Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25862 del 16/11/2020

Cassazione civile sez. III, 16/11/2020, (ud. 11/09/2020, dep. 16/11/2020), n.25862

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SESTINI Danilo – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – rel. Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6211-2018 proposto da:

F.A.C.E., elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA MEDAGLIE D’ORO 202, presso lo studio dell’avvocato STEFANIA

SARACENI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

ANDREA AULETTA;

– ricorrente –

contro

L.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G. B. TIEPOLO,

4, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI SMARGIASSI, rappresentato

e difeso dall’avvocato ALBERTO TEDOLDI;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

e contro

D.S.L.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 70/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata l’11/01/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

11/09/2020 dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA CIRILLO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. F.A.C.E. convenne in giudizio, davanti al Tribunale di Monza, L.R. e D.S.L., chiedendo che fosse dichiarato inefficace nei suoi confronti, ai sensi dell’art. 2901 c.c., l’atto del 2 luglio 2013 col quale il primo aveva trasferito alla seconda la proprietà dei suoi immobili siti in (OMISSIS).

Si costituirono in giudizio i convenuti, chiedendo il rigetto della domanda.

Il Tribunale accolse la domanda, dichiarò inefficace, nei confronti dell’attore, l’atto suindicato e condannò i convenuti al pagamento delle spese di lite.

2. La pronuncia è stata impugnata dal solo L. nella contumacia della D.S. e la Corte d’appello di Milano, con sentenza dell’11 gennaio 2018, in parziale riforma della decisione del Tribunale, ha rigettato la domanda proposta dal F. per sopravvenuta cessazione della materia del contendere, confermandola tuttavia in ordine alla liquidazione delle spese, ed ha condannato l’appellante al pagamento delle ulteriori spese del grado.

Ha osservato la Corte territoriale, per quanto di interesse in questa sede, che l’appellante aveva prodotto in appello un documento dal quale risultava che nelle more del giudizio, con atto del (OMISSIS), in esecuzione del procedimento per la cessazione degli effetti civili del matrimonio tra loro esistente, il L. e la D.S. avevano consensualmente risolto l’atto di cessione oggetto della domanda di revocatoria. Per effetto della risoluzione consensuale suddetta, il L. era tornato nella piena disponibilità dell’immobile ed aveva chiesto che fosse dichiarata cessata la materia del contendere per sopravvenuto difetto di interesse.

Ciò premesso – e dando atto della difesa del F. il quale, invece, si era opposto alla declaratoria suddetta – la Corte milanese ha osservato che il contrasto ancora esistente tra le parti non riguardava la sopravvenuta piena disponibilità del bene, rientrato ormai nel patrimonio del L., perchè l’atto oggetto della domanda di revocatoria “non esiste più giuridicamente, essendo stato travolto da un successivo atto di retrocessione dell’immobile all’originario proprietario”. Le successive vicende, tra le quali soprattutto l’accertata iscrizione di ipoteca giudiziale sul bene medesimo in favore della ex moglie D.S., non potevano, secondo la sentenza impugnata, essere valutate nella presente sede, in cui si doveva “decidere su un’azione in ordine alla quale l’originario attore ha perso l’interesse ad agire”; per cui doveva essere emessa una pronuncia di rigetto della domanda di revocatoria per cessazione della materia del contendere.

Quanto al profilo delle spese di lite, la Corte milanese – dopo aver ricordato che il valore della causa si determina, nell’azione revocatoria, non già in base all’atto impugnato, bensì al credito per il quale si agisce ha ritenuto ineccepibile la liquidazione compiuta dal Tribunale. La condanna del L. doveva essere pronunciata anche in relazione al giudizio di appello, posto che egli aveva appellato la sentenza di primo grado determinando così la costituzione del F., mentre l’atto di retrocessione era stato compiuto a ridosso della decisione del giudizio di appello.

3. Contro la sentenza della Corte d’appello di Milano propone ricorso F.A.C.E. con atto affidato ad un solo motivo.

Resiste L.R. con controricorso contenente anche un motivo di ricorso incidentale.

D.S.L. non ha svolto attività difensiva in questa sede.

Le parti hanno depositato memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo del ricorso principale si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione e falsa applicazione dell’art. 100 c.p.c., nonchè dell’art. 2901 e dell’art. 2652 c.c., n. 5), nella parte in cui la Corte d’appello ha ritenuto che la domanda di revocatoria fosse ormai non più sostenuta dall’interesse ad agire.

