Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25883 del 15/12/2016


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Cassazione civile, sez. II, 15/12/2016, (ud. 28/09/2016, dep.15/12/2016),  n. 25883

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BUCCIANTE Ettore – Presidente –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – rel. Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 17206-2012 proposto da:

G.L. e A.C. elettivamente domiciliati in ROMA,

VIALE DELLE MILIZIE 22, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO

FUSILLO, che la rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

C.G., B.G., elettivamente domiciliati

in ROMA, VIA ANCILLA MARIGHETTO 94 (TEL. 06.35497195), presso lo

studio dell’avvocato ALESSIO PICA, che li rappresenta e difende;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1858/2012 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 04/04/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

28/09/2016 dal Consigliere Dott. MIGLIUCCI EMILIO;

udito l’Avvocato FUSILLO Alessandro, difensore del ricorrente che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso, deposita due cartoline di

notifica del ricorso;

udito l’Avvocato PICA Alessio, difensore del resistente che ha

chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

AUGUSTINIS UMBERTO che ha concluso per l’accoglimento primo motivo

assorbiti i restanti motivi del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con sentenza dep. il 4 aprile 2012 la Corte di appello di Roma dichiarava estinto il giudizio relativo all’appello principale, proposto da G.L. e A.C. avverso la decisione di primo grado che, in accoglimento della domanda formulata nei loro confronti e nei confronti di S.M. e D.C. dagli attori B.G., C.G. e R.R., proprietari di unità abitative nell’immobile sito in (OMISSIS), aveva dichiarato la nullità degli atti di compravendita relativi ad alcuni appartamenti intervenuti fra i convenuti nella parte in cui avevano trasferito anche la proprietà esclusiva di un giardino, che invece era stato dichiarato di natura comune negli atti di compravendita in precedenza conclusi con essi attori.

La Corte, rilevata la nullità dell’atto di appello notificato al R. presso il difensore costituito anzichè personalmente – posto che il medesimo non si era costituito nel successivo corso del giudizio seguito alla riassunzione effettuata dopo la cancellazione della causa dal ruolo, rimanendo così contumace – ne disponeva la rinnovazione. I Giudici, quindi, ritenevano la nullità della rinnovazione, atteso che gli appellanti si erano limitati a notificare l’atto di appello, senza peraltro indicare la nuova data di udienza fissata, non assumendo rilevanza che in effetti l’ordine di rinnovo emesso dal Giudice non facesse menzione della data di udienza, trattandosi di un requisito previsto a pena di nullità dell’atto.

L’estinzione andava dichiarata di ufficio, trattandosi di litisconsorzio necessario.

2. – Avverso tale decisione propongono ricorso per cassazione G.L. e A.C. sulla base di cinque motivi.

Resistere con controricorso la B. e il C..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1. Il primo motivo denuncia l’erronea declaratoria di contumacia del R. nella fase del giudizio seguita alla riassunzione avvenuta per la cancellazione della causa dal ruolo, sostenendo che in tale ipotesi non troverebbero applicazione le norme in materia di interruzione per morte o perdita dalla capacità di una delle parti o del suo difensore.

1.2. Il motivo è infondato.

In primo luogo, la contumacia del convenuto risultava dalla sentenza del tribunale che, sotto tale profilo, non era stata censurata dal soggetto esclusivamente interessato a farla valere; peraltro, va considerata la portata generale di cui all’art. 125 disp. att. c.p.c., che contiene lo schema generale del procedimento di riassunzione con l’invito alla controparte a costituirsi nel termine di cui all’art. 166 c.p.c. (n. 5) e trova applicazione anche nel caso di interruzione prevista dall’art. 303 c.p.c. per effetto del richiamo in questo contenuto: la parte destinataria dell’atto di riassunzione ha l’onere di rinnovare la costituzione, pena la declaratoria di contumacia, anche in caso di precedente costituzione. Pertanto, correttamente la sentenza ha ritenuto che l’appello andava notificato alla persona dell’attore, che non si era costituito dopo la riassunzione del giudizio, essendo al riguardo necessario il deposito di comparsa di costituzione a mezzo difensore.

2. Il secondo motivo denuncia che, non trovando applicazione il testo

dell’art. 307 c.p.c., novellato dalla L. n. 69 del 2009, la estinzione non poteva essere rilevata di ufficio in assenza di tempestiva eccezione di parte, secondo quanto risultante dai verbali di causa.

