Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25857 del 18/11/2013


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 25857 Anno 2013
Presidente: AMATUCCI ALFONSO
Relatore: VINCENTI ENZO

SENTENZA
sul ricorso 31512-2007 proposto da:
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del suo
Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO,
che lo rappresenta e difende per legge;
– ricorrente contro

DI VIETRO FRANCESCO, DI VIETRO TERESA, DI VIETRO ANNAMARIA,
DI VIETRO FILIPPA, DI VIETRO SABINO, DI VIETRO ANTONIA, DI
VIETRO ANGELA, DI VIETRO GIUSEPPINA, SEDICINA ISABELLA, DI
VIETRO VINCENZA, DI VIETRO MICHELE;
– intimati t

avverso la sentenza n. 3002/2006 del TRIBUNALE di BARI,

c2.44

A843

depositata il 05/12/2006 R.G.N. 13295/2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza
del 04/10/2013 dal Consigliere Dott. ENZO VINCENTI;

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Data pubblicazione: 18/11/2013

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale
Dott. TOMMASO RASILE, che ha concluso per l’accoglimento del
ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. – Con sentenza depositata il 5 dicembre 2006, il
Tribunale di Bari – in accoglimento dell’appello proposto in
data 21 dicembre 2004 da Isabella Sedicina, Michele Di

Vietro, Sabino Di Vietro, Antonia Di Vietro, Angela Di
Vietro, Giuseppina Di Vietro, Vincenza Di Vietro e Annamaria
Di Vietro avverso la sentenza del Giudice di pace di Bari del
5 novembre 2003, che aveva dichiarato inefficace e nullo il
precetto (per lire 4.328.905) e l’atto pignoramento
notificati dai predetti appellanti al Ministero dell’economia
e delle finanze rispettivamente nelle date 21 settembre 2000
e 2 novembre 2000 – dichiarava estinto il processo.
Il Tribunale rigettava la preliminare eccezione del
Ministero appellato sulla intempestività del gravame,
ritenendo che non si dovesse applicare al caso di specie ove il creditore procedente aveva manifestato con la rinuncia
“la volontà di non procedere oltre con l’esecuzione” l’esclusione delle cause di opposizione dalla sospensione dei
termini processuali in periodo feriale, ai sensi dell’art. 3
della legge n. 742 del 1969.
Quanto poi all’estinzione del giudizio, il Tribunale
riteneva valida ed efficace la rinuncia “agli atti ed agli
effetti della citazione” notificata il 26 luglio 2002 al
Ministero dell’economia e delle finanze, a seguito di
riassunzione del giudizio di opposizione agli atti esecutivi
ed all’esecuzione promosso dal predetto Ministero avverso i
surrichiamati atti di precetto e di pignoramento dinanzi al
giudice dell’esecuzione del Tribunale di Bari, il quale si
dichiarava incompetente, rimettendo le parti dinanzi al
Giudice di pace della medesima Città. A tal riguardo, il
Tribunale assumeva, in particolare, che al momento della

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(2Y

Vietro, Filippa Di Vietro, Francesco Di Vietro, Teresa Di

notificazione dell’atto di rinuncia della prima riassunzione,
il 12 novembre 2002, l’Amministrazione non era costituita in
giudizio, posto che non aveva ancora iscritto a ruolo il
proprio atto di riassunzione del 9 novembre 2002.
2. – Per la cassazione di tale sentenza ricorre il
Ministero dell’economia e delle finanze sulla base di due
motivi.

Isabella Sedicina, Michele Di Vietro, Filippa Di Vietro,
Francesco Di Vietro, Teresa Di Vietro, Sabino Di Vietro,
Antonia Di Vietro, Angela Di Vietro, Giuseppina Di Vietro,
Vincenza Di Vietro e Annamaria Di Vietro.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.