Il ricorrente rileva che l’interesse ad agire non sarebbe costituito soltanto dalla possibilità di assoggettare ad esecuzione forzata il bene trasferito a terzi dal debitore, ma anche dalla possibilità di rendere insensibile tale bene rispetto ad eventuali vicende pregiudizievoli che risultino successive alla trascrizione della domanda giudiziale di revocatoria. La retrocessione del bene nel patrimonio del L., quindi, non avrebbe fatto venire meno detto interesse, proprio ai fini di opporre ai terzi gli effetti favorevoli della trascrizione della domanda. Nel caso di specie, il trasferimento del bene era avvenuto in sede di separazione consensuale e la sua retrocessione in occasione del divorzio. Osserva il ricorrente che la trascrizione della domanda giudiziale ha proprio l’effetto di porre chi la compie in una situazione non dissimile a quella del titolare di un diritto di prelazione; per cui solo l’accoglimento della domanda rende inopponibili al creditore tutte le successive vicende del bene in questione. Ipotizza il ricorrente che i creditori della D.S. potrebbero agire contro l’atto di retrocessione, risultando così preferiti rispetto a lui, così come il L. potrebbe cedere di nuovo la proprietà di quel bene. Nel caso specifico, l’interesse sarebbe dimostrato dalla successiva iscrizione dell’ipoteca giudiziale in favore della D.S. sul medesimo bene, per cui la pronuncia di cessazione della materia del contendere verrebbe a vanificare l’effetto di prenotazione insito nella trascrizione della domanda giudiziale.

1.1. Il motivo è fondato.

1.2. E’ opportuno premettere che la giurisprudenza di questa Corte, confortata da autorevole dottrina, ha affermato che l’azione revocatoria, inserita nella sistematica del codice tra i mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale, non produce effetti recuperatori o restitutori del bene dismesso al patrimonio del debitore; scopo dell’azione, infatti, è quello di pervenire alla dichiarazione di inefficacia relativa dell’atto revocato, con conseguente assoggettamento del bene al diritto del revocante (e solo di questi) di procedere ad esecuzione forzata sul medesimo (così la sentenza 13 agosto 2015, n. 16793). L’azione revocatoria, infatti, è uno strumento che la legge pone a disposizione del creditore affinchè venga mantenuta integra la garanzia patrimoniale del debitore il quale, com’è noto, “risponde dell’adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri” (art. 2740 c.c., comma 1).

E’ stato parimenti affermato nella citata sentenza che la presenza di ipoteche sull’immobile trasferito con l’atto oggetto di revocatoria non esclude, di per sè, un pregiudizio per il creditore chirografario (e, dunque, il suo interesse ad esperire tale azione), posto che le iscrizioni ipotecarie possono subire vicende modificative o estintive ad opera sia del debitore che di terzi.

In linea con tale giurisprudenza è la sentenza 10 giugno 2016, n. 11892, secondo cui l’esistenza di una ipoteca sul bene oggetto dell’atto dispositivo, ancorchè di entità tale da assorbirne, se fatta valere, l’intero valore, non esclude la connotazione di quell’atto come eventus damni (presupposto per l’esercizio della azione pauliana), atteso che la valutazione tanto della idoneità dell’atto dispositivo a costituire un pregiudizio, quanto della possibile incidenza, sul valore del bene, della causa di prelazione connessa alla ipoteca, va compiuta con riferimento non al momento del compimento dell’atto, ma con un giudizio prognostico proiettato verso il futuro, per apprezzare l’eventualità del venir meno, o di un ridimensionamento, della garanzia ipotecaria (v. pure l’ordinanza 8 agosto 2018, n. 20671, e, da ultimo, l’ordinanza 26 novembre 2019, n. 30736).

Sulla stessa lunghezza d’onda di tali pronunce, questa Corte ha osservato, in una diversa fattispecie, che il creditore mantiene interesse al vittorioso espletamento dell’azione revocatoria nonostante abbia già proceduto al pignoramento del bene immobile oggetto dell’atto di compravendita sottoposto a revocatoria (sentenza 18 febbraio 2016, n. 3179). Argomentando dal presupposto che, in quel caso, la procedura esecutiva era stata oggetto di opposizione, l’indicata sentenza ha posto in luce come l’interesse all’esperimento dell’azione in questione permanesse, perchè “in caso di accoglimento di una delle opposizioni”, il creditore avrebbe visto venire meno gli effetti del pignoramento “senza certezza di procedere utilmente a nuovo pignoramento sul medesimo bene in difetto della dichiarazione di inefficacia del trasferimento ai sensi dell’art. 2901 c.c.”. Ciò in quanto il pignoramento era stato compiuto con atto successivo alla compravendita, trascritto però anteriormente alla trascrizione di quest’ultima.

