Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25862 del 18/11/2013
Civile Sent. Sez. 3 Num. 25862 Anno 2013
Presidente: RUSSO LIBERTINO ALBERTO
Relatore: BARRECA GIUSEPPINA LUCIANA
SENTENZA
sul ricorso 31577-2007 proposto da:
CAMPI
GIUSEPPE
CMPGPP24C10A281U,
elettivamente
domiciliato in ROMA, CORSO VITTORIO EMANUELE II 269,
presso lo studio dell’avvocato VACCARELLA ROMANO, che
lo rappresenta e difende giusta delega in atti;
– ricorrente 2013
1862
contro
BARBIERI ANTONIO BRBNTN61D22A281W, domiciliato ex
lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI
CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato
RETUCCI LUIGI giusta delega in atti;
Data pubblicazione: 18/11/2013
- controricorrente
–
avverso la sentenza n. 688/2007 della CORTE D’APPELLO
di LECCE, depositata il 26/10/2007, R.G.N. 748/2003;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza
del
10/10/2013
dal
Consigliere
Dott.
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. AURELIO GOLIA che ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso;
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GIUSEPPINA LUCIANA BARRECA;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
l.- Con la decisione ora impugnata, pubblicata il 26 ottobre
2007, la Corte d’Appello di Lecce, in accoglimento
dell’appello principale di Antonio Barbieri avverso la
sentenza del Tribunale di Lecce dell’il aprile 2003, nonché
sentenza, ha accolto l’opposizione all’esecuzione proposta dal
Barbieri nei confronti del Campi avente ad oggetto l’atto di
precetto notificato da quest’ultimo al Barbieri per il
pagamento della somma di lire 12.110.603, oltre interessi e
spese successive.
Con l’atto introduttivo della lite l’opponente aveva sostenuto
l’erronea indicazione in precetto di quanto dovuto per
rivalutazione ed interessi; l’errata applicazione della
tariffa professionale per le spese auto-liquidate; la non
debenza di alcune voci pretese a tale ultimo titolo. Aveva
perciò concluso chiedendo che fosse dichiarata l’estinzione
del diritto di credito del Campi avendo egli già corrisposto
la somma di lire 8.340.000 (rimessa con nota del 20 marzo
2000, dopo l’intimazione del precetto e prima
dell’introduzione del giudizio di opposizione).
Il primo giudice, atteso il pagamento da parte del Barbieri di
tale ultima somma, aveva riconosciuto a credito del Campi la
somma ulteriore di C 151,30, oltre rivalutazione ed interessi,
ed aveva posto a carico dell’opponente Barbieri le spese del
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dell’appello incidentale di Giuseppe Campi avverso la stessa
primo grado per la metà, con compensazione della restante metà
e con ripartizione tra le parti delle spese di CTU.
La Corte d’Appello ha invece ritenuto che l’obbligazione del
Barbieri nei confronti del Campi si fosse estinta col
pagamento della somma di lire 8.340.000, essendo anzi
lire 8.288.383), ed ha dichiarato inefficace il precetto, pur
riconoscendo come dovuta la somma pretesa dal Campi con
l’appello incidentale. Ha perciò condannato il Campi a
restituire al Barbieri la somma di C 776,86, ricevuta in
esecuzione della sentenza di primo grado. La Corte ha
condannato il Campi al pagamento in favore del Barbieri delle
spese processuali del doppio grado di giudizio, liquidando
quelle di primo grado nell’importo complessivo di C 2.250,00 e
quelle del secondo grado nell’importo complessivo di C
2.600,00; ha posto a carico del Campi le spese di CTU.
2.-
Avverso quest’ultima sentenza Giuseppe Campi propone
ricorso affidato a tre motivi.
Antonio Barbieri resiste con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
l.-
In primo luogo, va rilevato che il ricorso è soggetto,
quanto alla formulazione dei motivi, al regime dell’art. 366
bis
c.p.c. (inserito dall’art. 6 del decreto legislativo 2
febbraio 2006 n. 40, ed abrogato dall’art. 47, comma l, lett.
d, della legge 18 giugno 2009 n. 69), applicabile in
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inferiore l’importo dovuto (che la Corte ha quantificato in
considerazione della data di pubblicazione della sentenza
impugnata (26 ottobre 2007).
Col primo motivo si deduce violazione, ex art. 360 n. 4 cod.
proc. civ., dell’art. 112 cod. proc. civ.
Il motivo si conclude col seguente quesito di diritto:
in riforma della sentenza di primo grado, il giudice d’appello
dichiari che il proprio debito ammontava alla somma X già
pagata più una ulteriore somma Y, incorre in ultrapetizione il
giudice che si limiti a dichiarare estinta ogni obbligazione
per effetto del pagamento della somma X >>.
Si tratta di quesito che enuncia in termini generici la
questione di diritto sottoposta all’esame della Corte, poiché
non contiene alcun riferimento alla concreta vicenda
processuale; per come formulato, il quesito non consente
l’individuazione dell’errore di diritto nel quale, a giudizio
del ricorrente, sarebbe incorsa la Corte territoriale, né
l’enunciazione di una
regula iuris applicabile anche in casi
ulteriori rispetto a quello da decidere, poiché di questo non
fornisce valida sintesi logico-giuridica (cfr., per la
funzione riservata ai quesiti di diritto, tra le altre Cass.
S.U. n. 26020/08 e n. 28536/08).
Il primo motivo di ricorso è perciò inammissibile.
