Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25883 del 16/11/2020

Cassazione civile sez. III, 16/11/2020, (ud. 29/09/2020, dep. 16/11/2020), n.25883

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – rel. Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 05425/2017 proposto da:

Z.B., elettivamente domiciliato in Roma, alla via Ulpiano n.

29, presso lo studio dell’avvocato Baffioni Venturi Armando, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

C.M.G., elettivamente domiciliata in Roma, alla via

Marianna Dionigi n. 57, presso lo studio dell’avvocato Parmeggiani

Luca, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato Lepore

Carlo;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 04899/2016 della CORTE d’APPELLO di ROMA,

depositata il 01/08/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

29/09/2020 dal Consigliere Dott. Cristiano Valle.

Osserva quanto segue:

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

I) Z.B. censura, con atto affidato a tre motivi, la sentenza della Corte di Appello di Roma n. 04899 del 01/08/2016, che, giudicando sull’impugnazione della sentenza del Tribunale della stessa sede di accoglimento (parziale) dell’opposizione a precetto proposta da C.M.G., già coniuge dello Z., ha ritenuto indeterminabile il credito portato da altra sentenza della stessa Corte di appello di Roma, resa in sede di scioglimento della comunione e di determinazione degli obblighi conseguenti alla separazione dei coniugi, e che lo Z. aveva ritenuto di poter quantificare mediante riferimento ad atto di precetto conseguente ad altra procedura esecutiva, nella quale vi era una quantificazione in 107.000,00 Euro del credito in favore della ex moglie C., dalla stessa effettuata.

1.1) Resiste con controricorso C.M.G..

1.2) Il P.G. ha presentato conclusioni scritte, nelle quali ha chiesto il rigetto del ricorso.

1.3) Il ricorrente ha depositato rituale memoria per l’adunanza camerale del 29/09/2020.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

II) I motivi di ricorso così censurano la sentenza della Corte territoriale.

II.1) Il primo mezzo afferma violazione degli art. 99 e 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, laddove la sentenza della Corte d’Appello di Roma, n. 04899 del 01/08/2016, ha confermato la statuizione del Tribunale, della stessa sede, che ha dichiarato il titolo esecutivo (sentenza n. 03686 del 2007 della Corte di Appello di Roma) inidoneo a fondare l’esecuzione per equivalente pecuniario sul presupposto del carattere generico del capo di condanna nei confronti di C.G., ribadendo l’indebita introduzione in giudizio di un titolo diverso, mediante la sostituzione dell’azione proposta dall’opponente C. (verifica del carattere dichiarativo della sentenza di condanna) con altra fondata su diversa causa petendi (verifica del carattere generico della sentenza di condanna).

II.2) Il secondo motivo afferma omesso esame di fatto decisivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, avendo la Corte di Appello erroneamente ricostruito il titolo esecutivo, nel senso di avere ritenuto che la sentenza di appello dedotta (sullo scioglimento della comunione) non avrebbe fatto alcuna menzione dei titoli di investimento mobiliare, sebbene nel corso del processo in primo e secondo grado, non solo erano stati ripetutamente elencati i titoli stessi, ma su di essi le parti avevano unicamente dibattuto in relazione al loro controvalore in denaro e mai sulla loro consegna in natura.

II.3) Infine, il terzo motivo è proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e censura la sentenza con riferimento agli artt. 278 e 474 c.p.c., laddove essa esclude l’immediata eseguibilità della sentenza d’appello addotta quale titolo esecutivo ed afferma che la stessa dovesse essere qualificata come sentenza di condanna generica, sebbene il giudice di merito avesse puntualmente indicato i titoli di investimento mobiliare e specificato il loro controvalore in denaro ed avesse posto a carico delle parti obbligazioni pecuniarie e non in natura (di consegna).

II.1.1) Il primo motivo è infondato.

Il giudice dell’opposizione all’esecuzione, quale è quella proposta dalla C. dinanzi al Tribunale di Roma, nei confronti del precetto notificatole dallo Z. ed avente a fondamento la sentenza n. 03686 della Corte territoriale della stessa sede, ma che mutuava l’importo precettato di Euro 107.000,00 da altro atto di precetto, notificato, invece, ad istanza della C. nei confronti dello Z., in conseguenza ad ordinanza di assegnazione in favore della prima, è abilitato alla valutazione, anche d’ufficio, dell’idoneità della sentenza a costituire titolo esecutivo, indipendentemente dalle ragioni fatte valere dall’opponente (da ultimo, quale espressione di un orientamento oramai costante, si veda: Cass. n. 31955 11/12/2018 Rv. 652284-01).

