Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25860 del 14/10/2019

Cassazione civile sez. I, 14/10/2019, (ud. 13/09/2019, dep. 14/10/2019), n.25860

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. SAMBITO Maria G.C. – Consigliere –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi – rel. Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23579/2017 proposto da:

C.P. e P.M., elettivamente domiciliati in Roma

Via Bisagno, 5 presso lo studio dell’avvocato Giulia Ceratti che li

rappresenta e difende unitamente all’avvocato Francesco Versaci, in

forza di procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Comune di Casignana, in persona del Sindaco pro tempore, domiciliato

in Roma, piazza Cavour, presso la Cancelleria civile della Corte di

Cassazione e rappresentato e difeso dall’avvocato Francesco

Carnuccio, in forza di procura speciale a margine del controricorso,

– controricorrente incidentale –

contro

C.P. e P.M., elettivamente domiciliati in Roma

Via Bisagno, 5 presso lo studio dell’avvocato Giulia Ceratti che li

rappresenta e difende unitamente all’avvocato Francesco Versaci, in

forza di procura speciale in calce al ricorso;

– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 133/2017 della CORTE D’APPELLO di REGGIO

CALABRIA, depositata il 28/02/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

13/09/2019 dal Consigliere UMBERTO LUIGI CESARE GIUSEPPE SCOTTI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. C.P. e P.M. hanno convenuto in giudizio dinanzi al Tribunale di Locri il Comune di Casignana, esponendo che il Comune aveva proceduto con Delib. 1 dicembre 1998, n. 25 all’occupazione temporanea e urgente di alcuni loro lotti di terreno, censiti in Catasto al foglio (OMISSIS), particelle, (OMISSIS), come da verbale del 18/12/1998, e lamentando che la successiva espropriazione era avvenuta in carenza di potere, senza la fissazione dei termini di compimento dell’opera pubblica e dopo la scadenza del termine quinquennale di occupazione legittima, ad opera pubblica compiuta.

Gli attori hanno richiesto la condanna del Comune al risarcimento dei danni con riferimento alla perdita delle aree illecitamente occupate e alla loro attività agrituristica.

Sull’opposizione del Comune di Casignana, che ha eccepito preliminarmente il difetto di giurisdizione dell’autorità giudiziaria ordinaria, il Tribunale di Locri con sentenza del 5/6/2009 ha parzialmente accolto la domanda risarcitoria, condannando il Comune al pagamento in favore degli attori della somma di Euro 39.195,47, oltre accessori, a spese compensate, salvo quelle di c.t.u. a carico del Comune.

Secondo il Tribunale, non tutte le particelle occupate erano state irreversibilmente trasformate ed occorreva tener conto dei vincoli apposti dal piano regolatore generale e in particolare del vincolo archeologico ivi esistente.

2. Avverso la predetta sentenza hanno proposto appello C.P. e P.M., a cui ha resistito il Comune appellato, proponendo a sua volta appello incidentale.

La Corte di appello di Reggio Calabria con sentenza del 28/2/2017 ha rigettato sia l’appello principale, sia l’appello incidentale, a spese compensate.

3. Avverso la predetta sentenza del 28/2/2017, non notificata, con atto notificato il 28/9/2017 hanno proposto ricorso per cassazione C.P. e P.M., svolgendo tre motivi.

Con atto notificato e mediante consegna all’ufficiale giudiziario il 25/10/2017, con plico depositato presso l’ufficio l’8/11/2017 e ritirato il 18/11/2017 (come affermato dai ricorrenti principali in controricorso) e a mezzo p.e.c. il 9/11/2017 ha proposto controricorso e ricorso incidentale il Comune di Casignana, chiedendo la dichiarazione di inammissibilità o il rigetto dell’avversaria impugnazione e instando, a sua volta, con il supporto di un motivo, per la cassazione della sentenza di secondo grado.

Con controricorso notificato il 28/12/2017 i ricorrenti principali hanno resistito al ricorso incidentale avversario.

Con memoria del 4/7/2019 il Comune di Casignana ha eccepito la tardività dell’avversario controricorso al ricorso incidentale.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso principale, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, i ricorrenti C. e P. denunciano violazione o falsa applicazione di legge in relazione alla L.R. Calabria 7 settembre 1988, n. 22, artt. 1 e 2 e art. 11, n. 3 a principi di cui alla sentenza della Corte Costituzionale n. 181 del 2011 e all’art. 1 del Protocollo addizionale CEDU.

