Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25854 del 15/12/2016

Cassazione civile, sez. VI, 15/12/2016, (ud. 24/11/2016, dep.15/12/2016),  n. 25854

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23065/2015 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

R.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE DEL VIGNOLA

5, presso lo studio dell’avvocato LIVIA RANUZZI, rappresentato e

difeso dall’avvocato LUIGI QUERCIA, giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 452/11/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della PUGLIA, del 30/01/2015 depositata il 03/03/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

24/11/2016 dal Consigliere Relatore Dott. GIULIA IOFRIDA.

Fatto

IN FATTO

L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, nei confronti di R.R. (che resiste con controricorso), avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Puglia n. 452/11/2015, depositata in data 3/03/2015, con la quale – in controversia concernente l’impugnazione di un avviso di accertamento emesso per maggiori IRPEF ed addizionali, regionali e comunali, dovute in relazione all’anno d’imposta 2006, a seguito di rideterminazione del reddito in via sintetica, D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 38, è stata riformata la decisione di primo grado, che aveva respinto il ricorso del contribuente.

In particolare, i giudici d’appello, nell’accogliere il gravame del contribuente, hanno sostenuto, ritenendo previamente infondata l’eccezione, dell’Ufficio, di inammissibilità del motivo di appello per novità, in violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57, in quanto la questione doveva ritenersi “già contenuta nel ricorso introduttivo”, che l’avviso doveva essere annullato, stante l’assenza del contraddittorio preventivo, obbligatorio alla luce delle modifiche al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, introdotte dal D.L. n. 78 del 2010, art. 22, applicabile retroattivamente.

A seguito di deposito di relazione ex art. 380 bis c.p.c., è stata fissata l’adunanza della Corte in Camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti.

Si dà atto che il Collegio ha disposto la redazione della ordinanza con motivazione semplificata.

Diritto

IN DIRITTO

1. La ricorrente lamenta, con il primo motivo, la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, del D.L. n. 78 del 2010, art. 22, avendo la C.T.R. ritenuto che la nuova disposizione, introduttiva dell’obbligo di contraddittorio preventivo nella procedura di accertamento sintetico, fosse applicabile anche agli accertamenti anteriori all’anno 2009, malgrado espressa norma transitoria di tenore contrario. Con il secondo motivo, in subordine, la ricorrerne lamenta la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57 e art. 345 c.p.c., avendo i giudici della C.T.R. basato la loro decisione su di un’eccezione avanzata per la prima volta in grado di appello.

2. La prima censura è fondata, con assorbimento della seconda.

Le Sezioni Unite di questa Corte hanno invero affermato (Cass. 24823/2015) il seguente principio di diritto: “Differentemente dal diritto dell’Unione europea, il diritto nazionale, allo stato della legislazione, non pone in capo all’Amministrazione fiscale che si accinga ad adottare un provvedimento lesivo dei diritti del contribuente, in assenza di specifica prescrizione, un generalizzato obbligo di contraddittorio endoprocedimentale, comportante, in caso di violazione, l’invalidità dell’atto. Ne consegue che, in tema di tributi “non armonizzati”, l’obbligo dell’Amministrazione di attivare il contraddittorio endoprocedimentale, pena l’invalidità dell’atto, sussiste esclusivamente in relazione alle ipotesi, per le quali siffatto obbligo risulti specificamente sancito; mentre in tema di tributi “armonizzati”, avendo luogo la diretta applicazione del diritto dell’Unione, la violazione dell’obbligo del contraddittorio endoprocedimentale da parte dell’Amministrazione comporta in ogni caso, anche in campo tributario, l’invalidità dell’atto, purchè, in giudizio, il contribuente assolva l’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere, qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attirato, e che dette ragioni (valutate con riferimento al momento del mancato contraddittorio), si riveli non pretestuosa e tale da configurare, in relazione al canone generale di correttezza e buona fede ed al principio di lealtà processuale, sviamento dello strumento difensivo rispetto alla finalità di corretta tutela dell’interesse sostanziale, per le quali è stato predisposto”.

Le Sezioni Unite hanno evidenziato, appunto, come, nella normativa tributaria nazionale, in relazione ai tributi non armonizzati, non si rinviene alcuna disposizione espressa che sancisca in via generale l’obbligo del contraddittorio endoprocedimenrale, al di fuori di precise disposizioni che tale contraddittorio prescrivono, peraltro a condizioni e con modalità ed effetti differenti, in rapporto a singole ben specifiche ipotesi, quale “il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 7 (come modificato dal D.L. n. 78 del 2010, art. 22, comma 1, convertito in L. n. 122 del 2010″ in tema di accertamento sintetico”.

Nella specie, è pacifico che si verte in ipotesi di accertamento sintetico notificato per l’anno d’imposta 2006, in relazione al quale non opera li modifica normativa di cui al D.L. n. 78 del 2010, convertito in L. n. 122 del 2010. Invero, il D.L. 31 maggio 2010, n. 7, ha disposto (con l’art. 22, comma 1), con specifica norma di diritto transitorio, che le modifiche operano in relazione agli “accertamenti relativi ai redditi per i quali il termine di dichiarazione non è ancora scaduto alla data di entrata in vigore del presente decreto” e quindi la norma ha effetto dal periodo d’imposta 2009 (cfr. Cass. 21041/2014; Cass. 22746/2015).

La sentenza della C.T.R. non è pertanto conforme ai suddetti principi di diritto.

3. Per tutto quanto sopra esposto, in accoglimento del primo motivo del ricorso, assorbito il secondo, va cassata la sentenza impugnata ci rinvio alla C.T.R. della Puglia, in diversa composizione. Il giudice del rinvio provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il primo motivo del ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata, con rinvio, anche in ordine alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità, alla C.T.R. della Puglia.

Così deciso in Roma, il 24 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 15 dicembre 2016

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