Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25874 del 02/12/2011
Cassazione civile sez. I, 02/12/2011, (ud. 08/11/2011, dep. 02/12/2011), n.25874
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FIORETTI Francesco Maria – Presidente –
Dott. RORDORF Renato – Consigliere –
Dott. ZANICHELLI Vittorio – rel. Consigliere –
Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –
Dott. CULTRERA Maria Rosaria – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
G.N., con domicilio eletto in Roma, via Simon De
Saint Bon n. 61, presso l’Avv. Maurizio Discepolo, rappresentato e
difeso dall’Avv. Pistelli Massimo, come da procura in calce al
ricorso;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore,
rappresentato e difeso, per legge, dall’Avvocatura generale dello
Stato, e presso gli Uffici di questa domiciliato in Roma, Via dei
Portoghesi, n. 12;
– controricorrente –
per la cassazione del decreto della Corte d’appello di Ancona
depositato il 22 dicembre 2008.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
giorno 8 novembre 2011 dal Consigliere relatore Dott. Vittorio
Zanichelli;
sentite le richieste del P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. APICE Umberto che ha concluso per il rigetto del
ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
G.N. ricorre per cassazione nei confronti del decreto in epigrafe della Corte d’appello che ha respinto il suo ricorso con il quale è stata proposta domanda di riconoscimento dell’equa riparazione per violazione dei termini di ragionevole durata del processo penale svoltosi a suo carico in primo grado avanti al Tribunale di Ravenna e in secondo grado avanti la Corte d’appello di Bologna dal luglio 1998 al luglio 2007.
Resiste l’Amministrazione con controricorso.
Il Collegio ha disposto la redazione della motivazione in forma semplificata.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
L’unico motivo di ricorso con cui si censura l’impugnata decisione per avere la Corte d’appello escluso la sussistenza di un danno risarcibile in considerazione della consapevolezza del ricorrente, maturata presumibilmente prima del compimento del periodo di ragionevole durata del processo, che nel corso del giudizio di secondo grado si sarebbe compiuto il periodo utile per la prescrizione dell’addebito, nonchè del disinteresse dimostrato alla tempestiva definizione, non avendo il prevenuto rinunciato alla causa estintiva del reato, è manifestamente infondato, essendo principio già affermato in analoga fattispecie e al quale il Collegio intende dare continuità quello secondo cui “In tema di equa riparazione ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2 il danno non patrimoniale è conseguenza normale, ancorchè non automatica e necessaria, della violazione del diritto alla ragionevole durata del processo, di cui all’art. 6 della convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali: sicchè, pur dovendo escludersi la configurabilità di un danno non patrimoniale in re ipsa – ossia di un danno automaticamente e necessariamente insito nell’accertamento della violazione – il giudice, una volta accertata e determinata l’entità della violazione relativa alla durata ragionevole del processo secondo le norme della citata L. n. 89 del 2001, deve ritenere sussistente il danno non patrimoniale ogniqualvolta non ricorrano, nel caso concreto, circostanze particolari che facciano positivamente escludere che tale danno sia stato subito dal ricorrente. Ciò è ravvisabile quando il protrarsi del giudizio risponde ad un interesse della parte, o è comunque destinato a produrre conseguenze che questa percepisce a sè favorevoli, e sia quindi utile per la parte stessa, come nell’ipotesi (riscontrata nella specie) che il procedimento penale a carico del ricorrente si sia concluso con una declaratoria di estinzione per prescrizione, la cui impugnazione da parte dello stesso ricorrente non assume rilievo, avendo il giudice del merito correttamente collegato il vantaggio derivante dal ritardo nella trattazione del processo alla mancata rinuncia alla prescrizione” (Cassazione civile, sez. 1, 2 maggio 2006, n. 10124).
Il rigetto del ricorso comporta la condanna alle spese.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese processuali che liquida in Euro 900, oltre spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, il 8 novembre 2011.
Depositato in Cancelleria il 2 dicembre 2011