Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25871 del 31/10/2017


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Cassazione civile, sez. I, 31/10/2017, (ud. 09/05/2017, dep.31/10/2017),  n. 25871

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – D.M. ha proposto ricorso per revocazione ex art. 391 bis c.p.c., nei confronti di G.M.L., contro la sentenza n. 9194 del 2015 con cui questa Corte, decidendo sull’impugnazione per cassazione da lui proposta, ha dichiarato inammissibili i primi tre motivi, accolto il quarto, quinto e sesto nei limiti indicati in motivazione, assorbiti gli altri, del ricorso proposto, nei confronti della stessa G., contro la sentenza della Corte d’appello di Salerno del 3 settembre 2013 che aveva respinto il suo appello contro una precedente sentenza resa tra le parti dal Tribunale della stessa città.

G.M.L. ha resistito all’impugnazione con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

2. – Il ricorso contiene un solo motivo, con il quale il D. ha lamentato che la Corte di cassazione, con la sentenza impugnata per revocazione, nello scrutinare i primi tre motivi di ricorso per cassazione, volti a censurare la pronuncia di merito nella parte in cui aveva disatteso una richiesta di prova testimoniale, avesse dichiarato le censure inammissibili perchè non autosufficienti, per mancata trascrizione del testo dei capitoli di prova.

Sostiene infatti il ricorrente che i capitoli di prova erano stati trascritti alle pagine 8 e 9 del ricorso.

3. – Il ricorso è inammissibile.

E’ vero che i quattro capitoli di prova in discorso sono debitamente trascritti alle pagine 8-9 dell’originario ricorso per cassazione.

Ma è altrettanto vero che l’errore di fatto – in questo caso l’errore sul fatto processuale di cui il D. si è lamentato – può essere denunciato con ricorso per revocazione, ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 4, richiamato dall’art. 391 bis c.p.c., solo se la sentenza è l’effetto dell’errore di fatto e, cioè, se l’errore è decisivo.

L’errore di fatto idoneo a legittimare la revocazione, cioè, non soltanto deve essere la conseguenza di una falsa percezione di quanto emerge direttamente dagli atti, concretatasi in una svista materiale o in un errore di percezione, ma deve anche avere carattere decisivo, nel senso di costituire il motivo essenziale e determinante della pronuncia impugnata per revocazione (Cass. 14 novembre 2014, n. 24334).

Va da sè che, in tema di revocazione delle sentenze della Corte di cassazione per errore di fatto, nel caso in cui la declaratoria di inammissibilità si regga su due autonome rationes decidendi, una sola delle quali revocabile perchè viziata da errore percettivo, la permanenza della seconda comporta il venir meno del requisito indispensabile della decisività dell’errore revocatorio, ossia dell’idoneità a travolgere la ragione giuridica sulla quale si regge la sentenza impugnata, che, ex art. 395 c.p.c., n. 4, è richiamato dall’art. 391-bis c.p.c., per la revocazione delle sentenze della Cassazione (Cass. 25 marzo 2013, n. 7413).

Nel caso in esame, questa Corte, con la sentenza impugnata, dopo aver ritenuto i primi due motivi inammissibili per difetto di autosufficienza, non essendo stati riprodotti i capitoli di prova orale, ha aggiunto che “la Corte (ossia la Corte d’appello che aveva pronunciato la sentenza impugnata per cassazione: n.d.r.) ha ritenuto non provata la circostanza di fatto che costituisce l’antecedente logico causale del riscontro della volontà delle parti, ovvero l’accertamento dell’intervenuta dazione del denaro sufficiente all’acquisto immobiliare”.

Quanto in particolare al terzo motivo dell’originario ricorso, dopo aver richiamato in punto di ammissibilità le ragioni già esposte nell’esame delle precedenti censure, la Corte di Cassazione ha aggiunto che “la valutazione della Corte d’appello in ordine ai capitoli di prova orale si fonda sulla genericità dell’articolazione dei fatti e sulla loro conseguente mancanza di rilevanza”.

La reiezione dei motivi concernenti la mancata ammissione della prova testimoniale, dunque, poggia all’evidenza un argomento ulteriore rispetto alla constatazione (effettivamente erronea) della mancata riproduzione del contenuto dei capitoli: ossia sul rilievo che detta prova orale era stata giudicata dalla Corte d’appello generica e non rilevante; sicchè tale argomento è di per sè idoneo a sostenere la decisione assunta, con l’ulteriore conseguenza, conforme ai principi poc’anzi rammentati, dell’impugnazione per revocazione così proposta.

4. – Le spese seguono la soccombenza.

PQM

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso, in favore della controricorrente, delle spese sostenute per questo giudizio di revocazione, liquidate in complessivi Euro 5200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dichiara che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 9 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2017

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