Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25873 del 16/11/2020

Cassazione civile sez. III, 16/11/2020, (ud. 16/09/2020, dep. 16/11/2020), n.25873

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. OLIVIERI Stefano – rel. Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27508-2018 proposto da:

POSTE ITALIANE SPA, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIALE EUROPA 190, presso lo studio dell’avvocato DORA DE ROSE, che

lo rappresenta difende unitamente all’avvocato MARIA DANIELA MURGIA;

– ricorrente –

contro

UNIPOLSAI ASSICURAZIONI SPA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

ANTONIO BERTOLONI 55, presso lo studio dell’avvocato CRISTIANO

CASTROGIOVANNI, rappresentato e difeso dall’avvocato PATRIZIA

FRANCESCA CICERO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3525/2018 del TRIBUNALE di ROMA, depositata il

17/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

16/09/2020 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVIERI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

In attuazione del contratto di servizio liquidazione sinistri, stipulato da Compagnia di Assicurazione MILANO s.p.a. (attuale UNIPOL SAI Ass.ni s.p.a.) con Banca SAI s.p.a., la prima emetteva sul relativo conto bancario assegno con clausola “non trasferibile” – per l’importo di Euro 2.750,00 – a favore di B.N.. L’assegno, spedito mediante posta ordinaria, veniva negoziato presso l’ufficio postale di Teramo da soggetto che apponeva la firma corrispondente a tale nominativo “per traenza e quietanza”, rivelatasi poi falsa, non avendo l’effettivo ordinatario ( B.N., nato a (OMISSIS) e residente in (OMISSIS)) mai ricevuto tale assegno e non avendo, pertanto, apposto su di esso alcuna sottoscrizione, come risultava dalla denuncia del fatto-reato alla autorità competente.

La domanda di condanna al risarcimento del danno, proposta dalla società assicurativa – che era stata costretta ad effettuare nuovamente il pagamento a favore dell’effettivo ordinatario – nei confronti di POSTE Italiane s.p.a., veniva ritenuta fondata da entrambi i Giudici di merito.

Confermando la decisione del Giudice di Pace di Roma, in data 14.4.2014 n. 5874, il Tribunale di Roma, con sentenza 17.2.2018 n. 3525, rilevava che l’evento dannoso era imputabile in via esclusiva alla condotta negligente di POSTE Italiane s.p.a., non avendo la stessa, quale banca girataria per l’incasso, correttamente identificato il soggetto beneficiario, così avendo esposto la società assicurativa alla responsabilità prevista dal R.D. n. 1736 del 1933, art. 43 che disponeva una disciplina speciale in deroga all’effetto liberatorio del pagamento previsto tanto dall’art. 1992 c.c., relativamente ai titoli a legittimazione variabile, quanto dell’art. 1189 c.c., in relazione all’adempimento in buona fede al creditore apparente. Nella specie POSTE aveva omesso di fornire la prova liberatoria della non imputabilità dell’inadempimento ex art. 1218 c.c., non avendo dimostrato di aver svolto ulteriori accertamenti per la identificazione, atteso che il beneficiario sconosciuto in precedenza a POSTE -, era stato identificato solo tramite carta di identità rilasciata dal Comune di (OMISSIS) da cui, peraltro, risultava un luogo di nascita extraregionale ((OMISSIS)), e tramite il numero di codice fiscale, che non risultava, tuttavia, validato da attestazione della Agenzia delle Entrate. Alcuna incidenza causale, neppure concorrente, andava, invece, riconosciuta alla spedizione postale dell’assegno bancario, in quanto: 1- la ricezione o meno dell’assegno da parte dell’effettivo ordinatario, si palesava del tutto indifferente rispetto alla autonoma vicenda del pagamento eseguito a soggetto non correttamente identificato; 2- il D.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, artt. 83 e 84 che facevano divieto di inserire “oggetti preziosi e carte di valore” nella corrispondenza ordinaria, dettavano una disciplina applicabile soltanto ai rapporti tra l’ente postale e gli utenti del servizio.

La sentenza di appello è stata impugnata per cassazione da POSTE Italiane s.p.a. con due motivi.