L’affermazione della Corte di appello, secondo la quale la destinazione agrituristica delle aree, attestata dal Comune, era in contrasto con il vigente strumento urbanistico era del tutto illegittima.

Il certificato dimostrava l’esistenza di uno stato di fatto, ossia l’esistenza di due aziende agrituristiche esistenti dal 1994 in data anteriore all’occupazione avvenuta nel 1998.

La citata legge regionale, poi, attribuiva all’agriturismo una vocazione alla valorizzazione del territorio, inteso espressamente nell’accezione di patrimonio ambientale, paesaggistico, rurale e culturale.

Ben avrebbero quindi potuto i ricorrenti utilizzare il chiosco in legno lamellare per somministrare bevande e panini ai visitatori del sito archeologico, in luogo del Comune resistente. Del pari, del tutto legittimamente, i ricorrenti avrebbero potuto con le loro aziende utilizzare le aree in questione per somministrare pasti e bevande alle comitive turistiche e vender loro i prodotti aziendali.

Era quindi illegittima la riduzione della valutazione dei terreni al loro valore agricolo, senza considerare lo specifico interesse scaturente dalla destinazione agrituristica.

Le strutture agrituristiche erano urbanisticamente compatibili con la destinazione agricola e il vincolo archeologico non sanciva la inedificabilità assoluta dei terreni, imponendo solo il preventivo nulla osta delle opere da parte della competente Soprintendenza Archeologica.

2. Con il secondo motivo di ricorso principale, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, i ricorrenti denunciano violazione o falsa applicazione di legge in relazione alla L.R. Calabria 7 settembre 1988, n. 22, artt. 1 e 2 e art. 11, n. 3 dei principi di cui alla sentenza della Corte Costituzionale n. 181 del 2011 e dell’art. 1 del Protocollo addizionale CEDU, del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 33.

La particella 23 era stata stimata nel solo valore agricolo, benchè il C.t.u. aveva accertato la sua funzione agrituristica specificamente destinata a consentire l’accesso degli ospiti delle due aziende alla spiaggia.

3. Con il terzo motivo di ricorso principale, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, i ricorrenti denunciano violazione o falsa applicazione di legge in relazione al D.P.R. n. 327 del 2001, art. 42 bis, all’art. 3 Cost. e ai principi di cui alla sentenza 181/2011 della Corte Costituzionale.

I ricorrenti avevano richiesto, stante l’entrata in vigore dell’art. 42 bis in corso di causa, l’applicazione di tale norma alla Corte di appello, in subordine anche solo con riferimento alla determinazione dell’indennizzo, mentre la Corte aveva rifiutato l’applicazione della norma, presupponente l’esistenza di una controversia pendente in ordine alla restituzione del bene immobile occupato, esclusa in presenza di una rinuncia, anche solo implicita, alla restituzione da parte del proprietario del bene.

Era comunque mancata la determinazione dell’indennizzo in relazione al valore venale del bene.

4. Con il motivo di ricorso incidentale, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 1, il Comune ricorrente denuncia difetto di giurisdizione e violazione del D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 34, comma 1, come riformulato dalla L. n. 205 del 2000, art. 7.

Secondo il Comune ricorrente, la più recente giurisprudenza di legittimità, diversamente da quanto sostenuto dalla Corte territoriale, ritiene che l’esecuzione dell’opera pubblica, anche in forza di una dichiarazione di pubblica utilità illegittima per mancata indicazione dei termini iniziali e finale dei lavori e delle procedure di esproprio, è devoluta al Giudice amministrativo, in forza del collegamento dell’opera, costituente il danno con la dichiarazione di pubblica utilità, senza che rilevi la qualità del vizio che inficia la dichiarazione.

5. Con il secondo motivo di ricorso incidentale, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, il ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione alla L. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, e all’art. 2043 c.c..

La competenza giurisdizionale a conoscere procedimento di espropriazione appartiene amministrativo, unico deputato a conoscere della dell’interesse legittimo della parte espropriata la regolarità del procedimento amministrativo.

Inoltre l’impugnazione proposta dal C. avverso la decisione del TAR di Reggio Calabria, che aveva dichiarato irricevibile il suo ricorso avverso il decreto di esproprio del 2004 era stata dichiarata irricevibile dal Consiglio di Stato con sentenza n. 2300 del 2012, che aveva ritenuto ormai inoppugnabile il decreto di esproprio, mentre la sentenza doveva ritenersi estensibile anche alla sfera della comproprietaria P.M. per cui era stato consumato il diritto di impugnazione.

