Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25850 del 18/11/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 25850 Anno 2013
Presidente: LA TERZA MAURA
Relatore: MAMMONE GIOVANNI

Data pubblicazione: 18/11/2013

ORDINANZA
sui ricorsi iscritti al n. 11168-2011 proposti da:
POSTE ITALIANE SPA (c.f. 97103880585), elettivamente domiciliata
in Roma in via Luigi Giuseppe Faravelli n. 22, presso lo studio
dell’Avvocato Arturo Maresca, che la rappresenta e difende per
procura a margine del ricorso;

– ricorrente contro
ROMEO ENZO;

– intimato avverso la sentenza n. 3798/10 della Corte d’appello di Roma,
depositata in data 30.04.10;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
10.10.2013 dal Consigliere dott. Giovanni Nlammone;
udito l’Avv. il P.M. nella persona del Sostituto Procuratore generale
dott. Costantino Fucci.
Ritenuto in fatto e diritto
1.- Con sentenza del Tribunale di Roma veniva rigettato il
ricorso con cui Romeo Enzo chiedeva di dichiarare la nullità
dell’apposizione del termine a due contratti di assunzione alle
dipendenze di Poste Italiane s.p.a., disposta in suo favore
rispettivamente per i periodi 1.06-31.07.98 per “necessità di

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9. Poste Italiane spa e. Romeo Enzo (r.g. 11168-11)

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espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie nel
periodo giugno settembre” e 2.03-31.05.00 per “esigenze eccezionali
conseguenti alla fase di ristrutturazione e rimodulazione degli assetti
occupazionali in corso, in ragione della graduale introduzione di nuovi
processi produttivi, di sperimentazione di nuovi servizi e in attesa
dell’attuazione del progressivo e completo equilibrio sul territorio delle
risorse umane”, in entrambi i casi stipulati ex art. 8 del ccnl 26.11.94.
2.- Proposto appello da Romeo, la Corte d’appello di Roma con
sentenza del 30.04.10 accoglieva parzialmente l’impugnazione e
dichiarava la nullità del termine apposto al secondo contratto,
dichiarando la sussistenza tra le parti di un rapporto di lavoro a tempo
indeterminato dal 2.03.00, ma rigettando la domanda di risarcimento
del danno proposta dall’appellante. Per quanto qui rileva, la Corte
affermava che — nell’ambito del sistema dell’art. 23 della legge n. 56 del
1987, che aveva delegato le oo.ss. a individuare nuove ipotesi di
assunzione a termine con la contrattazione collettiva — il contratto era
stato stipulato in forza dell’art. 8 del ccril Poste 26.11.94, come
integrato dall’accordo 25.9.97, per fare fronte ad esigenze eccezionali
connesse alla ristrutturazione dell’azienda. Considerato che la norma
collettiva consentiva l’assunzione a termine per detta causale solo fino
al 30.4.98, riteneva che il termine fosse illegittimamente apposto.
3.- Avverso questa sentenza Poste Italiane proponeva ricorso
per cassazione. Romeo non svolgeva attività difensiva. Il consigliere
relatore, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., ha depositato relazione, che è
stata comunicata al Procuratore generale ed è stata notificata al
difensore costituito assieme all’avviso di convocazione dell’adunanza
della camera di consiglio. Poste Italiane ha depositato memoria.
4.- I motivi della soc. Poste possono essere così riassunti:
4.1.- violazione degli artt. 342, 346 e 434 c.p.c., avendo il giudice
ritenuto ammissibile l’appello nonostante la genericità della sua
formulazione e la tempestiva eccezione proposta al riguardo dalla
società appellata (primo motivo);
4.2.- violazione di legge e carenza di motivazione in quanto il
rapporto di lavoro avrebbe dovuto essere ritenuto risolto per mutuo
consenso, costituendo l’ampio lasso di tempo trascorso tra la
cessazione del rapporto e l’offerta della prestazione indice di
disinteresse del lavoratore a sostenere la nullità del termine, di modo
che erroneamente il giudice di merito avrebbe affermato che l’inerzia
non costituisce comportamento idoneo a rappresentare la carenza di
interesse al ripristino del rapporto (motivi secondo e terzo);
4.3- violazione dell’art. 23 della legge n. 56 del 1987 e dei canoni
di ermeneutica contrattuale (art. 1362 e segg. c.c.) in relazione
all’interpretazione accolta dal giudice di merito dell’art. 8 del ccril