Resiste con controricorso UNIPOLSAI Assicurazioni s.p.a.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la ricorrente POSTE censura la sentenza impugnata per vizio di violazione e falsa applicazione dell’art. 1176 c.c., commi 1 e 2, in relazione all’art. 1992 c.c., comma 2, (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3).

La ricorrente deduce che la verifica della corrispondenza del soggetto presentatore dell’assegno con l’effettivo beneficiario, bene può ritenersi compiuta attraverso l’acquisizione di copia di un valido documento di identità (nella specie la Carta di identità), come previsto dal D.P.R. n. 445 del 2000, artt. 1 e 35 e dal D.Lgs. n. 231 del 2017, art. 19 (che richiede all’intermediario finanziario di individuare “mediante un documento di identità non scaduto” la identità del cliente, prima di intrattenere con lo stesso un rapporto continuativo). Aggiunge che il pagamento eseguito al soggetto munito di legittimazione cartolare ha effetto liberatorio, anche se risulti essere persona diversa dal titolare effettivo, qualora detto pagamento sia avvenuto senza dolo o colpa da parte della banca trattaria o girataria per l’incasso.

Il motivo deve ritenersi ammissibile, superando la eccezione ex art. 360 bis c.p.c., n. 1) formulata dalla controricorrente, alla stregua del recente intervento di questa Corte cass. Sez. U -, Sentenza n. 12477 del 21/05/2018 che, risolvendo il contrasto formatosi tra l’indirizzo giurisprudenziale che riconosce alla disposizione della L. n. 1736 del 1933, art. 43, comma 2 (“colui che paga un assegno non trasferibile a persona diversa dal prenditore o dal banchiere giratario per l’incasso risponde del pagamento”) carattere derogatorio all’effetto liberatorio del pagamento previsto, sia dalla disciplina di circolazione del titolo di credito a legittimazione variabile ex art. 1992 c.c., comma 2, sia dalla disciplina ordinaria della responsabilità per inadempimento, esclusa dall’art. 1189 c.c. nel caso di pagamento in buona fede al creditore apparente (cfr. Corte cass. Sez. 1, Sentenza n. 3133 del 07/10/1958; id. Sez. 1, Sentenza n. 1098 del 09/02/1999; id. Sez. 1, Sentenza n. 3654 del 12/03/2003; id. Sez. 1, Sentenza n. 18543 del 25/08/2006; id. Sez. 1, Sentenza n. 7949 del 31/03/2010; id. Sez. 3, Sentenza n. 22816 del 10/11/2010; id. Sez. 3, Sentenza n. 18183 del 25/08/2014 ed id. Sez. 1, Sentenza n. 3405 del 22/02/2016; id. Sez. 1, Sentenza n. 14777 del 19/07/2016; id. Corte Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 4381 del 21/02/2017), ed il diverso filone giurisprudenziale, secondo cui la disciplina della responsabilità per l’inadempimento della banca negoziatrice o girataria per l’incasso non diverge da quella comune ex artt. 1176,1189 e 1218 c.c. (cfr. Corte cass. Sez. 1, Sentenza n. 2360 del 09/07/1968; id. Sez. 1, Sentenza n. 3317 del 05/07/1978; id. Sez. 1, Sentenza n. 686 del 25/01/1983; id. Sez. 1, Sentenza n. 9888 del 11/10/1997; id. Sez. 1, Sentenza n. 1377 del 26/01/2016), ha ritenuto di condividere le soluzioni espresse da quest’ultimo orientamento, in quanto ritenuto maggiormente conforme alla natura di “tipo contrattuale” della responsabilità ascrivibile alla banca anche in relazione alla violazione del dovere di previa identificazione del soggetto destinatario del pagamento dell’assegno non trasferibile.

