Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25878 del 31/10/2017


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Cassazione civile, sez. II, 31/10/2017, (ud. 16/05/2017, dep.31/10/2017),  n. 25878

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIANCHINI Bruno – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28101-2013 proposto da:

C.D., (OMISSIS), C.A. (OMISSIS),

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA PIETRO DE CRISTOFARO 40,

presso lo studio dell’avvocato ANTONIO DI VINCENZO, rappresentati e

difesi dagli avvocati RAFFAELE TEODORO, MARCIANO MOSCARDINO;

– ricorrenti –

contro

C.D., (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA G.FERRARI 2/11 INT 4 SCALA B, presso lo studio dell’avvocato

MASSIMO TIRONE, rappresentata e difesa dall’avvocato GIUSEPPE

MARINELLI;

– controricorrente –

e contro

C.F., C.F.D.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 320/2012 della CORTE D’APPELLO di CAMPOBASSO,

depositata il 23/11/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

16/05/2017 dal Consigliere Dott. CHIARA BESSO MARCHEIS.

Fatto

PREMESSO CHE:

1. C.D., assumendo di essere proprietaria insieme al fratello F. e allo zio C.L.A. di un terreno, conveniva in giudizio quest’ultimo chiedendo di accertare l’abusività di alcune opere da questi poste in essere e la riduzione in pristino. Integrato il contraddittorio nei confronti di C.F. e nella contumacia di C.L.A. e di C.F. la domanda è stata accolta dal Tribunale.

2. I ricorrenti (eredi di C.L.A.) hanno impugnato la sentenza; la Corte d’appello di Campobasso, con sentenza del 23 novembre 2012, ha rigettato l’impugnazione.

3. C.A. e C.D. (nata nel (OMISSIS)) propongono ricorso per cassazione articolato in cinque motivi. L’originaria attrice C.D. (nata nel (OMISSIS)) resiste con controricorso e ha depositato, fuori termine, memoria.

Il Pubblico Ministero ha depositato le sue conclusioni scritte con cui chiede il rigetto del ricorso.

Gli intimati C.F. e C.F.D. non si sono difesi.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. I primi tre motivi del ricorso, già proposti e rigettati dalla Corte d’appello, denunciano “nullità sentenza e/o del procedimento”, il primo per violazione del principio del contraddittorio e del diritto di difesa, il secondo per avere la sentenza d’appello escluso la nullità dell’atto di citazione di primo grado il cui oggetto e le cui ragioni erano assolutamente indeterminate, il terzo (conseguenza del secondo) per non avere la Corte d’appello rilevato il vizio di ultrapetizione della sentenza di primo grado che ha deciso una domanda affetta da nullità.

I tre motivi non possono essere accolti.

Il primo perchè, come afferma la Corte d’appello, l’ordinanza di integrazione del contraddittorio non rientra nell’elenco degli atti, tassativamente indicati dall’art. 292 c.p.c., per i quali è prescritta la notificazione al contumace (cfr. Cass. n. 4440/2007), così che l’originario convenuto C.L.A. aveva diritto alla notificazione della comparsa di integrazione del contraddittorio solo ove questa avesse avanzato domande nei suoi confronti.

Il secondo motivo è inammissibile perchè, nel contestare il giudizio espresso dalla Corte d’appello con ampia e coerente motivazione di validità dell’atto di citazione di primo grado, chiede alla Corte di vagliare un’attività riservata al giudice del merito.

Il terzo motivo è assorbito dal rigetto del secondo, in quanto, essendo valido l’atto di citazione non è viziata di ultrapetizione la sentenza che accoglie il petitum richiesto dalla parte (nè sussiste la violazione dell’art. 2697 c.c., inserita all’interno di questo motivo, in relazione all’annotazione della Corte d’appello che C.D. non ha prodotto in appello il fascicolo di primo grado).

2. Il quarto motivo – che denuncia la violazione e/o falsa applicazione di molteplici disposizioni, gli artt. 100,101,102,112,115,180,183,191 e 194 c.p.c., artt. 1102,1350 e 2697 c.c. – si risolve in una sorta di ricapitolazione dei motivi precedenti e va dichiarato inammissibile.

3. Il quinto motivo lamenta omesso esame circa un fatto decisivo del giudizio nella parte in cui la sentenza impugnata ha escluso l’esistenza di un accordo o convenzione tra gli originari danti causa.

La doglianza non può essere accolta. Essa in realtà lamenta non il mancato esame di un fatto, ma la mancata qualificazione del fatto secondo la prospettazione dei ricorrenti, avendo la Corte d’appello (cfr. p. 20 del provvedimento) ritenuto che la “dedotta divisione bonaria, per spiegare l’efficacia giuridica nella specie invocata, andava redatta in forma scritta”.

4. Il ricorso va pertanto rigettato.

La liquidazione delle spese è effettuata, in dispositivo, sulla base della soccombenza.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna in solido i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio in favore della controricorrente che liquida in Euro 3.200 (per compensi), di cui Euro 200 per esborsi, oltre spese generali (15%) e accessori di legge.

Sussistono, D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, ex art. 13, comma 1 quater, i presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella adunanza camerale della sezione seconda civile, il 16 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2017

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