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26.11.94 e dell’accordo integrativo 25.9.97 e dei successivi accordi
integrativi. In particolare, il giudice di merito non avrebbe considerato
che gli accordi successivi a quello del 25.9.97 avevano valenza
ricognitiva della sussistenza delle condizioni legittimanti in fatto il
ricorso al contratto a termine, senza circoscrivere il ricorso a tale
strumento solo al periodo temporale indicato (quarto motivo).
5.- Il primo motivo (n. 4.1) è infondato, atteso che il giudice non
tratta il punto dell’ammissibilità dell’appello e, anzi, prendendo
compiutamente in esame l’impugnazione ne afferma implicitamente la
corretta formulazione. Sarebbe stato, invece, onere della ricorrente
indicare il tenore esatto dell’eccezione formulata sul punto, segnalando
specificamente le carenze dell’atto di appello, al fine di verificare se il
giudizio della Corte di merito non fosse stato in qualche modo
condizionato o fuorviato dalla imprecisione dell’impugnazione.
6.- Quanto ai motivi dedotti in punto di omesso rilievo della
risoluzione del contratto per mutuo consenso (n. 4.2) la giurisprudenza
della Corte di cassazione (v. per tutte Cass. 17.12.04 n. 23554 e
numerose altre seguenti) ha ritenuto che “nel giudizio instaurato ai fini
del riconoscimento della sussistenza di un unico rapporto di lavoro a
tempo indeterminato per la configurabilità di una risoluzione del
rapporto per mutuo consenso è necessario che sia accertata — sulla
base del lasso di tempo trascorso dopo la conclusione dell’ultimo
contratto a termine, nonché, alla stregua delle modalità di tale
conclusione, del comportamento tenuto dalla parti e di eventuali
circostanze significative — una chiara e certa comune volontà delle parti
di porre fine ad ogni rapporto lavorativo; la valutazione del significato
e della portata del complesso di tali elementi di fatto compete al
giudice di merito, le cui conclusioni non sono censurabili in sede di
legittimità se non sussistono vizi logici o errori di diritto”.
La Corte d’appello ha rilevato che la società appellante,
processualmente a tanto onerata, ha omesso di fornire elementi utili a
consentire la prospettata valutazione, non ritenendo sufficiente a
rappresentare la disaffezione della lavoratrice le circostanze che la
stessa non avesse immediatamente intrapreso l’azione giudiziaria
(essendo l’attesa ammissibile purché contenuta nei limiti
prescrizionali). Ha ritenuto, inoltre, non sintomatica della volontà di
concludere definitivamente ogni rapporto con Poste Italiane le
circostanze che il lavoratore avesse accettato le competenze di fine
rapporto e che il rapporto avesse avuto una breve durata.
Trattasi di considerazioni di merito congruamente motivate,
come tali non censurabili sul piano logico.
7.- Elementi di valutazione a favore della tesi di parte ricorrente
non possono rinvenirsi nelle disposizioni della legge 4.11.10 n. 183,
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9. Poste Italiane spa c. Romeo Enzo (r.g. 11168-11)