3. Il terzo motivo denuncia che l’atto di rinnovazione aveva raggiunto lo scopo, essendo la notifica avvenuta a mani dell’effettivo destinatario e che comunque era stata la stessa Corte a dare causa alla ipotetica nullità, alla quale era quindi addebitabile.

4. Il quarto motivo denuncia che erroneamente era disposta la estinzione del giudizio ex art. 291 c.p.c., quando semmai si sarebbe dovuto disporre la inammissibilità del gravame ex art. 331 c.p.c., senza peraltro considerare che la integrazione vi era stata ma era incompleta per un errore addebitabile alla stessa Corte di appello. In ogni caso, la Corte avrebbe dovuto disporre la rinnovazione dell’atto ex art. 164 c.p.c..

5. Il quinto motivo denuncia la nullità della sentenza, non sussistendo comunque i presupposti per la integrazione del contraddittorio ovvero la mancata notifica dell’appello a uno dei litisconsorti. In ogni caso, erroneamente era stata ritenuta la mancanza della integrazione del contraddittorio, mentre si trattava di incompletezza dell’atto, trattandosi di nullità sanabile ex art. 164 c.p.c..

6. Vanno esaminati innanzitutto, per loro priorità logico – giuridica, il quarto e il quinto motivo che, stante la stretta connessione, sono da scrutinare congiuntamente.

Le censure sono, in parte, inammissibili e, in parte, infondate.

Nella specie si verteva in ipotesi di integrazione del contraddittorio dell’impugnazione nei confronti di un litisconsorte necessario, in relazione al quale il rapporto processuale non si era validamente instaurato – in tal caso il giudice d’ufficio deve dare l’ordine di cui all’art. 331 c.p.c., in considerazione degli effetti conservativi della impugnazione ritualmente notificata ad altro litisconsorte e tale natura aveva in sostanza il provvedimento di rinnovazione disposto dalla Corte: orbene, il ricorrente non ha interesse a sollevare la questione circa l’erroneo riferimento alla rinnovazione compiuto al riguardo dalla Corte, in quanto assolutamente priva di alcuna rilevanza ovvero di conseguenze più favorevoli per il ricorrente al fini dell’ esito finale del giudizio di gravame. Ed invero, nel termine assegnato per la rinnovazione, venne notificato un atto (l’appello), che era esso stesso affetto da nullità per un vizio intrinseco inerente alla vocatio in ius (ex art. 164 c.p.c.), attesa la omessa indicazione della udienza di comparizione: la mancanza di un requisito di legge prescritto per la valida formazione dell’atto rende del tutto irrilevante che nell’ordine di rinnovo non fosse stata menzionata la data di udienza, comunque stabilita dal Giudice. Ne consegue che il ricorrente, avendo proceduto alla notificazione di un atto affetto da nullità, non ebbe ad ottemperare all’ordine di integrazione nel termine perentorio e non prorogabile sancito dal Giudice, che non avrebbe potuto disporre la rinnovazione dell’atto ma correttamente dichiarare la inammissibilità del gravame ex art. 331 c.p.c..

7. Le considerazioni che precedono circa la inammissibilità dell’impugnazione per inottemperanza all’ordine di integrazione comportano l’assorbimento del secondo motivo.

3. Anche il terzo motivo va disatteso.

In primo luogo, va considerato che lo scopo della notificazione dell’atto introduttivo del giudizio o di quello di riassunzione (o prosecuzione) è raggiunto quando la parte, nonostante la nullità della notifica, si sia tempestivamente costituita, così mostrando di aver avuto conoscenza legale del processo e di essere in grado di apprestare la propria difesa senza incorrere in decadenze o preclusioni. Ne consegue che la (mera) notificazione dell’atto effettuata alla parte anzichè al difensore costituito non sana il vizio relativo al difetto di regolare costituzione del giudizio in primo grado, non potendosi ritenere avverata la conoscenza legale del processo secondo le modalità previste dal codice per l’esercizio del diritto di difesa (Cass. 28695/2013).

Nella specie in cui, come si è detto, si trattava piuttosto di nullità dell’atto e non della sua notificazione, la costituzione in giudizio della parte sarebbe stata necessaria per la sanatoria.

Il ricorso va rigettato.

Le spese della presente fase vanno poste in solido a carico dei ricorrenti, risultati soccombenti.

PQM

Rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti in solido al pagamento in favore dei resistenti costituiti delle spese relative alla presente fase che liquida in Euro 4.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi ed Euro 4.000,00 per onorari di avvocato oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 28 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 15 dicembre 2016

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