Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25874 del 31/10/2017
Cassazione civile, sez. II, 31/10/2017, (ud. 26/04/2017, dep.31/10/2017), n. 25874
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MATERA Lina – Presidente –
Dott. MANNA Felice – Consigliere –
Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –
Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –
Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 9595-2013 proposto da:
A.E., (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
LUCRINO 5, presso lo studio dell’avvocato ELLIANA LUSTRI’, che la
rappresenta difende;
– ricorrente –
contro
ITALPROGET s.n.c., c.f. (OMISSIS), in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
TRIONFALE 21, presso lo studio dell’avvocato EUGENIO MAURIZIO
CARPINELLI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato
VITTORIO BALZANI;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 984/2012 della CORTE D’APPELLO di ROMA,
depositata il 23/02/2012;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
26/04/2017 dal Consigliere Dott. CHIARA BESSO MARCHEIS.
Fatto
PREMESSO
CHE:
A.E. propone ricorso per cassazione contro la sentenza della Corte d’appello di Roma che, in parziale riforma della pronunzia del Tribunale di Velletri che aveva condannato la società Italproget al pagamento di 30.000 Euro a titolo di risarcimento del danno per non aver eseguito a regola d’arte lavori di ristrutturazione, ha riconosciuto il diritto di A. al solo risarcimento dei danni subiti ai motori dei frigoriferi, danni equitativamente determinati in 25.000 Euro, e ha rigettato l’appello incidentale di A. volto a ottenere un risarcimento del danno ulteriore a quello derivante dalla cattiva esecuzione delle opere.
La Italproget s.n.c. resiste con controricorso.
La ricorrente ha depositato memoria ex art. 380-bis c.p.c., comma 1.
Diritto
CONSIDERATO
CHE:
1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione dell’art. 1667,commi 2 e 3, e omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione.
I parametri invocati sono sia la violazione di legge che il vizio della motivazione, ma il motivo si sostanzia in una dettagliata critica alla ricostruzione in fatto seguita dalla Corte d’appello, ricostruzione in fatto di cui la Corte fornisce motivazione sufficiente e coerente, così che il motivo è infondato.
2. Il secondo motivo lamenta violazione o falsa applicazione degli artt. 1224 e 1223 c.c., nonchè omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione: la liquidazione del danno in via equitativa operata dalla Corte d’appello sarebbe censurabile a causa dell’incertezza del criterio utilizzato e della “palese sproporzione per difetto fra il danno subito e la liquidazione operata nella sentenza”.
La censura non è fondata. Secondo l’orientamento di questa Corte la valutazione equitativa del danno “non è censurabile in cassazione, sempre che i criteri seguiti siano enunciati in motivazione e non siano manifestamente incongrui rispetto al caso concreto o radicalmente contraddittori o macroscopicamente contrari a dati di comune esperienza, ovvero l’esito della loro applicazione risulti particolarmente sproporzionato per eccesso o per difetto” (così, da ultimo, Cass. 13153/2017). Nel caso di specie, la Corte d’appello ha enunciato i criteri ai quali si è attenuta (il tipo di attività esercitata, il lungo lasso di tempo trascorso dall’evento alla liquidazione), criteri che non sono manifestamente incongrui rispetto al caso concreto o radicalmente contraddittori o macroscopicamente contrari a dati di comune esperienza o la cui applicazione risulti particolarmente sproporzionata (date anche la considerazione dei risultati cui era giunto il consulente tecnico d’ufficio e la determinazione all’attualità dei danni, p. 5 del provvedimento impugnato).
3. Il ricorso va pertanto rigettato.
Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio in favore della controricorrente che liquida in Euro 3.700 per compensi, di cui Euro 200 per esborsi, oltre spese generali (15%) e accessori di legge.
Sussistono, D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, ex art. 13, comma 1 quater, i presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, nella adunanza camerale della sezione seconda civile, il 26 aprile 2017.
Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2017