Le Sezioni Unite, richiamandosi al principio secondo cui “la responsabilità della banca negoziatrice per avere consentito, in violazione delle specifiche regole poste dalla Legge Assegni, art. 43 (R.D. 21 dicembre 1933, n. 1736), l’incasso di un assegno bancario, di traenza o circolare, munito di clausola di non trasferibilità, a persona diversa dal beneficiario del titolo, ha – nei confronti di tutti i soggetti nel cui interesse quelle regole sono dettate e che, per la violazione di esse, abbiano sofferto un danno – natura contrattuale, avendo la banca un obbligo professionale di protezione (obbligo preesistente, specifico e volontariamente assunto), operante nei confronti di tutti i soggetti interessati al buon fine della sottostante operazione, di far sì che il titolo stesso sia introdotto nel circuito di pagamento bancario in conformità alle regole che ne presidiano la circolazione e l’incasso (cfr. Corte cass. Sez. U, Sentenza n. 14712 del 26/06/2007; id. Sez. 3, Sentenza n. 7618 del 30/03/2010; id. Sez. 3, Sentenza n. 10534 del 22/05/2015), hanno, infatti, inteso ricondurre “la responsabilità della banca negoziatrice nell’alveo di quella contrattuale derivante da contatto qualificato inteso come fatto idoneo a produrre obbligazioni ex art. 1173 c.c. e dal quale derivano i doveri di correttezza e buona fede enucleati dagli artt. 1175 e 1375 c.c.”, traendone, quindi, la conclusione che “non appare più sostenibile la tesi secondo cui detta banca risponde del pagamento dell’assegno non trasferibile effettuato in favore di chi non è legittimato “a prescindere dalla sussistenza dell’elemento della colpa nell’errore sull’identificazione del prenditore”. Una responsabilità oggettiva può infatti concepirsi solo laddove difetti un rapporto in senso lato “contrattuale” fra danneggiante e danneggiato, ed il primo sia chiamato a rispondere del fatto dannoso nei confronti del secondo non per essere con questi entrato in contatto, ma in ragione della particolare posizione rivestita o della relazione che lo lega alla res causativa del danno”.

Da tali premesse le Sezioni Unite hanno enunciato il seguente principio di diritto, così massimato dal CED della Corte: “Ai sensi del R.D. n. 1736 del 1933, art. 43, comma 2 (c.d. Legge Assegni), la banca negoziatrice chiamata a rispondere del danno derivato – per errore nell’identificazione del legittimo portatore del titolo – dal pagamento dell’assegno bancario, di traenza o circolare, munito di clausola non trasferibilità a persona diversa dall’effettivo beneficiario, è ammessa a provare che l’inadempimento non le è imputabile, per aver essa assolto alla propria obbligazione con la diligenza richiesta dall’art. 1176 c.c., comma 2”.

L’intervento delle Sezioni Unite rende, dunque, pienamente ammissibile diversamente da quanto sostenuto dalla controricorrente – l’accesso al sindacato di legittimità della censura rivolta ad investire la “ratio decidendi” della sentenza di appello (cfr. in motivazione, pag. 11-12) che, richiamandosi all’indirizzo giurisprudenziale (Corte cass. I Sez. n. 3405/2016) secondo cui la banca trattaria rimane vincolata al pagamento al titolare cartolare effettivo “a prescindere dalla sussistenza dell’elemento della colpa nell’errore sull’identificazione di quest’ultimo”, ha statuito – in difformità dal principio enunciato dalla sentenza a Sezioni Unite n. 12477/2018 – che dovevano ritenersi “ininfluenti” le allegazioni di POSTE “circa l’esplicazione della propria condotta diligente”.

Il motivo di ricorso in esame, pure ammissibile ed astrattamente fondato rispetto alla predetta “ratio decidendi”, non è, tuttavia, idoneo a pervenire alla cassazione della sentenza impugnata, evidenziando un diverso profilo di inammissibilità della medesima censura rivolta all’altra autonoma “ratio decidendi”, individuabile nella motivazione, sufficiente a sorreggere “ex se” la pronuncia di rigetto dell’appello proposto da POSTE.

