Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25853 del 23/09/2021

Cassazione civile sez. II, 23/09/2021, (ud. 11/03/2021, dep. 23/09/2021), n.25853

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 31995/2018 proposto da:

MINISTERO ECONOMIA FINANZE, (OMISSIS), IN PERSONA DEL MINISTRO PRO

TEMPORE, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso. AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende;

– ricorrente –

nonché da:

C.P., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA ADRIANA

11, presso lo studio dell’avvocato UGO GIURATO, che la rappresenta e

difende;

– conroricorrente e ricorrente incidentale –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di PERUGIA, depositata il

19/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

11/03/2021 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE GRASSO.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

ritenuto che la Corte d’appello di Perugia in composizione collegiale, accolta la domanda avanzata da C.P., davanti a esso Giudice riproposta in riassunzione, dopo che la Corte di Roma aveva declinato la propria competenza, condannò il Ministero di Economia e Finanze, per la non ragionevole durata di un processo amministrativo, al pagamento dell’indennizzo di Euro 5.500,00 e al rimborso delle spese legali, liquidate in complessive Euro 675,00;

che avverso il decreto ricorre il Ministero sulla base di unitaria censura e che la C. resiste con controricorso, in seno al quale propone ricorso incidentale sulla base di due motivi, ulteriormente argomentando con memoria illustrativa;

considerato che il ricorso principale, con il quale l’Amministrazione deduce violazione della L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2 quinquies, lett. a), assumendo che il Giudice dell’equo indennizzo avrebbe dovuto rigettare la domanda, stante che la parte avrebbe dovuto essere reputata consapevole della originaria infondatezza della propria domanda, siccome era dato cogliere dalla motivazione del TAR per la Regione Lazio, il quale ne aveva rigettato la pretesa, non merita accoglimento, valendo quanto segue:

– pur vero che la consapevolezza della temerarietà della pretesa portata all’esame del giudice nel giudizio presupposto costituisce un elemento negativo del fatto, nel senso che solo in assenza di esso e nel concorrere degli altri presupposti sorge il diritto all’indennizzo, tuttavia, tuttavia, il fondamento della temerarietà della pretesa avanzata dalla C. nel giudizio amministrativo presupposto riposa su una interpretazione della motivazione di cui alla sentenza del TAR, in questa sede non allegata e, quindi, non conoscibile e solo apoditticamente evocata;

considerato che il primo motivo del ricorso incidentale, con il quale la ricorrente incidentale denunzia violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., nonché omesso esame di un fatto controverso e decisivo, per non avere la decisione impugnata tenuto conto del fatto che la predetta, prima del deposito, in data 6/4/2009, d’istanza di prelievo, aveva depositato analoga istanza l’8/5/2001, con la conseguenza che la irragionevole durata del processo si era protratta per quattordici anni e cinque mesi e non per soli undici anni, risulta fondato, valendo quanto segue:

– la Corte Costituzionale con la sentenza n. 34/2019, ha dichiarato “l’illegittimità costituzionale del D.L. 25 giugno 2008, n. 112, art. 54, comma 2 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, nella L. 6 agosto 2008, n. 133, come modificato dal D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104, art. 3, comma 23, all. 4 (Attuazione della L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 44, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo) e dal D.Lgs. 15 novembre 2011, n. 195, art. 1, comma 3, lett. a), n. 6 (Disposizioni correttive ed integrative al D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104, recante codice del processo amministrativo a norma della L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 44, comma 4)”, in quanto “il rimedio interno deve garantire la durata ragionevole del giudizio o l’adeguata riparazione della violazione del precetto convenzionale ed il rimedio preventivo è tale se efficacemente sollecitatorio – l’istanza di prelievo, cui fa riferimento il D.L. n. 112 del 2008, art. 54, comma 2 (prima della rimodulazione, come rimedio preventivo, operatane dalla L. n. 208 del 2015), non costituisce un adempimento necessario ma una mera facoltà del ricorrente (ex art. 71, comma 2, del codice del processo amministrativo, la parte “può” segnalare al giudice l’urgenza del ricorso), con effetto puramente dichiarativo di un interesse già incardinato nel processo e di mera “prenotazione della decisione” (che può comunque intervenire oltre il termine di ragionevole durata del correlativo grado di giudizio), risolvendosi in un adempimento formale, rispetto alla cui violazione la, non ragionevole e non proporzionata, sanzione di improponibilità della domanda di indennizzo risulta non in sintonia né con l’obiettivo del contenimento della durata del processo né con quello indennitario per il caso di sua eccessiva durata”;

– sul punto riguardante la portata e la vigenza della norma, successivamente caducata dalla Corte Costituzionale con la citata sentenza, non si è formato alcun giudicato interno proprio perché il punto predetto risulta essere stato investito dalla censura della parte, la quale ne ha, quindi, contestato l’effetto (cfr., per l’affermazione del principio che qui si applica, Sez. 2, n. 8645/2020); di conseguenza, il motivo deve essere accolto, dovendo il Giudice del merito rivalutare il periodo della non ragionevole durata del processo alla luce della dichiarata illegittimità della norma di cui s’e’ detto;

considerato che il secondo motivo del ricorso incidentale, con il quale viene dedotta violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., art. 2233 c.c. e del D.M. n. 55 del 2014, resta assorbito dall’accoglimento del primo;

considerato che in ragione di quanto esposto il provvedimento impugnato deve essere cassato con rinvio, rimettendosi al Giudice del rinvio anche il regolamento delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

rigetta il ricorso principale; accoglie il primo motivo del ricorso incidentale e dichiara assorbito il secondo; cassa il provvedimento impugnato in relazione all’accolto motivo e rinvia alla Corte d’appello di Perugia, altra composizione, anche per il regolamento delle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 11 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 23 settembre 2021

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