– Con il primo mezzo, assistito da quesito di

diritto, è denunciata, in riferimento all’art. 360, primo
comma, n. 4, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione
degli art. 615 e 629 cod. pro. civ.
Il ricorrente Ministero osserva che, come emergerebbe
dalla sentenza impugnata, l’atto di rinuncia dei creditori
procedenti riguardava l’atto di citazione di citazione in
riassunzione del giudizio di opposizione all’esecuzione
notificato all’Amministrazione il 27 luglio 2002, sicché
l’oggetto del giudizio concerneva la verifica dell’efficacia
delle rinuncia ai fini dell’estinzione del giudizio di
opposizione.
Avrebbe, dunque, errato il Tribunale di Bari a ritenere
che da detta rinuncia conseguisse una cessazione della
materia del contendere per aver i creditori manifestato la
volontà di non procedere oltre con l’esecuzione, posto che
essa non atteneva agli atti esecutivi, ma solo al giudizio di
opposizione, la cui estinzione “non spiega alcun effetto a
sua volta estintivo nei confronti del processo esecutivo”.
2.

– Con il secondo mezzo, assistito da quesito di

diritto, è dedotta

in riferimento all’art. 360, primo

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Non hanno svolto attività difensiva gli intimati

comma, n. 4, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione
dell’art. 3 della legge n. 742 del 1969.
Emergendo da quanto esposto con il primo mezzo che,
nella specie, non si verteva in ipotesi di cessazione della
materia del contendere, avrebbe errato il Tribunale
nell’escludere l’applicazione dell’art. 3 della legge n. 742
del 1969 al giudizio di opposizione all’esecuzione inter
e, di conseguenza, ad applicare la sospensione dei

termini processuali nel periodo feriale in relazione all’atto
di appello, notificato ben oltre il termine annuale ex art.
327 cod. proc. civ.
3. – I motivi – che possono essere congiuntamente
scrutinati per la loro stretta connessione – sono fondati.
3.1. – La sentenza impugnata, quanto al rigetto
dell’eccezione di decadenza dall’impugnazione per tardività
dell’appello, sollevata dal Ministero appellato, ha evocato a
proprio sostegno la giurisprudenza di questa Corte, la quale
ritiene che la sospensione trovi applicazione nei giudizi di
opposizione in materia di esecuzione allorquando la
situazione attiva, di cui il creditore s’era affermato
titolare e per la cui soddisfazione aveva minacciato o
iniziato l’esecuzione forzata, abbia cessato d’essere
contestata fra le parti ed abbia ricevuto soddisfazione
proprio attraverso il processo esecutivo, ma tra le parti
stesse si continui a discutere, soltanto ai fini del riparto
delle spese del processo, sul se il creditore avesse o meno
il diritto di promuovere l’azione esecutiva (tra le altre,
Cass., 21 dicembre 1994, n. 10994; Cass., 23 gennaio 1998, n.
658; Cass., 25 giugno 2003, n. 10132).
3.2. – Siffatto orientamento è stato però superato dalla
più recente giurisprudenza di questa Corte e, in ogni caso,
non risulta pertinente al caso di specie.
Si è difatti affermato, in via più generale, che, i
sensi degli artt. l e 3 della legge 7 ottobre 1969, n. 742, e
dell’art. 92 del r.d. 30 gennaio 1941, n. 12, la sospensione
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partes

dei termini processuali nel periodo feriale non si applica
alle opposizioni esecutive, riferendosi tale disciplina al
processo di opposizione all’esecuzione in ogni sua fase,
compreso il giudizio di cassazione, “a prescindere dal
contenuto della sentenza e dai motivi di impugnazione”
(Cass., 11 gennaio 2012, n. 171). Peraltro, già Cass., 27
aprile 2010, n. 9997 – in linea con Cass., 22 marzo 2007, n.