Il Giudice di appello, richiamando in motivazione “anche” il differente orientamento giurisprudenziale che ravvisa nella omessa od errata identificazione del prenditore, da parte della banca trattaria o girataria per l’incasso, una responsabilità di tipo contrattuale derivante dal contatto sociale qualificato (introdotto da Corte cass. Sez. U, Sentenza n. 14712 del 26/06/2007 e condiviso dalle Sezioni Unite n. 12477/2018: orientamento che, valorizzando l’elemento soggettivo della colpa della banca, ai fini dell’accertamento della responsabilità per il pagamento dell’assegno al titolare apparente, si pone in relazione antinomica rispetto a quello cui lo stesso Giudice di appello si era inteso conformare adottando la precedente “ratio decidendi”), ha, infatti, valutato nel merito anche la sussistenza in concreto del colpevole difetto di diligenza di POSTE, ex art. 1176 c.c., comma 2, per mancato apprestamento delle dovute cautele, affermando che le indagini espletate dall’ufficio postale all’atto della presentazione del titolo non potevano ritenersi adeguate, in quanto: 1- il soggetto presentatosi all’incasso al nome di B.N. non era conosciuto da POSTE come proprio cliente; 2- la validità della tessera riportante il codice fiscale non risultava rilevata, nè attestata dall’Agenzia delle Entrate; 3- la mancata attivazione da parte di banca SAI s.p.a. della procedura interbancaria “check truncation”, non rivestiva alcuna incidenza sul dovere di accertamento identificativo del presentatore del titolo, di competenza esclusiva della banca girataria per l’incasso.

Orbene osserva il Collegio che la censura prospettata con il primo motivo di ricorso, nella parte in cui deduce la inadeguatezza dell’accertamento di merito in ordine al difetto di diligenza compiuto dal Tribunale, si palesa inammissibile in quanto, sotto l’apparente deduzione del vizio di “error in judicando”, sottende invece la richiesta di una revisione integrale dell’apprezzamento di merito compiuto in ordine ai fatti di inadempimento dal Giudice di appello, che è insindacabile in sede di legittimità, salva la ipotesi che non ricorre nella specie – del vizio di “errore di fatto” deducibile nei soli limiti consentiti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 nel testo riformato dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54 conv. in L. n. 134 del 2012, secondo la interpretazione che della norma processuale è stata fornita da questa Corte (cfr. Corte cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014; id. Sez. U, Sentenza n. 19881 del 22/09/2014; id. Sez. 3, Sentenza n. 11892 del 10/06/2016), non assumendo rilievo – in contrario – al fine di ricondurre la censura nell’alveo del paradigma normativo dell'”error juris”, la allegata inesistenza di specifici obblighi normativi volti ad imporre ulteriori accertamenti a POSTE Italiane s.p.a., atteso che il Giudice di appello non ha fatto applicazione al rapporto controverso di norme di diritto inesistenti, ma ha piuttosto operato un giudizio di adeguatezza della “misura della diligenza” esigibile in concreto dal soggetto che opera nel circuito bancario, indicando quali ulteriori particolari accorgimenti e cautele nel caso di specie – POSTE avrebbe potuto e dovuto adottare per identificare correttamente il presentatore del titolo (riconoscimento del prenditore attraverso il controllo di un altro documento di identità o attraverso fotografia o ancora conoscenza diretta di altra persona nota all’ufficio postale; ulteriori verifiche di elementi circostanziali inducenti a sospetto, quali la distanza tra il luogo di traenza e quello di incasso e tra il luogo di rilascio del documento identificativo e quello di residenza del presentatore).

Con il secondo motivo POSTE censura la sentenza impugnata per vizio di violazione e falsa applicazione dell’art. 1227 c.c., commi 1 e 2 (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3).

Deduce la ricorrente che il Tribunale avrebbe fatto scorretta applicazione dei principi in materia di regolarità causale dei fatti materiali, escludendo rilevanza di antecedente causale concorrente alla modalità di spedizione dell’assegno per “posta ordinaria” anzichè, come richiesto dal D.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, art. 83 mediante “posta assicurata”, essendo notorio che la corrispondenza ordinarla, non consentendo alcuna tracciabilità, impedisce ogni controllo sull’eventuale smarrimento o sottrazione del plico. Secondo la ricorrente la mancata accortezza del soggetto che ha spedito per posta ordinaria un assegno bancario, pone le premesse causali della accettazione del rischio della possibile illecita sottrazione e riutilizzo del titolo da parte dell’autore del reato mediante artificiosa costituzione dell’apparente identità del legittimo prenditore.

Il motivo è fondato.