II.1.2) Il secondo motivo è in parte inammissibile, in quanto deduce censura di omesso esame di fatto decisivo al di fuori dei limiti consentiti dal rinnovato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in quanto il fatto decisivo è individuato, nella prospettazione dello Z. in una (mancata) statuizione di altro provvedimento giudiziale (la sentenza della stessa Corte di Appello, ma n. 03686 del 2007) che non risulta essere stata impugnata per infrapetizione.

Il motivo è, inoltre, infondato, laddove censura la sentenza d’appello n. 04899 del 01/08/2016 per non avere considerato l’elenco dei titoli effettuato nei provvedimenti giudiziali richiamati nel ricorso di legittimità, in quanto la sentenza in scrutinio fornisce adeguata e logica motivazione delle ragioni per le quali di detta elencazione di titoli non poteva tenersi conto ai fini dell’invalidazione del titolo esecutivo azionato dalla C. ed opposto dallo Z., rinvenendole nella indeterminatezza dell’ammontare monetario della statuizione di condanna restitutoria, che avrebbe necessitato di una successiva quantificazione, se del caso a mezzo di procedimento d’ingiunzione.

II.1.3) Il terzo motivo è pure infondato.

L’assunto dello Z., che in sede di merito aveva avuto le vesti dell’opposto, è smentita dalla circostanza che per far valere il suo diritto alla restituzione, in dipendenza della sentenza n. 03686 del 2007 della Corte d’Appello di Roma, egli aveva dovuto richiamare, non un atto di quel processo, bensì l’atto di precetto che a seguito di ordinanza di assegnazione, in altra e diversa procedura esecutiva, la C. gli aveva notificato e nel quale il credito era quantificato il oltre centomila Euro (107.000,00 per l’esattezza).

La sentenza in scrutinio, inoltre, afferma che lo Z. non aveva indicato la condizione alla quale sarebbe stata sottoposta la sentenza (di condanna alla restituzione) n. 03686 del 2007, ma soprattutto, non poteva escludersi che il pagamento di Euro 107.000,00, di cui al precetto opposto dalla C., non richiedesse uno specifico accertamento di merito “non potendosi tale credito ricavare neppure dall’indicazione dei titoli e delle corrispondenti somme che la sentenza d’appello ha dichiarato di proprietà dello Z.”.

La sentenza qui impugnata è consapevole dell’evoluzione del concetto di titolo esecutivo affermata dalla giurisprudenza nomofilattica a partire dal 2012 (Sez. U. n. 11066 del 02/07/2012 Rv. 622929-01, alla quale sono seguite Cass. n. 09161 del 16/04/2013 Rv. 625825 01, n. 13811 del 31/05/2013 Rv. 626724-01, n. 23159 del 31/10/2014 Rv. 633259-01, n. 22457 del 27/09/2017 Rv. 645770 01 e n. 10806 del 05/06/2020 Rv. 658033-02) e ne compie adeguata applicazione, laddove afferma che la sentenza della Corte di appello di Roma n. 03686 del 2007 non riporta gli elementi necessari per individuare esattamente la prestazione dovuta, nè questa poteva essere determinata mediante riferimento ad atto di precetto relativo ad altra, e diversa, procedura esecutiva, peraltro intentata dalla C. nei confronti dell’ex coniuge.

Ciò in quanto, se è vero che è sempre ammessa l’eterointegrazione del titolo esecutivo con elementi extratestuali, deve pur sempre trattarsi di elementi che siano stati acquisiti ritualmente al processo e comunque non relativi ad altro procedimento, sebbene intercorrente tra le stesse parti, come, viceversa, pretende il motivo all’esame.

III) Il ricorso deve, pertanto, essere rigettato.

IV) Le spese di lite di questo giudizio di legittimità seguono il criterio della soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

V) Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

rigetta il ricorso;

condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite, che liquida in Euro 5.800,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario al 15%, oltre CA e IVA per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di Cassazione, Sezione Terza Civile, il 29 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 16 novembre 2020

 

 

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