Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25858 del 16/11/2020

Cassazione civile sez. III, 16/11/2020, (ud. 11/09/2020, dep. 16/11/2020), n.25858

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SESTINI Danilo – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – rel. Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 35782/2018 R.G. proposto da:

M.A., B.S., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA

DELLE MEDAGLIE D’ORO 157, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO

SAULLE, rappresentati e difesi dall’avvocato ALESSANDRO BENUSSI;

– ricorrenti –

contro

UNICREDIT S.P.A., in persona del procuratore speciale pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ANTONIO GRAMSCI 54, presso lo

studio degli avvocati GIANFRANCO GRAZIADEI, FRANCESCO TROTTA, che la

rappresentano e difendono;

– controricorrente –

contro

DOBANK S.P.A., a mezzo della mandataria FINO 2 SECURITISATION S.R.L.,

in persona del procuratore pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA LUIGI LILIO 95, presso lo studio dell’avvocato MICHELE

FERRARI, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2529/2018 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 09/10/2018;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio non partecipata

del di 11/09/2020 dal relatore Dott. Franco DE STEFANO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

M.A. e B.S. ricorrono, con atto notificato il 10/12/2018 ed articolato su cinque motivi, per la cassazione della sentenza del 09/10/2018 (n. 2529, addotta come notificata il successivo 10/10/2018) con cui la Corte d’appello di Bologna ha respinto il loro appello contro la sentenza n. 883/17 del Tribunale di Reggio Emilia, di accoglimento della domanda revocatoria proposta nei loro confronti dalla creditrice Unicredit s.p.a. e conseguente declaratoria di inefficacia dell’atto del 31/03/2011, di costituzione in fondo patrimoniale di un fabbricato in (OMISSIS) e di un’autovettura (OMISSIS);

resistono con separati controricorsi le intimate Unicredit s.p.a. e Fino 2 Securitisation srl, cessionaria del credito, a mezzo della mandataria Dobank spa, già intervenuta in appello;

avviata la trattazione del ricorso all’adunanza camerale del di 11/09/2020, i ricorrenti e la controricorrente mandataria di Fino 2 Securitisation srl – in controricorso individuata come “doBank spa”, ora “doValue spa” in forza di verbale di assemblea straordinaria del 25/06/2019 iscritto alla c.c.I.A.A. di Verona in pari data – depositano memoria ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c., penultimo periodo come inserito dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1 bis, comma 1, lett. f), conv. con modif. dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197.

Diritto

CONSIDERATO

che:

alla disamina delle cinque censure dei ricorrenti M. e B. va premesso che la fattispecie si caratterizza per l’intervenuto passaggio in giudicato di una sentenza – del Tribunale di Reggio Emilia, la n. 383/17 – sulla sussistenza di un credito, anche ingente, verso di loro in capo ad Unicredit spa, secondo quanto indicato dalla stessa qui gravata sentenza;

ciò posto, col primo motivo di ricorso (rubricato “vizio del provvedimento ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, per omesso esame circa fatti decisivi che sono stati oggetto di discussione tra le parti in relazione all’interpretazione ed applicazione dell’art. 2901 c.c., comma 1, (“credito”) e degli artt. 1955 e 1956 c.c.”) i ricorrenti lamentano essere state tralasciate le loro censure sui fatti sopravvenuti estintivi o modificativi del credito e sui profili di nullità rilevabili d’ufficio anche oltre i limiti del giudicato, come pure le loro pretese risarcitorie non precluse dall’asserita inoppugnabilità, anche perchè la creditrice garantita aveva continuato a far credito alla società beneficiaria della fideiussione e per la compressione della libertà contrattuale dei garanti (a quanto è dato capire dai vaghi riferimenti in ricorso, mediante imposizione di rinuncia al diritto di regresso o surroga) operata con una non meglio specificata clausola n. 10 del contratto di fideiussione;

tale motivo è inammissibile per due concorrenti profili: perchè non è censurata l’espressa ratio decidendi di preclusione di ogni contestazione in base al giudicato esterno di accertamento di esistenza e validità di ingente credito verso entrambi gli odierni ricorrenti; per totale carenza di idonea riproduzione in ricorso degli elementi richiamati (tra cui la clausola n. 10 del contratto e i riscontri all’affermazione della criticità della società debitrice principale conosciuta dalla banca garantita, nonchè i rifiuti di ulteriori garanzie da parte della M.) e di indicazione della loro collocazione temporale anche rispetto al giudicato esterno;

col secondo motivo (rubricato “nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione della L. n. 287 del 1990, art. 2, art. 41 Cost., art. 101 Trattato U.E. (già 81 Trattato C.E.), artt. 115 e 116 c.p.c.”), i ricorrenti lamentano la mancata applicazione dei principi di Cass. 29810/17 (sopravvenuta in pendenza del giudizio di appello), da cui sarebbe derivata la nullità della fideiussione per violazione della normativa antitrust, rilevabile in ogni stato e grado del giudizio;

il motivo è inammissibile: è dirimente osservare che manca ogni adeguata argomentazione contro la chiara – e corretta – ratio della preclusione della questione una volta passata in giudicato la sentenza sul merito del credito all’esito di separato e dedicato giudizio e, di conseguenza, su ogni questione dedotta e deducibile esclusivamente in quella sede;

