare alla protesta, avendo riferito di non sapere nulla dell’associazione di appartenenza, non ritenendo coerentemente plausibile il Tribunale che il richiedente non avesse mai partecipato ad altre attività o eventi della suddetta associazione. Il descritto percorso logico-argomentativo del Tribunale di Ancona soddisfa ampiamente il requisito del “minimo costituzionale” e le censure del ricorrente si appalesano come di merito, essendo dirette a sollecitare una diversa ricostruzione dei fatti rispetto a quella operata dal giudice anconetano.

3. Con il secondo motivo è stata dedotta la violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, art. 134 c.p.c., comma 1, art. 135 c.p.c., comma 4, art. 111 Cost., comma 6, per motivazione apparente del decreto impugnato in relazione alla domanda di riconoscimento della protezione umanitaria.

4. Il motivo è inammissibile.

Il Tribunale ha coerentemente evidenziato che per una compiuta valutazione dell’integrazione sociale, ai fini del rilascio del permesso per motivi umanitari, deve essere preso necessariamente in esame un apprezzabile arco temporale e valutarsi globalmente la situazione del richiedente, non soltanto con riferimento allo svolgimento di attività lavorativa, ma anche la formazione linguistica, l’accesso all’istruzione, il riconoscimento di titoli e qualifiche, la disponibilità di un alloggio, etc.. Nel caso di specie, il ricorrente aveva solo prodotto due cedolini paga per un importo inferiore all’assegno sociale, in relazione ad un’attività lavorativa che risultava intrapresa solo dopo il deposito del ricorso introduttivo del giudizio.

Ne’ ammissibile ex art. 372 c.p.c., la documentazione prodotta dal richiedente unitamente al deposito del ricorso, che dovrebbe attestare la trasformazione in rapporto di lavoro a tempo indeterminato, trattandosi di documenti non prodotti innanzi al giudice di merito attestanti circostanze sopravvenute all’adozione del decreto impugnato.

5. Con il terzo motivo è stata dedotta la violazione dell’art. 276 c.p.c. e la nullità del decreto impugnato per vizio di costituzione del giudice ai sensi dell’art. 158 c.p.c..

Lamenta il ricorrente che la sua audizione è stata svolta innanzi ad un giudice onorario (GOT) non facente parte della Sezione specializzata in materia di immigrazione ed estraneo al collegio giudicante che ha deciso la causa.

6. Il motivo è infondato.

La circostanza che, nel caso di specie, il Giudice Onorario di Pace abbia provveduto alla audizione del ricorrente (rimettendo poi gli atti al Collegio per la decisione) non costituisce certo circostanza idonea a dar luogo al vizio di costituzione del giudice, a norma dell’art. 158 c.p.c., unica ipotesi che potrebbe rendere affetta da nullità (derivata) l’attività posta in essere dal Tribunale di Ancona in composizione collegiale.

In proposito, posto che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, il vizio di costituzione del giudice, ex art. 158 c.p.c., è ravvisabile quando gli atti giudiziali siano posti in essere da persona estranea all’ufficio del giudice, non investita della funzione da detto ufficio esercitata (vedi Cass. n. 8737 del 27/06/2000; vedi anche Cass. n. 12207/2003; Cass. n. 137 del 12/01/1978; Cass. n. 2180/1958), tale situazione non ricorre certo con riferimento ai giudici onorari di Pace del Tribunale, i quali sono abilitati a svolgere attività istruttoria delegata dai giudici togati in virtù, in primo luogo, del D.Lgs. n. 116 del 2017, art. 10, legge recante la riforma organica della magistratura onoraria.

La predetta norma che, consente ai giudici professionali di delegare, anche nei procedimenti collegiali, compiti e attività ai giudici Onorari di Pace, compresa l’assunzione di testimoni, va letta in combinazione con l’art. 11 del medesimo D.Lgs., che esclude l’assegnazione dei fascicoli ai giudici onorari solo per specifiche tipologie di giudizi, tra i quali non rientrano quelli di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis (vedi Cass. n. 4887/2020).

Tale interpretazione è stata recentemente ribadita da questa Corte nella sentenza delle Sezioni Unite. n. 5425/2021.

Non si liquidano le spese di lite, in ragione della inammissibilità della costituzione tardiva del Ministero.

PQM

Rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, se dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 11 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 23 settembre 2021

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