Per altro verso, il decreto espropriativo mancante della determinazione della relativa indennità non era illegittimo, stante lo sganciamento dell’indennità dall’emanazione di tali atti, pur sempre determinabile con apposita azione dinanzi alla Corte di appello.

6. Il primo motivo di ricorso incidentale del Comune merita evidentemente prioritario esame, poichè attiene a una questione preliminare di giurisdizione.

6.1. Ai sensi dell’art. 374 c.p.c., comma 1, secondo periodo, il ricorso che propone questione di giurisdizione può essere assegnato alle sezioni semplici, se sulla questione proposta – come in questo caso, con un orientamento che può dirsi ormai consolidato – si sono già pronunciate le Sezioni unite.

6.2. I ricorrenti hanno agito in giudizio dinanzi al Giudice ordinario, chiedendo il risarcimento dei danni e sostenendo che l’espropriazione dei loro terreni era avvenuta in carenza di potere sia perchè la dichiarazione di pubblica utilità del 16/7/1998 non aveva fissato i termini di compimento dell’opera pubblica, sia perchè il decreto di espropriazione era intervenuto ad opera pubblica compiuta e dopo la scadenza del termine quinquennale di occupazione legittima, senza la determinazione della indennità dovuta.

6.3. I ricorrenti con il loro controricorso al ricorso incidentale hanno sostenuto che l’eccezione di difetto di giurisdizione coltivata ex adverso con il primo motivo di ricorso incidentale era improponibile perchè sulla giurisdizione del giudice ordinario si sarebbe formato il giudicato in virtù delle decisioni adottate dal Giudice di primo grado con due provvedimenti, formalmente aventi veste di ordinanza ma natura sostanziale di sentenza, emessi in data 19/5/2006 e 20/11/2006, diffusamente e ampiamente motivati, non tempestivamente gravati da riserva di appello e non impugnati dal Comune.

6.4. Il Comune ricorrente incidentale ha eccepito la tardività dell’avversario controricorso a ricorso incidentale.

Effettivamente il controricorso in questione è stato notificato solo il 28/12/2017 e quindi dopo il decorso del termine scaturente dal combinato disposto degli artt. 371 e 369 c.p.c. in relazione alla notifica del 9/11/2017, eseguita per seconda ma perfezionatasi per prima rispetto a quella eseguita per prima ma perfezionatasi solo in data 18/11/2017.

6.5. In ogni caso, l’eccezione di violazione del giudicato interno, che attiene a questione rilevabile anche d’ufficio, è palesemente infondata.

Gli stessi ricorrenti ammettono che con i due provvedimenti citati il Giudice di primo grado aveva, sia pur diffusamente, esposto solamente le ragioni per cui l’eccezione preliminare di difetto di giurisdizione sollevata dal Comune poteva essere decisa insieme al merito della causa: si trattava quindi di provvedimenti di natura non decisoria, ma meramente ordinatoria, sempre modificabili e revocabili, che non potevano pregiudicare il merito della controversia (art. 177 c.p.c., comma 1).

In secondo luogo, i ricorrenti nulla dicono sul contenuto della sentenza di primo grado sul punto.

Soprattutto e decisivamente, infine, la Corte di appello di Reggio Calabria, ha esaminato la riproposta eccezione di difetto di giurisdizione, escludendo la formazione del giudicato sul punto, e l’ha respinta nel merito.

6.6. In punto giurisdizione, la Corte reggina ha disatteso l’eccezione di difetto di giurisdizione dell’a.g.o. riproposta dal Comune di Casignana, rifacendosi all’orientamento delle Sezioni Unite espresso nelle sentenze 7/2/2007 n. 2688 e 14/2/2011 n. 3569.

Secondo tale orientamento in materia espropriativa, sussiste la giurisdizione del giudice ordinario nei casi in cui l’occupazione e l’irreversibile trasformazione del fondo siano avvenute in assenza della dichiarazione di pubblica utilità, quando la dichiarazione di pubblica utilità sia radicalmente nulla e nelle ipotesi di sopravvenuta inefficacia della dichiarazione di pubblica utilità (fattispecie di c.d. occupazione usurpativa pura). Invece sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo nei casi in cui l’occupazione e l’irreversibile trasformazione del fondo siano avvenute anche in assenza o a seguito dell’annullamento del decreto di esproprio ma in presenza di una dichiarazione di pubblica utilità, anche se questa sia stata poi annullata in via giurisdizionale o di autotutela (fattispecie di c.d. occupazione usurpativa spuria).