1.3. Tali principi devono essere coordinati con quelli in materia di trascrizione della domanda giudiziale, istituto al quale la legge connette una sorta di effetto di prenotazione che viene a porre la parte che trascrive al riparo da eventuali successive vicende traslative relative al medesimo bene immobile. L’art. 2652 c.c., comma 1, n. 5), stabilisce, a proposito della trascrizione della domanda di revoca degli atti compiuti in pregiudizio dei creditori, che la sentenza “che accoglie la domanda non pregiudica i diritti acquistati a titolo oneroso dai terzi di buona fede in base a un atto trascritto anteriormente alla trascrizione della domanda”.

A questo proposito l’odierno ricorrente ha correttamente richiamato la sentenza 2 dicembre 2011, n. 25850, di questa Corte, recentemente ribadita e confermata dalla sentenza 31 maggio 2019, n. 14892.

Si tratta, in entrambi i casi, di situazioni del tutto differenti rispetto al caso odierno, perchè involgenti la materia del fallimento e del divieto di promozione di azioni esecutive individuali previsto dalla L. Fall., art. 51. Quel che occorre evidenziare, tuttavia, è che in quelle pronunce si è ribadito il valore di prenotazione insito nella trascrizione della domanda giudiziale. Sulla premessa che il divieto di azioni esecutive individuali posto dalla L. Fall., art. 51 non osta alla procedibilità della revocatoria ordinaria già promossa dal creditore dell’alienante, ove la domanda ex art. 2901 c.c. sia stata trascritta anteriormente alla dichiarazione di fallimento dell’acquirente, le suindicate sentenze hanno affermato che in tal caso il creditore dell’alienante, che, per ottenere pronuncia di inefficacia relativa della compravendita, abbia trascritto domanda ex art. 2901 c.c. anteriormente alla dichiarazione di fallimento dell’acquirente, ove l’azione sia accolta, viene a trovarsi, rispetto all’immobile ormai acquisito all’attivo fallimentare, in posizione analoga a quella del titolare di diritto di prelazione su bene compreso nel fallimento. Con la conseguenza che l’attore vittorioso, che non è creditore diretto del fallito e non partecipa quindi al concorso formale, può tuttavia ottenere, in sede di distribuzione del ricavato della vendita fallimentare dell’immobile, la separazione della somma corrispondente al suo credito verso l’alienante, per esserne soddisfatto in via prioritaria rispetto ai creditori concorsuali.

Sempre in riferimento all’efficacia di prenotazione della trascrizione della domanda giudiziale, va ricordata anche la sentenza 4 agosto 2016, n. 16293, nella quale questa Corte ha stabilito che nel caso di due alienazioni successive del medesimo immobile, l’accoglimento dell’azione revocatoria proposta con riferimento alla prima alienazione è opponibile al secondo acquirente, non importa se di buona o mala fede, ove la trascrizione della domanda di revoca sia precedente a quella del secondo acquisto, mentre quando la trascrizione della domanda di revoca segua quella del secondo acquirente questi non è pregiudicato se di buona fede e a titolo oneroso.

1.4. La ricostruzione fin qui compiuta è finalizzata a dimostrare che l’interesse al vittorioso esperimento dell’azione revocatoria non deve essere considerato in astratto, ma va invece ancorato alla specifica situazione in esame.

Nel caso odierno, la Corte milanese è stata chiamata ad affrontare una questione diversa e cioè quella, per la verità singolare, dell’azione revocatoria promossa dal creditore avverso un atto di trasferimento immobiliare compiuto dal debitore in favore della propria moglie; a tale atto aveva fatto seguito, nelle more del giudizio e durante il procedimento per la cessazione degli effetti civili del matrimonio tra il L. e la D.S., la retrocessione del bene nel patrimonio del L.. Da tale evento successivo la Corte d’appello ha tratto la conclusione che il reingresso del bene immobile nel patrimonio del debitore alienante aveva fatto venire meno l’interesse del creditore all’espletamento dell’azione revocatoria.