Il Tribunale si è limitato sul punto ad affermare la “irrilevanza”, ai fini della verifica del concorso causale del danneggiato ex art. 1227 c.c., comma 1, della “trasmissione dell’assegno bancario tramite vettore, con posta ordinaria e non assicurata”, ritenendo non provata la incidenza causale, di detta modalità di spedizione dell’assegno, in relazione all'”eventus damni” (cfr. in motivazione pag. 12-13), richiamandosi ad alcuni precedenti giurisprudenziali che avevano escluso di poter fondare la corresponsabilità del traente per inosservanza della disciplina normativa di cui al D.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, artt. 83 ed 84 che vietava di includere nella corrispondenza ordinaria “denaro, oggetti preziosi e carte di valore”, divieto poi esteso a qualsiasi tipo di valore dal D.M. 9 aprile 2001, art. 6 e prescriveva invece di utilizzare la diversa modalità di spedizione tramite “posta assicurata” (cfr. Corte cass. Sez. 3, Sentenza n. 7618 del 30/03/2010; id. Sez. 6 – 1, Sentenza n. 23460 del 04/11/2014), rilevando che tale disciplina normativa era “attinente ai soli rapporti tra l’ente postale e gli utenti del medesimo”.

Anche tale indirizzo deve ormai ritenersi recessivo rispetto alla soluzione adottata dal recente arresto di Corte cass. Sez. U – Sentenza n. 9769 del 26/05/2020 che, seguendo il solco tracciato dal precedente di Corte cass. Sez. U, Sentenza n. 24406 del 21/11/2011, ha ribadito che la “colpa” del danneggiato ex art. 1227 c.c., comma 1, non è un criterio di imputazione della responsabilità, ma un criterio di selezione dei vari possibili comportamenti eziologicamente idonei alla produzione dell’evento dannoso (in quanto tali, se ritualmente allegati, ricadenti nell’ambito della cognizione del rapporto sottoposto al Giudice e da questi verificabili ex officio), rispondente al principio “che esclude di considerare danno risarcibile quello che ciascuno procura a se stesso”; sicchè, dovendosi ravvisare una medesima rilevanza causale, tanto nella condotta omissiva del danneggiato tenuto da specifica norma di legge ad impedire un evento, quanto nella inerzia dello stesso danneggiato di fronte ad “una specifica situazione che esiga una determinata attività a tutela di un diritto altrui” (venendo in questo caso a fondarsi l’obbligo di attivazione, secondo i comuni principi di diligenza, nel generale “principio solidaristico” dell’art. 2 Cost., che trova specificazione nel dovere di comportarsi secondo correttezza: art. 1175 c.c.), ne segue che la condotta del danneggiato il quale, come nel caso di specie, disattende le indicazioni desumibili dalla disciplina normativa – sia pure non integranti un obbligo imposto dalla legge specificamente a tutela dei terzi, in quanto rivolte al rapporto tra utente e POSTE – che regola le modalità di impiego dei diversi servizi postali, utilizzandoli in modo diverso dalle rispettive funzionalità e scopi (desunte dal D.M. 26 febbraio 2004 e dal D.P.R. 29 maggio 1982, n. 655: rispetto alla “corrispondenza ordinaria”, la “posta raccomandata” consente al mittente di ottenere una certificazione dell’avvenuta spedizione e ricezione; la “posta assicurata” consente al mittente di garantirsi dalla perdita del contenuto della spedizione, e di controllare e tracciare tutte le fasi della trasmissione), comporta la volontaria esposizione ad un maggiore rischio di incertezza in ordine al risultato finale di garantire al destinatario il possesso materiale del titolo di credito, incertezza determinata dalla voluta trascuratezza dei mezzi, pure disponibili, volti proprio a garantire tale risultato. La scelta compiuta dal danneggiato, in tal modo, non viene in rilievo come oggetto di valutazione di riprovevolezza secondo gli ordinari criteri di accertamento della colpa per violazione di obblighi di condotta nelle relazioni intrattenute con i terzi, ma viene, invece, in considerazione in relazione al risultato di tale scelta, e cioè al dato obiettivo del “mezzo” prescelto per la consegna dell’assegno, quale “fatto materiale” che viene ad inserirsi nel normale processo evolutivo della serie causale, costituendo uno degli antecedenti causativi dell’evento dannoso, ossia