Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25859 del 02/12/2011
Cassazione civile sez. I, 02/12/2011, (ud. 05/10/2011, dep. 02/12/2011), n.25859
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –
Dott. RORDORF Renato – Consigliere –
Dott. BERNABAI Renato – rel. Consigliere –
Dott. CULTRERA Maria Rosaria – Consigliere –
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 33884-2006 proposto da:
F.R., M.D., M.G.L.,
quest’ultimo in proprio nonchè nella qualità di legale
rappresentante della F.LLI MATTEI S.N.C., di Giovanni Luca Mattei
&
C., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA A. CANTORE 5, presso
l’avvocato PONTECORVO MICHELE, che li rappresenta e difende, giusta
procura a margine del ricorso;
– ricorrenti –
contro
FALLIMENTO DELLA F.LLI MATTEI S.N.C., NONCHE’ DEI SOCI
ILLIMITATAMENTE RESPONSABILI F.R. E G.L.
M., PARTESA GRANDE MILANO S.R.L. (C.F. (OMISSIS));
– intimati –
avverso la sentenza n. 1711/2006 della CORTE D’APPELLO di MILANO,
depositata il 03/07/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
05/10/2011 dal Consigliere Dott. RENATO BERNABAI;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
SORRENTINO Federico che ha concluso per l’inammissibilità, in
subordine rigetto del ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza emessa il 3-27 settembre 2004 il Tribunale di Pavia rigettava l’opposizione alla sentenza 22 gennaio 2001 dichiarativa del fallimento della fratelli Mattei s.n.c. di Giovanni Luca Mattei &
C. e dei soci in proprio, rilevando altresì la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale sollevate dagli opponenti in ordine all’art. 10, L. Fall. nella parte in cui discriminerebbe il termine per la dichiarazione di fallimento delle società in dipendenza della avvenuta, o no, cancellazione dal registro delle imprese.
Il successivo gravame era respinto dalla Corte d’appello di Milano con sentenza 3 luglio 2006.
Avverso la sentenza notificata il 4 ottobre 2006 i signori F. R., M.D. e G.L. proponevano ricorso per cassazione, affidato a due motivi e notificato il 4 dicembre 2006.
Deducevano:
1) la carenza di motivazione della mancata applicazione dell’art. 10, L Fall., ai fini del termine per dichiarare il fallimento, ad una società che aveva cessato da più di un anno l’attività, in ragione dell’omessa cancellazione dal registro delle imprese;
2) il vizio di motivazione nella dichiarazione di fallimento di un imprenditore collettivo di piccole dimensioni, per capitale investito, volume d’affari e organizzazione lavorativa.
Reiterava le eccezioni di incostituzionalità degli artt. 1 e 10, L. Fall. in caso di mancato accoglimento delle predette censure.
La curatela del fallimento e i creditori ricorrenti non svolgevano attività difensiva.
All’udienza del 5 ottobre 2011 il Procuratore generale precisava le conclusioni come da verbale, in epigrafe riportate. All’esito della deliberazione in carico consiglio, il collegio disponeva la redazione della motivazione in forma semplificata.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso è inammissibile per violazione dell’art. 366 bis cod. proc. civ..
In tema di formulazione dei motivi del ricorso per cassazione avverso i provvedimenti pubblicati dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 40 del 2006 e impugnati per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, poichè secondo l’art. 366 bis c.p.c. introdotto dalla riforma, nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., n. 5, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena d’inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione, la relativa censura deve contenere un momento di sintesi che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità. (Cassazione civile, sez. 3, 07 aprile 2008, n. 8897; Cassazione civile, sez. 3, 20 febbraio 2008, n. 4309).
Nella specie, tale requisito manca del tutto a corredo dei due motivi di censura, solo argomentati in modo discorsivo. E ciò, a parte l’ulteriore rilievo che vengono censurate sotto il profilo del vizio di motivazione statuizioni che in realtà avrebbero fatto malgoverno degli artt. 1 e 10, L. Fall., e dunque da sussumere nella previsione di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, con onere degli appropriati quesiti di diritto.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso in Roma, il 5 novembre 2011.
Depositato in Cancelleria il 2 dicembre 2011