Si tratta, però, di una conclusione errata, in quanto non tiene in considerazione l’importanza della trascrizione della domanda giudiziale di revoca, che di per sè dimostra la permanenza dell’interesse del creditore, e finisce con esporlo ingiustamente al rischio di essere pregiudicato dalle successive vicende del bene immobile in questione. Vicende le quali, è bene dirlo, potrebbero essere animate da finalità truffaldine o comunque non trasparenti. Se il debitore, infatti, potesse liberamente far venire meno l’interesse all’azione revocatoria attraverso la retrocessione del bene nel suo patrimonio, ciò aprirebbe la porta ad evidenti abusi; il debitore potrebbe, con eventuali alienazioni e retrocessioni successive, aggirare le finalità dell’azione revocatoria, esponendo il creditore alla possibilità di essere postergato rispetto ad altri creditori o, comunque, rendendo più difficile la soddisfazione del credito (e la pacifica giurisprudenza di questa Corte legittima la proponibilità dell’azione revocatoria anche alla sola condizione che l’atto dispositivo renda più difficile quella soddisfazione).

L’interesse del creditore emerge dal fatto che l’evento potenzialmente pregiudicante nei suoi confronti si è perfezionato nel corso dello svolgimento del processo, tanto più che la retrocessione del bene nel patrimonio del debitore L. non è retroattiva; essa, in altre parole, non ripristina lo status quo ante al momento in cui l’atto di disposizione ebbe luogo e non pone nel nulla le eventuali iscrizioni e trascrizioni frattanto intervenute.

E’ vero che nel nostro caso l’atto da revocare, come rileva la sentenza impugnata, “non esiste più giuridicamente, essendo stato travolto da un successivo atto di retrocessione dell’immobile all’originario proprietario”; ma la permanenza dell’interesse è dimostrata dalle successive vicende relative al bene. La stessa Corte d’appello, riportando il contenuto della memoria difensiva dell’odierno ricorrente, allora appellato, dà conto della ricostruzione dei fatti ivi prospettata ed aggiunge che la D.S., coniuge del L., aveva provveduto ad iscrivere ipoteca giudiziale sul bene ritornato nel patrimonio dell’ex marito. E’ evidente che tale ipoteca andrebbe a vanificare, ove fosse esatta la ricostruzione della Corte d’appello, la trascrizione della domanda giudiziale di revoca, perchè la creditrice ipotecaria verrebbe a precedere, in caso di esecuzione su quel bene, rispetto all’eventuale ulteriore trascrizione che il creditore F. vada a riproporre. E’ esatto che dopo la retrocessione del bene l’odierno ricorrente può aggredirlo senza bisogno della declaratoria di inefficacia; ma è altrettanto esatto che l’esito positivo del giudizio odierno consente alla trascrizione della domanda giudiziale di mantenere intatto il proprio effetto di prenotazione, postergando tutte le trascrizioni ed iscrizioni successive. Il tutto senza contare che, ragionando in astratto, la retrocessione del bene nel patrimonio del L. potrebbe essere attaccata anche da eventuali creditori della D.S., i quali potrebbero a loro volta agire in revocatoria trascrivendo la relativa domanda giudiziale.

Da tanto consegue che il ricorso principale è accolto.

2. L’accoglimento del ricorso principale determina l’assorbimento del ricorso incidentale, con il quale si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3) e 4), violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., della L. 31 dicembre 2012, n. 247, art. 13, comma 6, nonchè del D.M. 10 marzo 2014, n. 55, art. 4, comma 5 e art. 5, comma 1, in ordine alla liquidazione delle spese compiuta nella sentenza di primo e in quella di secondo grado.

3. La sentenza impugnata, pertanto, è cassata e il giudizio è rinviato alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione personale, la quale deciderà la causa attenendosi al seguente principio di diritto:

“L’interesse del creditore ad agire in revocatoria non viene meno per il fatto che il bene oggetto dell’atto dispositivo sia rientrato nel patrimonio del debitore, perchè altrimenti potrebbe essere pregiudicata l’efficacia di prenotazione costituita dalla trascrizione della domanda giudiziale di revoca, ai sensi dell’art. 2652 c.c., n. 5) “.

Al giudice di rinvio è demandato anche il compito di liquidare le spese dell’odierno giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso principale, assorbito l’incidentale, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione personale, anche per le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 11 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 16 novembre 2020

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