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–
Col secondo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa
applicazione ex art. 360 n. 3 cod. proc. civ. dell’art. 91
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dedicata allo svolgimento del processo- che il Campi, nel
costituirsi in primo grado, aveva richiamato la missiva del 12
aprile 2000 (nella quale era contenuta la manifestazione della
sua «ampia disponibilità a qualsivoglia chiarimento»),
così
come non si è tenuto conto del fatto che, all’esito della
lite, il credito del Campi è stato riconosciuto pressoché
coincidente con la somma per la quale questi aveva formulato
le conclusioni della comparsa di risposta, dichiarandosi
disposto a non pretendere somma ulteriore rispetto a quella
già versatagli dalla controparte, pur di chiudere la lite; la
sentenza non dà conto nemmeno della missiva dell’8 giugno
2000, di cui è detto in controricorso, sopraggiunta appena un
mese dopo la proposizione dell’opposizione k (effettuata con
atto del 2 maggio 2000, secondo quanto si legge in sentenza).
Pertanto la sentenza va cassata per il capo impugnato col
secondo motivo di ricorso, che il ricorrente ha limitato alla
condanna alle spese del primo grado di giudizio (per come si
evince dai corrispondenti quesiti di diritto e di fatto di cui
alla pag. 13 del ricorso).
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Non si è così tenuto conto del dato -che si legge nella parte
Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, ritiene
il Collegio di
Considerate
le
circostanze, incontestate tra le parti, sopra riferite, va
riconosciuta la sussistenza di giusti motivi per compensare
tra le parti le spese del primo grado di giudizio, ai sensi
dell’art. 92, comma secondo, cod. proc. civ., nel testo
applicabile ratione temporis
(vale a dire al testo dell’art.
92, comma secondo, del codice di rito vigente prima delle
modifiche apportate, dapprima, con la legge n. 263 del 2005 per i processi instaurati successivamente al l ° marzo 2006- e,
quindi, con la legge n. 69 del 2009 -per i processi instaurati
successivamente al 4 luglio 2009) , avuto riguardo alla data
di introduzione del giudizio, con atto del 2 maggio 2000.
3.
–
Col terzo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa
applicazione, ex art. 360 n. 3 cod. proc. civ., del d.m. 5
ottobre 1994 n. 585 e del d.m. 8 aprile 2004 n. 127; omessa
motivazione su un punto decisivo della controversia ex art.
360 n. 5 cod. proc. civ., al fine sostenere il superamento dei
massimi tariffari nella liquidazione delle spese di giudizio
compiuta dalla Corte d’Appello.
Il motivo risulta assorbito quanto alla liquidazione delle
spese del primo grado di giudizio, atteso l’accoglimento del
secondo motivo di ricorso.
Esso è, invece, inammissibile quanto al resto.
Ed invero, la parte, la quale intenda impugnare per cassazione
la liquidazione delle spese, dei diritti di procuratore e
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,
decidere nel merito.
degli onorari di avvocato, per pretesa violazione delle
tariffe professionali, ha l’onere di specificare
analiticamente le voci e gli importi considerati in ordine ai
quali il giudice di merito sarebbe incorso in errore, con la
conseguenza che deve ritenersi inammissibile il ricorso che
state liquidate in eccesso o in difetto rispetto alla tariffa
(cfr. Cass. n. 18086/09, n. 14542/11, tra le più recenti).
Nel ricorso vi è detta indicazione, ma lo scaglione preso a
riferimento è errato. Infatti, il ricorrente, con riguardo al
giudizio di appello, ha indicato gli importi delle voci dovute
per diritti relativamente allo scaglione fino ad C 600,00 e di
quelle dovute per onorari relativamente allo scaglione fino ad
C 5.200,00.
Orbene, nel giudizio di opposizione a precetto, il valore
della causa si determina in riferimento a tutta la somma
precettata e non soltanto a quella residua, qualora, prima
dell’inizio dell’esecuzione, il debitore paghi una parte del
credito indicato nel precetto stesso (cfr. Cass. n. 9755/98,
n. 14303/99, ord. n. 9784/09).
Atteso che la somma per la quale era stato intimato il
precetto era pari a lire 12.110.603, è errata l’indicazione
degli importi dovuti, per diritti ed onorari, fatta in ricorso
tenendo conto dello scaglione inferiore.
Mancando, di conseguenza, ogni riferimento allo scaglione
applicabile, risulta impedito il controllo di legittimità
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contenga il semplice riferimento a prestazioni che sarebbero
sulle voci contestate, che il ricorso deve invece consentire,
senza necessità di ulteriori indagini.
Il
terzo
motivo
di
ricorso
va
perciò
dichiarato
inammissibile.
4.-
In conclusione, il primo ed il terzo motivo di ricorso
sentenza impugnata va cassata limitatamente al capo di
condanna di Giuseppe Campi al pagamento delle spese del primo
grado di giudizio in favore di Antonio Barbieri; con decisione
di merito ex art. 384, comma secondo, ult.inc., cod. proc.
civ., le spese del primo grado di giudizio vanno interamente
compensate tra le parti. Resta ferma la sentenza impugnata
guanto alle statuizioni restanti di cui ai capi A), B) e D),
nonché guanto alla condanna del Campi al pagamento in favore
del Barbieri delle spese processuali del secondo grado di
giudizio, di cui al capo C) del dispositivo della sentenza
d’appello.
Avuto riguardo all’accoglimento parziale dei motivi di
ricorso, si ritiene di giustizia la compensazione tra le parti
delle spese del giudizio di cassazione.
Per questi motivi
La Corte dichiara inammissibili il primo ed il terzo motivo di
ricorso; accoglie il secondo, cassa la sentenza impugnata
limitatamente al capo di condanna di Giuseppe Campi al
pagamento delle spese del primo grado di giudizio e, decidendo
nel merito, compensa interamente tra le parti le spese di tale
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vanno dichiarati inammissibili. Va accolto il secondo e la
grado; compensa tra le parti le spese del giudizio di
cassazione.
Così deciso in Roma, in data 10 ottobre 2013.