Il provvedimento contenente la dichiarazione di pubblica utilità privo dei termini per il compimento delle espropriazioni e dell’opera, di cui alla L. n. 2359 del 1865, art. 13 e rispondente alla necessità di rilievo costituzionale (art. 42 Cost., comma 3) di limitare il potere discrezionale della p.a. non esercitabile senza limiti temporali, è radicalmente nullo e inefficace, con la conseguenza che ogni atto di “occupazione” delle aree oggetto della dichiarazione è da ritenere comportamento meramente materiale, in alcun modo collegabile ad un esercizio anche abusivo dei poteri della p.a., ed illecito perchè lesivo delle situazioni soggettive dei titolari delle aree in cui si è eseguita l’opera non qualificabile di pubblica utilità; di conseguenza si è in presenza di un mero comportamento illecito ai sensi dell’art. 2043 c.c., di cui deve conoscere il giudice ordinario.

6.7. Tuttavia tale orientamento è stato rimeditato dal Supremo consesso nomofilattico con numerose e più recenti pronunce.

In particolare con la sentenza 29/03/2013, n. 7938 le Sezioni Unite ha ritenuto che rientrano nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie, anche di natura risarcitoria, relative ad occupazioni illegittime preordinate all’espropriazione, attuate in presenza di un concreto esercizio del potere ablatorio, riconoscibile per tale in base al procedimento svolto ed alle forme adottate, in consonanza con le norme che lo regolano, pur se poi l’ingerenza nella proprietà privata e la sua utilizzazione, nonchè l’irreversibile trasformazione della stessa, siano avvenute senza alcun titolo che le consentiva (inoltre si vedano Sez. un. 23/1/2012, n. 832; e Sez. un. 25/6/2010, n. 15319).

Con la sentenza n. 15284 del 25/07/2016 (Rv. 640700 – 01) le Sezioni unite hanno affermato che la controversia avente ad oggetto la restituzione di un suolo, ovvero il risarcimento del danno per la perdita della proprietà del medesimo, occupato d’urgenza, per l’esecuzione di un intervento di edilizia residenziale pubblica, in forza di una dichiarazione di pubblica utilità, ancorchè illegittima (nella specie perchè priva dei termini iniziale e finale dei lavori e delle procedure di esproprio), è devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, stante il collegamento della realizzazione dell’opera fonte di danno con la dichiarazione suddetta, senza che rilevi la qualità del vizio da cui sia affetta quest’ultima.

Lo stesso principio era stato affermato anche da Sez. un., 27/05/2015, n. 10879, secondo la quale rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, in quanto dà luogo ad una controversia riconducibile in parte direttamente ed in parte mediatamente ad un provvedimento amministrativo, la domanda di risarcimento per i danni che si pretendono conseguiti ad una occupazione iniziata, dopo la dichiarazione di pubblica utilità, in virtù di un decreto di occupazione d’urgenza e proseguita anche dopo la sopravvenuta inefficacia della dichiarazione di pubblica utilità.

Il principio è stato ribadito con l’ordinanza delle Sezioni unite n. 2145 del 29/01/2018 (Rv. 647038 – 01) secondo cui sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ex art. 133, comma 1, lett. g), c.p.a., le controversie nelle quali si faccia questione, anche a fini risarcitori, di attività di occupazione e trasformazione di un bene conseguenti a una dichiarazione di pubblica utilità, ancorchè il procedimento nel cui ambito tali attività sono state espletate non sia sfociato in un tempestivo atto traslativo o sia caratterizzato da atti illegittimi.

7. L’accoglimento del primo motivo di ricorso incidentale assorbe l’esame di tutte le altre censure e determina la cassazione della sentenza impugnata con la dichiarazione della giurisdizione del giudice amministrativo.

Sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese, alla luce del mutamento giurisprudenziale determinatosi solo in corso di giudizio, che ha significativamente influito sui comportamenti processuali delle parti.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso incidentale, assorbito il secondo e il ricorso principale, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e dichiara il difetto di giurisdizione del giudice ordinario e fissa termine di mesi tre per la riassunzione della causa dinanzi al giudice amministrativo;

dichiara compensate le spese processuali del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima Sezione civile, il 13 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 14 ottobre 2019

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