principio secondo il quale “la sospensione feriale dei
termini processuali non si applica alle opposizioni esecutive
anche quando l’impugnazione venga proposta, contestandosene
il fondamento, avverso la sentenza dichiarativa della
cessazione della materia del contendere (implicante,
comunque, una pronuncia sulla pretesa esecutiva in contesa
tra le parti) e sulla correlata statuizione riguardante le
spese”.
3.3. – Invero, neppure i connotati della fattispecie
oggetto di cognizione consentirebbero di tener in maggior
conto l’orientamento più risalente, posto che nella specie
non è mai cessata tra le parti ogni contestazione sulla
situazione attiva di cui i creditori si erano affermati
titolari, giacché, in primo grado, l’opposizione del
Ministero era stata accolta e, in fase di gravame, gli
appellanti chiedevano l’estinzione del solo giudizio di
opposizione, là dove l’Amministrazione appellata insisteva
per la conferma della sentenza del Giudice di pace.
Appare, dunque, evidente che, avendo la rinuncia dei
creditori procedenti (come dà atto in sentenza lo stesso
Tribunale di Bari) ad oggetto esclusivamente gli “atti” e gli
“effetti” della citazione in riassunzione del giudizio di
opposizione, effettuata con atto notificato il 27 luglio 2002
– e, dunque, vertendo essa soltanto sul giudizio di
opposizione all’esecuzione ed agli atti esecutivi instaurato
originariamente dal Ministero avverso gli atti di precetto e
pignoramento degli stessi creditori procedenti – non poteva

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6940 e Cass., 3 novembre 2009, n. 23266 – aveva enunciato il

ravvisarsi alcuna volontà degli stessi creditori “di non
procedere oltre con l’esecuzione” (come affermato nella
impugnata sentenza), posto che, in ragione dell’autonomia tra
i due procedimenti, l’estinzione del giudizio di cognizione,
cui tale opposizione abbia dato luogo, non impedisce la
prosecuzione del processo esecutivo; mentre è la rinuncia del
creditore all’esecuzione che, comportando l’estinzione di

il venir meno dell’interesse dell’opponente alla prosecuzione
del giudizio medesimo e, con ciò, la cessazione della materia
del contendere (in tale prospettiva, Cass., 25 maggio 1998,
n. 5207; Cass., 28 luglio 1997, n. 7059; Cass., sez. un., 23
aprile 1987, n. 3933; Cass., 17 novembre 1976, n. 4293).
3.4. – Il Tribunale di Bari ha, dunque, errato
nell’escludere l’applicazione dell’art. 3 della legge n. 742
del 1969 al giudizio di opposizione esecutiva oggetto della
presente cognizione e, di conseguenza, a rigettare
l’eccezione (sollevata dal Ministero appellato) di decadenza
degli appellanti dall’impugnazione, giacché – come risulta
dalla stessa sentenza di appello – il gravame era stato
interposto con atto notificato il 21 dicembre 2004 e, dunque,
ben oltre il termine annuale di cui all’art. 327 cod. proc.
civ. (al quale non potevano sommarsi i 46 giorni della
sospensione feriale dei termini processuali), essendo stata
pubblicata la sentenza gravata il 5 novembre 2003.
4. – Il ricorso va, pertanto, accolto e la sentenza
impugnata deve essere cassata senza rinvio; ai sensi
dell’art. 382, terzo comma, cod. proc. civ., deve dichiararsi
l’inammissibilità dell’appello tardivamente proposto dai
creditori procedenti dinanzi al Tribunale di Bari.
Le spese del doppio grado del giudizio di merito e
quelle del presente giudizio di legittimità vanno poste a
carico degli intimati, soccombenti, come liquidate in
dispositivo, in mancanza di nota spese.
PER QUESTI MOTIVI
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questa e la rimozione del vincolo del pignoramento, comporta

LA CORTE
accoglie il ricorso;
cassa senza rinvio la sentenza impugnata e, ai sensi
dell’art. 382, terzo comma, cod. proc. civ., dichiara
inammissibile l’appello proposto dai creditori procedenti attuali intimati – avverso la sentenza del Giudice di pace di
Bari del 5 novembre 2003;

delle spese del doppio grado del giudizio di merito e del
presente giudizio di legittimità in favore del Ministero
dell’economia e delle finanze, che liquida: per il primo
grado in complessivi euro 820,00, di cui euro 500,00 per
onorari, oltre spese prenotate a debito; per il secondo grado
in complessivi euro 1.178,00, di cui euro 710,00 per onorari,
oltre spese prenotate a debito; per il presente giudizio di
legittimità in complessivi euro 1.500,00, oltre spese
prenotate a debito.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della
Sezione Terza civile della Corte suprema di Cassazione, in
data 4 ottobre 2013.

condanna gli intimati, in solido tra loro, al pagamento

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