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che ha fissato al lavoratore un doppio termine di decadenza e di
inefficacia per azionare i propri diritti nel caso faccia valere la nullità
del termine apposto al contratto di lavoro (art. 32, su cui è
recentemente intervenuta la 1. 28.06.12 n. 92). Trattasi, infatti, di
disposizioni normative entrate in vigore successivamente alla stipula
del contratto e qui non applicabili ratione temporis.
8.- Il motivo quarto (n. 4.3) è infondato in forza della
giurisprudenza di questa Corte, la quale ritiene che l’art. 23 della 1.
28.2.87 n. 56, nel demandare alla contrattazione collettiva la possibilità
di individuare — oltre le fattispecie tassativamente previste dall’art. 1
della 1. 18.4.62 n. 230 nonché dall’art. 8 bis del d.l. 29.1.83 n. 17, conv.
dalla 1. 15.3.83 n. 79 — nuove ipotesi di apposizione di un termine alla
durata del rapporto di lavoro, configura una vera e propria delega in
bianco a favore dei sindacati, i quali, pertanto, non sono vincolati
all’individuazione di figure di contratto a termine comunque omologhe
a quelle previste per legge (v. S.u. 2.03.06 n. 4588). Dato che in forza di
tale delega le parti sindacali hanno individuato, quale nuova ipotesi di
contratto a termine, quella di cui all’accordo integrativo del 25.09.97, la
giurisprudenza ritiene che, con riferimento al distinto accordo attuativo
sottoscritto in pari data ed al successivo accordo attuativo sottoscritto in
data 16.01.98, con tali accordi le parti abbiano convenuto di
riconoscere la sussistenza fino al 31.01.98 (e poi in base al secondo
accordo attuativo, fino al 30.04.98), della situazione di fatto integrante
le esigemze eccezionali menzionate dal detto accordo integrativo.
Consegue che per far fronte alle esigenze derivanti da tale
situazione l’impresa poteva procedere (nei suddetti limiti temporali) ad
assunzione di personale straordinario con contratto tempo e che
l’esistenza di dette esigenze costituisse presupposto essenziale della
pattuizione negoziale; da ciò deriva che deve escludersi la legittimità
dei contratti a termine stipulati dopo il 30.04.98 in quanto privi di
presupposto normativo. In altre parole, dato che le parti collettive
avevano raggiunto originariamente un’intesa priva di termine ed
avevano successivamente stipulato accordi attuativi che avevano posto
un limite temporale alla possibilità di procedere con assunzioni a
termine, fissato inizialmente al 31.01.98 e successivamente al 30.04.98,
l’indicazione di tale causale nel contratto a termine legittima
l’assunzione solo ove il contratto scada in data non successiva al
30.04.98 (v., expkrimis, Cass. 23.8.06 n. 18378).
9.- La giurisprudenza ha, altresì, ritenuto corretta, nella
ricostruzione della volontà delle parti come operata dai giudici di
merito, l’irrilevanza attribuita all’accordo 18.1.01 in quanto stipulato
dopo oltre due anni dalla scadenza dell’ultima proroga, e cioè quando il
diritto del soggetto si era già perfezionato. Ammesso che le parti

Per questi motivi
La Corte rigetta il ricorso, nulla disponendo circa le spese del
giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma il 10 ottobre 2013
Ti Presidente

avessero espresso l’intento di interpretare autenticamente gli accordi
precedenti, con effetti comunque di sanatoria delle assunzioni a
termine effettuate senza la copertura dell’accordo 25.9.97 (scaduto in
forza degli accordi attuativi), la suddetta conclusione è comunque
conforme alla regula iuris dell’indisponibilità dei diritti dei lavoratori già
perfezionatisi, dovendosi escludere che le parti stipulanti avessero il
potere, anche mediante lo strumento dell’interpretazione autentica
(previsto solo per lo speciale settore del lavoro pubblico, secondo la
disciplina nel d.lgs. n. 165 del 2001), di autorizzare retroattivamente la
stipulazione di contratti a termine non più legittimi per effetto della
durata in precedenza stabilita (vedi, per tutte, Cass. 12.3.04 n. 5141).
10.- Conseguentemente i contratti scadenti al di fuori del limite
temporale del 30.04.98 sono illegittimi in quanto non rientranti nel
complesso legislativo-collettivo costituito dall’art. 23 della legge 28.2.87
n. 56 e dalla successiva legislazione collettiva che consente la deroga
alla legge n. 230 del 1962. Essendo il contratto oggetto
dell’impugnazione stipulato per “esigenze eccezionali ecc. …” per il
periodo 2.03-31.05.00, anche il quarto motivo deve essere rigettato.
11.- Inconferente è la richiesta contenuta nella memoria di Poste
Italiane di procedere a liquidazione indennitaria del danno, ai sensi
dell’art. 32 della 1. 4.11.10 n. 183, atteso che il giudice di appello ha
escluso che al lavoratore competesse alcunché a titolo di risarcimento.
12.- Il ricorso deve essere dunque rigettato, senza che peraltro
debba essere adottata pronunzia sulle spese del giudizio di legittimità,
atteso che parte intimata non ha svolto attività difensiva.

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