ove tanto potesse non essere sufficiente, andrebbe rilevato che non viene neppure argomentato perchè la ragione di contestazione sia stata mossa per la prima volta con le note conclusive in appello, visto che i tempi di pronuncia di Cass. 29810/17 non avrebbero impedito la prospettazione anche nel giudizio sul merito del credito cautelato (concluso con la sentenza passata in giudicato): ed al riguardo questa Corte ha di recente (Cass. ord. 19/02/2020, n. 4175, richiamata anche dai ricorrenti in memoria, ma solo quanto alle premesse e non anche al compiuto sviluppo del principio di diritto elaborato) ritenuto che “la nullità della fideiussione posta a fondamento dell’azione revocatoria è rilevabile d’ufficio anche in sede di legittimità, ma non può essere accertata sulla base di una nuda eccezione, sollevata per la prima volta con il ricorso per cassazione, basata su contestazioni in fatto in precedenza mai effettuate, a fronte della quale l’intimato sarebbe costretto a subire il vulnus delle maturate preclusioni processuali” (proprio con riferimento ad un ricorso dei fideiussori, convenuti in revocatoria, che avevano dedotto, solo davanti alla S.C., la nullità della garanzia da loro prestata perchè conforme ad uno schema contrattuale elaborato dall’ABI, in tema di clausole da apporre alle fideiussioni, dichiarato illegittimo dall’Autorità competente in quanto conseguente ad un’intesa fra imprese restrittiva della concorrenza);

col terzo motivo (rubricato: “vizio del provvedimento ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per omesso esame circa fatti decisivi che sono stati oggetto di discussione tra le parti in relazione all’interpretazione ed all’applicazione dell’art. 2901 c.c., comma 1, (“pregiudizio”, “eventus damni” e “scientia damni”)”), i ricorrenti deducono che era preesistente l’insufficienza del patrimonio, a causa dell’iscrizione ipotecaria in favore di altro creditore sul bene immobile, con conseguente irrilevanza dell’atto e, comunque, negando l’elemento soggettivo della revocatoria;

il motivo è inammissibile: in primo luogo, perchè veicola quale omesso esame di fatto la pretesa di riconsiderare il merito su eventus damni ed elemento soggettivo, comunque difettando radicalmente di idonea rappresentazione in ricorso degli elementi di causa sommariamente richiamati o indicati; in secondo luogo, perchè è qui mancata idonea contestazione alla conclusione in diritto (oltretutto corretta) sull’irrilevanza della consistenza patrimoniale preesistente; in terzo luogo, perchè atterrebbe ad apprezzamenti di fatto – quindi non censurabili in sede di legittimità, se, come nella specie, scevri dai soli gravissimi vizi motivazionali rilevanti dopo la novella dell’art. 360 c.p.c., n. 5 come interpretata fin da Cass. Sez. U. 8013/14 – la valutazione (ultima pagina della qui gravata sentenza) di piena conoscibilità del saldo passivo del conto corrente della società garantita e dello stato di crisi anche per la prossima presentazione di domanda di ammissione a concordato preventivo, anche in relazione alla natura della società ed alla qualità personale dei soci;

col quarto motivo (rubricato: “vizio del provvedimento ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per violazione e falsa applicazione delle norme di cui agli artt. 112,115 e 356 c.p.c.”), i ricorrenti denunciano l’illegittima pretermissione dell’attività istruttoria su eventus damni e scientia damni, sia per prova orale che per c.t.u.;

anche tale motivo è inammissibile per concorrenti ragioni, di cui basta qui rilevare il radicale difetto di idonea rappresentazione in ricorso degli elementi di fatto e diritto a suo sostegno e la carenza di adeguata impugnazione della specifica ratio decidendi sulla definitività ed irretrattabilità dell’accertamento del credito garantito di cui alla sentenza del Tribunale di Reggio Emilia già ricordata;

col quinto motivo, infine (rubricato: “vizio del provvedimento ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione o falsa applicazione dell’art. 92 c.p.c., comma 1”), si deduce l’eccessività la e superfluità le spese in giudizio della cedente in appello, sicchè la corte territoriale avrebbe dovuto escluderle dalla condanna pronunciata nei loro confronti;

tale motivo è infondato, perchè, ove non voglia in via dirimente osservarsi che la stessa lettera della legge rimette l’esclusione delle spese eccessive o superflue alla discrezionalità del giudice del merito senza fondare un diritto del soccombente in tal senso e che le spese da sanzionare col mancato riconoscimento parrebbero doversi pur sempre riferire ad una sola parte e non a due parti tra loro distinte e legittimamente in giudizio in ragione del concorso tra le rispettive posizioni, basta rilevare che il cessionario è comunque titolare di una facoltà di intervenire e resta meramente eventuale, ma del tutto legittima e così tale da giustificare l’accollo delle relative spese al soccombente in virtù di principi generali del regime delle spese di lite, la scelta di non estromissione ai sensi dell’art. 111 c.p.c.;

il ricorso, inammissibili i primi quattro motivi ed infondato l’ultimo, va pertanto rigettato, con conseguente condanna dei ricorrenti, tra loro in solido per l’evidente identità di posizione processuale, alle spese di lite qui sostenute dalle controricorrenti, in relazione all’attività processuale rispettivamente svolta;

infine, poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono i presupposti processuali (a tanto limitandosi la declaratoria di questa Corte: Cass. Sez. U. 20/02/2020, n. 4315) per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto il comma 1-quater al testo unico di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 (e mancando la possibilità di valutazioni discrezionali: tra le prime: Cass. 14/03/2014, n. 5955; tra le innumerevoli altre successive: Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) – della sussistenza dell’obbligo di versamento, in capo a parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti, tra loro in solido, al pagamento delle spese, liquidate: in favore di Unicredit spa, in Euro 3.000,00 per compensi, oltre spese forfettarie nella misura del 15 per cento, esborsi liquidati in Euro 200,00 ed accessori di legge; in favore della mandataria di Fino 2 Securitisation srl, in Euro 4.000,00 per compensi, oltre spese forfettarie nella misura del 15 per cento, esborsi liquidati in Euro 200,00 ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 11 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 16 novembre 2020

 

 

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