Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25873 del 31/10/2017


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Cassazione civile, sez. II, 31/10/2017, (ud. 30/03/2017, dep.31/10/2017),  n. 25873

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MATERA Lina – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 9353-2014 proposto da:

LA GRANGIA S.r.l., (Registro Imprese di Latina (OMISSIS)) in persona

del Presidente del Consiglio di Amministrazione e legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

PIAZZA DI SPAGNA 35, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI

PAOLETTI, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

ALMA GROUP S.r.l. in persona del legale rappresentante pro tempore;

– intimata –

avverso la sentenza n. 76/2013 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositata il 07/03/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

30/03/2017 dal Consigliere Dott. RAFFAELE SABATO;

udito l’Avvocato GIOVANNI PAOLETTI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PEPE Alessandro, che ha concluso per l’accoglimento del primo motivo

e per il rigetto del secondo motivo del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. L’Alma Group s.r.l. ha richiesto e ottenuto dal tribunale di Perugia un decreto ingiuntivo emesso il 7 maggio 2008, deducendo il mancato pagamento di un assegno emesso da La Grangia s.r.l. quale dazione effettuata al momento della stipula di un contratto di fornitura e posa in opera di un prefabbricato da erigersi in località (OMISSIS).

2. La Grangia s.r.l. con atto di citazione ha proposto opposizione. La società opposta si è costituita domandando il rigetto dell’opposizione.

3. Il tribunale di Perugia con sentenza pronunciata ex art. 281 sexies c.p.c. il 10 dicembre 2009 ha rigettato l’opposizione.

4. La Grangia s.r.l. ha proposto appello, sostenendo tra l’altro essere la dazione della somma portata dall’assegno un acconto e non una caparra per cui essa non poteva essere ritenuta in assenza di prova dell’inadempimento e del danno, nonchè essere male calcolati gli interessi, e la corte d’appello di Perugia, sulla resistenza dell’Alma Group s.r.l., con sentenza depositata il 7 marzo 2013 ha rigettato l’appello.

4.1. A sostegno della decisione, la corte territoriale ha evidenziato che, pur avendo la s.r.l. La Grangia in primo grado qualificato la dazione di Euro 65.000 come anticipo, correttamente il tribunale l’aveva reputata una caparra confirmatoria; in realtà la s.r.l. La Grangia aveva consegnato un assegno bancario, posto a fondamento del ricorso monitorio, e – benchè nel contratto non vi fosse alcun riferimento a una caparra confirmatoria – l’art. 4 della condizioni generali di vendita, ove si dichiara che “le rate… già pagate saranno acquisite dalla fornitrice a titolo di penale”, poteva interpretarsi nel senso di far ritenere la dazione come caparra.

4.2. La corte d’appello ha anche considerato legittima l’applicazione degli interessi D.Lgs. 9 ottobre 2002, n. 231, ex art. 5 in quanto applicabili su “tutti i rapporti commerciali esistenti tra gli operatori economici”.

5. Avverso l’indicata sentenza della corte d’appello di Perugia ha proposto ricorso per cassazione La Grangia s.r.l. sulla base di due motivi. L’Alma Group s.r.l. non ha svolto difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione o falsa applicazione dell’art. 1385 c.c., per avere la corte territoriale errato nel qualificare la dazione di titolo di credito oggetto di causa quale caparra, nonostante non sussistesse una pattuizione tra le parti in tal senso. Inoltre, la corte d’appello di Perugia avrebbe basato la sua decisione sull’art. 4 delle condizioni generali di vendita, senza che le parti lo avessero richiamato nelle loro difese, e ignorato la circostanza che sull’importo contestato era stata prevista l’applicazione dell’Iva, il che ne confermava la natura di acconto sul prezzo alla luce del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 6,comma 4 che assoggetta a Iva l’acconto e non la caparra.

2. Con il secondo motivo la società ricorrente lamenta la violazione o falsa applicazione del D.L. 9 ottobre 2002, n. 231, art. 5 (nel testo antecedente alle modifiche di cui al D.Lgs. 9 novembre 2012, n. 192) poichè la corte territoriale avrebbe errato nell’applicare gli interessi nella misura prevista da tale disposizione, avendo le parti stesse pattuito espressamente un distinto regime (cfr. la clausola per cui “in caso di ritardo nel pagamento faranno carico al committente, oltre alle spese per eventuali insoluti, gli interessi maturati sulle somme esigibili in ragione del tasso corrente di sconto + 3 punti”), consentito dal’art. 5 cit., regolatore degli interessi da corrispondere in caso di ritardo nei pagamenti.

3. Il ricorso è inammissibile. In difetto di attività defensionale della parte intimata, infatti, la parte ricorrente – che risulta avere richiesto la notificazione del ricorso all’Unep presso la corte d’appello di Roma in data 4/4/2014 (cfr. ricevuta di presentazione in atti), a ciò procedendosi mediante il servizio postale (cfr. ricevuta di spedizione in atti) – non ha però prodotto la ricevuta di ritorno relativa all’invio raccomandato.

3.1. Come chiarito in più occasioni (cfr. ad es. Cass. n. 13639 del 04/06/2010 e n. 16574 del 21/07/2014) la notifica a mezzo del servizio postale non si esaurisce con la spedizione dell’atto, ma si perfeziona con la consegna del relativo plico al destinatario e l’avviso di ricevimento prescritto dall’art. 149 c.p.c. è il solo documento idoneo a provare sia l’intervenuta consegna, sia la data di essa, sia l’identità della persona a mani della quale è stata eseguita; ne consegue che, ove tale mezzo sia stato adottato per la notifica del ricorso per cassazione, la mancata produzione dell’avviso di ricevimento comporta non la mera nullità, bensì l’inesistenza della notificazione (della quale, pertanto, non può essere disposta la rinnovazione ai sensi dell’art. 291 c.p.c.) e la dichiarazione di inammissibilità del ricorso medesimo.

3.2. La prova dell’avvenuto perfezionamento della notifica dell’atto introduttivo, ai fini della sua ammissibilità, deve essere data, tramite la produzione dell’avviso di ricevimento, prima della relazione, entro l’udienza di discussione, che non può essere rinviata per consentire all’impugnante di provvedere a tale deposito.

Come precisato (v. ad es. Cass. n. 19623 del 01/10/2015) è data la sola possibilità che il ricorrente ottenga la rimessione in termini, offrendo la prova documentale di essersi tempestivamente attivato nel richiedere all’amministrazione postale, a norma della L. 20 novembre 1982, n. 890, art. 6, comma 1, un duplicato dell’avviso stesso.

Anche ciò non si è avuto nel caso di specie.

4. Non deve provvedersi sulle spese, non avendo la parte intimata svolto difese. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater si deve dar atto del sussistere dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo pari al contributo unificato dovuto per il ricorso a norma dell’art. 13 cit, comma 1 bis.

PQM

La corte dichiara inammissibile il ricorso; ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto del sussistere dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo pari al contributo unificato dovuto per il ricorso a norma dell’art. 13 cit., comma 1 bis.

Si dà atto che il presente procedimento è stato scrutinato con la collaborazione dell’assistente di studio Dott. C.D..

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione Seconda civile, il 30 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2017

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