dell’illecito perpetrato con l’utilizzo del titolo, tramite la creazione dell’apparente legittimazione nel possessore ed il pagamento eseguito dalla banca al titolare apparente. Come è stato evidenziato nella sentenza delle Sezioni Unite n. 9769/2020: “Il possesso del documento rappresenta infatti una condizione essenziale per l’esercizio del diritto in esso incorporato, allo stesso modo della qualità di prenditore di colui che presenta il titolo all’incasso: qualora pertanto la sottrazione sia stata cagionata o comunque agevolata dall’adozione di modalità di trasmissione inidonee a garantire, per quanto possibile, che l’assegno pervenga al destinatario, non può dubitarsi che la scelta delle predette modalità costituisca, al pari dell’errore nell’identificazione del presentatore, un antecedente necessario dell’evento dannoso, che rispetto ad esso non si presenta come una conseguenza affatto inverosimile o imprevedibile. Ciò comporta, nel caso in cui il servizio di posta ordinaria venga utilizzato per la spedizione di un assegno, l’assunzione da parte del mittente di un evidente rischio, consistente nella sottrazione del titolo e nella sua presentazione all’incasso da parte di un soggetto non legittimato, che lo espone all’obbligo di effettuare un nuovo pagamento in favore del beneficiario rimasto insoddisfatto, impedendogli nel contempo di rivalersi nei confronti della banca trattaria o negoziatrice, ove la stessa abbia incolpevolmente provveduto al pagamento dell’assegno. Si tratta di un rischio non solo ingiustificato, avuto riguardo al valore economico dell’oggetto spedito ed alla possibilità di avvalersi di forme di corrispondenza che offrono adeguate garanzie (oltre che di strumenti di pagamento più sicuri), ma idoneo anche ad accrescere la probabilità di pagamenti a soggetti non legittimati, e quindi a comportare un aggravamento della posizione della banca trattaria o negoziatrice, maggiormente esposta alla possibilità di andare incontro a responsabilità, e quindi costretta a munirsi di strumenti tecnici sempre più sofisticati e costosi per l’identificazione dei presentatori ed il contrasto dell’uso di documenti falsificati. In quest’ottica, pertanto, l’utilizzazione della posta ordinaria si pone in contrasto non solo con le regole di comune prudenza, le quali suggerirebbero di avvalersi di modalità di trasmissione più idonee ad assicurare il controllo sul buon esito della spedizione, ma anche con il dovere di agire in modo da preservare gl’interessi di tutti i soggetti coinvolti nella vicenda, ove ciò non comporti un apprezzabile sacrificio a proprio carico, e ciò in ossequio al principio solidaristico di cui all’art. 2 Cost., che a livello di legislazione ordinaria trova espressione proprio nella regola di cui all’art. 1227 c.c., operante sia in materia extracontrattuale, in virtù nell’espresso richiamo di tale disposizione da parte dell’art. 2056 c.c., sia in materia contrattuale, come riflesso dell’obbligo di comportarsi secondo correttezza e buona fede, previsto dall’art. 1175 c.c. in riferimento sia alla formazione che all’interpretazione e all’esecuzione del contratto (cfr. Cass., Sez. Un., 21/11/2011, n. 24406; Cass., Sez. III, 26/05/2014, n. 11698; 5/03/2009, n. 5348)

Tali principi, condivisi dal Collegio, non sono stati tenuti in considerazione dal Giudice di appello, essendo sopravvenuta alla decisione impugnata la pronuncia delle Sezioni Unite che ha risolto il conflitto giurisprudenziale.

La sentenza impugnata deve, in conseguenza, essere cassata “in parte qua”, e la causa rinviata al Giudice di appello affinchè, attenendosi ai principi enunciati dalle Sezioni Unite n. 9769/2020, provveda a nuovo accertamento in ordine all’eventuale concorso causale della condotta del danneggiato ex art. 1227 c.c., comma 1.

P.Q.M.

accoglie il secondo motivo di ricorso; dichiara inammissibile il primo motivo di ricorso; cassa la sentenza in relazione al motivo accolto; rinvia al Tribunale di Roma, in grado di appello, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 16 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 16 novembre 2020

 

 

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