Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2586 del 05/02/2020

Cassazione civile sez. VI, 05/02/2020, (ud. 09/10/2019, dep. 05/02/2020), n.2586

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. DORONZO Adriana – rel. Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21683-2017 proposto da:

N.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PIETRO

CAVALLINI 12, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI PAOLOZZI, che

lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, (OMISSIS), in

persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA

dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati NICOLA

VALENTI, EMANUELA CAPANNOLO, CLEMENTINA PULLI, MANUELA MASSA;

– resistente –

avverso la sentenza n. 1410/2017 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 13/03/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 09/10/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ADRIANA

DORONZO.

Fatto

RILEVATO

che:

la Corte d’appello di Napoli, con sentenza pubblicata in data 13/3/2017, nella contumacia della parte appellata, ha accolto l’appello proposto dall’Inps contro la sentenza resa dal Tribunale di Nola nel contraddittorio con N.A., e, per l’effetto, ha rigettato la domanda proposta da quest’ultimo, avente ad oggetto il ripristino del trattamento pensionistico quale cieco civile assoluto, con la condanna dell’Inps al pagamento dei ratei maturati;

contro la sentenza il N. ha proposto ricorso per cassazione, fondato su un unico motivo;

l’Inps ha resistito depositando procura stesa in calce al ricorso per cassazione notificato;

la proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale non partecipata;

il ricorrente ha depositato memoria memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

il ricorso per cassazione è proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, in relazione agli artt. 330 e 435 c.p.c.: si censura la sentenza impugnata nella parte in cui non ha rilevato l’inesistenza della notificazione del ricorso in appello, effettuata ad un procuratore diverso da quello costituito in primo grado;

in particolare, il ricorrente assume di aver conferito l’incarico a rappresentarlo nel giudizio dinanzi al Tribunale di Nola agli avvocati Alessio e Antonio Paolozzi; tale circostanza risultava dalla intestazione della sentenza d’appello, nella cui epigrafe era riportato, appunto, che N.A. era “rappresentato e difeso in primo grado dagli avvocati Alessia e Antonio Paoluzzi domiciliato in Napoli al Centro Direzionale (OMISSIS)”; nella redazione dell’atto di appello, invece, l’istituto appellante aveva erroneamente indicato come difensore del N. l’avvocato “Giovanni Paolozzi” e sulla base di tale erroneo assunto non aveva notificato il ricorso in appello e il relativo decreto di fissazione dell’udienza ai difensori costituiti in primo grado; l’attestazione, contenuta in sentenza circa la regolarità della notificazione dell’atto d’appello era pertanto erronea ed erronea era la conseguente dichiarazione di contumacia dell’appellato; in dissenso dalla proposta del relatore, reputa il collegio che il motivo sia inammissibile;

è principio pacifico nella giurisprudenza di questa Corte che, in tema di ricorso per cassazione, ai fini del rituale adempimento dell’onere, imposto al ricorrente dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, di indicare specificamente nel ricorso anche gli atti processuali su cui si fonda e di trascriverli nella loro completezza con riferimento alle parti oggetto di doglianza, è necessario che, in ossequio al principio di autosufficienza di detto atto processuale, si provveda anche alla loro individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di cassazione, al fine di renderne possibile l’esame (Cass. 3/11/2011, n. 22726; Cass. 15/07/2015, n. 14784; Cass. 9/04/2013, n. 8569; Cass. 16/3/2012, n. 4220);

con riguardo alla denuncia di un vizio afferente una relata di notifica, il principio di autosufficienza del ricorso esige la trascrizione integrale di quest’ultima, che, se omessa, determina l’inammissibilità del motivo (Cass. 21/5/2019, n. 13618; Cass. 30/11/2018, n. 31038; Cass. 28/2/2017, n. 5185);

siffatto onere è infatti previsto al fine di consentire la verifica della fondatezza della doglianza in base alla sola lettura del ricorso, senza necessità di accedere a fonti esterne allo stesso;

nel caso in esame il ricorrente non ha trascritto la relazione di notificazione ma si è limitato a riferire dell’errore in cui è incorso l’istituto appellante nella redazione dell’atto d’appello, circostanza questa di per sè insufficiente a desumere che la notificazione sia stata rivolta ad un soggetto diverso;

deve aggiungersi che la relazione di notificazione non risulta depositata unitamente al ricorso per cassazione, nè la parte indica con esattezza dove essa sarebbe attualmente allocata, nei fascicoli di parte o d’ufficio delle precedenti fasi del giudizio, sicchè non risulta neppure rispettato l’onere previsto, a pena di improcedibilità del ricorso, dall’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, (Cass. 6/11/2012, n. 19157; Cass. 23/3/2010, n. 6937; Cass. 12/6/2008, n. 15808; Cass. 25/5/2007, n. 12239);

le Sezioni Unite di questa Corte, pur avendo chiarito che l’onere del ricorrente, di cui all’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, così come modificato dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 7, di produrre, a pena di improcedibilità del ricorso, “gli atti processuali, i documenti, i contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda” è soddisfatto, quanto agli atti e ai documenti contenuti nel fascicolo di parte, mediante la produzione dello stesso, e, quanto agli atti e ai documenti contenuti nel fascicolo d’ufficio, mediante il deposito della richiesta di trasmissione, presentata alla cancelleria del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata e restituita al richiedente munita di visto ai sensi dell’art. 369 c.p.c., comma 3, hanno tuttavia precisato che resta ferma, in ogni caso, l’esigenza di specifica indicazione, a pena di inammissibilità ex art. 366 c.p.c., n. 6, del contenuto degli atti e dei documenti sui quali il ricorso si fonda, nonchè dei dati necessari al loro reperimento (Cass., Sez. Un., 3 novembre 2011, n. 22726).

il ricorso deve dunque essere dichiarato inammissibile; non deve essere adottato nessun provvedimento sulle spese, in mancanza di apprezzabile attività difensiva svolta dall’Inps; sussistono invece presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo pari a quello previsto per il contributo unificato.

PQM

La Corte dichiara il ricorso inammissibile.

Ai sensi del D.Lgs. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 9 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 febbraio 2020

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