Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25879 del 23/09/2021

Cassazione civile sez. I, 23/09/2021, (ud. 20/04/2021, dep. 23/09/2021), n.25879

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18637/2020 proposto da:

N.B., elettivamente domiciliato in Roma, presso la

cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso

dall’avv. G. E. M. Savio, che lo rappresenta e difende per procura

in atti;

– ricorrente –

contro

Prefetto Provincia Brescia, Ministero Dell’interno, (OMISSIS),

Prefetto Provincia Brescia, elettivamente domiciliati in Roma Via

Dei Portoghesi 12 Avvocatura Generale Dello Stato, che li

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso il provvedimento n. 279/2019 del GIUDICE DI PACE di BRESCIA,

depositato il 30/12/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

20/04/2021 dal cons. Dott. SOLAINI LUCA.

 

Fatto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorrente, cittadino serbo, destinatario di un decreto di espulsione dal territorio nazionale emesso dal Prefetto di Brescia in data 25.7.19, proponeva ricorso avverso tale provvedimento dinanzi al Giudice di Pace del medesimo capoluogo di provincia.

II GdP emetteva provvedimento di rigetto del ricorso sostenendo la legittimità della procedura di espulsione, sulla base dei seguenti rilievi.

Preliminarmente, il GdP rileva che il viceprefetto era munito di delega a sottoscrivere l’atto impugnato e tale delega era indicata nel decreto di espulsione.

In primo luogo, ad avviso del medesimo giudicante, l’attestazione di conformità dell’atto era regolarmente apposta da pubblico impiegato in servizio presso l’ufficio immigrazione.

In secondo luogo, nessuna nullità poteva pronunciarsi in ordine alla notifica del provvedimento, atteso il raggiungimento dello scopo da parte della stessa.

In riferimento alla traduzione della copia del decreto di espulsione nella lingua “veicolare” e non nella specifica lingua conosciuta dallo straniero, premesso che l’attestazione dell’autorità che specifica le ragione dell’impossibilità a provvedere a tale traduzione è sufficiente – ad avviso del GdP – a rendere il decreto di espulsione immune da vizi di nullità, senza che il giudice del merito possa sindacare le scelte organizzative della p.a. a provvedere ad immediate traduzioni nella lingua dell’espellendo, il GdP ha accertato che lo straniero comprendeva la lingua italiana come risulterebbe dal verbale di identificazione e dal fatto di avere sottoscritto un mandato alle liti in italiano per proporre opposizione.

Infine, il GdP ha affermato che il provvedimento era stato emesso sulla base del fatto che il ricorrente era socialmente pericoloso (essendo stato condannato per reato di omicidio e possesso illegale di armi e dopo aver scontato la pena si era procurato un documento di identità rubato) né il soggetto era inespellibile, non essendo convivente con la moglie.

Contro il provvedimento del GdP, N.B. propone ricorso in cassazione sulla base di tre motivi, mentre, la Prefettura di Brescia si è costituita con controricorso.

Con un primo motivo, il ricorrente deduce la violazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 13, comma 7, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, perché erroneamente, il GdP non aveva dichiarato la nullità del provvedimento impugnato, in quanto tradotto in lingua inglese e non in lingua (OMISSIS).

Con un secondo motivo, il ricorrente prospetta il vizio di violazione di legge, in particolare, del D.P.R. n. 445 del 2001, art. 18 perché il GdP aveva ritenuto valido il decreto prefettizio notificato al ricorrente, benché fosse una mera fotocopia di una copia conforme all’originale. Con un terzo motivo, il ricorrente lamenta il vizio di violazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 13, comma 2, lett. c), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, perché il GdP aveva, erroneamente, ritenuto lo straniero pericoloso socialmente.

Il primo motivo è inammissibile in quanto il GdP ha ritenuto che il ricorrente conoscesse la lingua italiana in virtù di un accertamento di fatto basato sulle risultanze del verbale di identificazione e tale motivazione, di per sé sufficiente a giustificare il rigetto del motivo d’impugnazione, non è stata censurata adeguatamente come vizio di omesso esame di fatto decisivo (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) indicando quale fosse il reale contenuto del verbale di identificazione che era inadeguato ad attestare la conoscenza della lingua italiana che pure l’interessato aveva dichiarato di conoscere. Anche in riferimento al livello di conoscenza della lingua italiana era onere del ricorrente spiegare perché tale livello fosse insufficiente per comprendere il contenuto del decreto di espulsione indicando eventuali fatti decisivi che il giudice avesse trascurato di valorizzare.

Il secondo motivo è fondato in quanto, come ben argomentato dal ricorrente, a fronte di una impugnazione del decreto basata sulla consegna al destinatario di una copia del decreto di espulsione priva di attestazione di conformità all’originale, perché fotocopia di una copia conforme, il GdP ha motivato il rigetto con una motivazione incongrua e, quindi, apparente, ossia che qualunque pubblico ufficiale o impiegato dell’ufficio immigrazione può attestare la conformità del documento all’originale.

Il terzo motivo è fondato, in quanto, in caso di ricorso avverso il provvedimento di espulsione disposto ai sensi del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 13, comma 2, lett. c), il controllo giurisdizionale deve avere ad oggetto il riscontro dell’esistenza dei presupposti di appartenenza dello straniero ad una delle categorie di pericolosità sociale indicate nella L. n. 1423 del 1956, art. 1 così come sostituito dalla L. n. 327 del 1988, art. 2 ovvero nella L. n. 575 del 1965, art. 1 (cd. legge “antimafia”), come sostituito dalla L. n. 646 del 1982, art. 13 (riferimenti da intendersi ora relativi alle corrispondenti disposizioni approvate con D.Lgs. n. 159 del 2011). Nel compimento di tale riscontro, il GdP deve tenere conto del carattere oggettivo degli elementi che giustificano sospetti e presunzioni, dell’attualità della pericolosità, nonché della necessità di effettuare un esame globale della personalità del soggetto, quale risulta da tutte le manifestazioni sociali della sua vita (ex multis, Cass. 24084/2015). Nella specie, invece, il GdP non si è neppure posto il problema dell’inquadramento del ricorrente in una delle categorie di cui al D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 1 e dell’attualità dei presupposti di tale inquadramento, ma ha motivato esclusivamente sulla base della gravità del delitto commesso anni addietro.

In accoglimento del secondo e terzo motivo, dichiarato inammissibile il primo, la sentenza va cassata e la causa va rinviata al Giudice di Pace di Brescia, affinché, alla luce dei principi sopra esposti, riesamini il merito della controversia.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Accoglie il secondo e terzo motivo di ricorso, dichiara inammissibile il primo.

Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, al Giudice di Pace di Brescia, in persona di diverso magistrato.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 20 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 23 settembre 2021

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