Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2585 del 30/01/2019

Cassazione civile sez. trib., 30/01/2019, (ud. 12/09/2018, dep. 30/01/2019), n.2585

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – rel. Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO M.G. – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 10978/2012 R.G. proposto da:

V.R.S., avvocato, in proprio, con domicilio

eletto presso il suo studio in Roma, Corso Trieste n. 185;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio eletto in Roma, via Dei Portoghesi, n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato;

– intimata –

Avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio

n. 719/14/11 depositata il 09/11/2011, non notificata;

Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del

12/9/2018 dal consigliere Succio Roberto.

Fatto

RILEVATO

che:

– con la sentenza di cui sopra la Commissione Tributaria Regionale ha rigettato l’appello del contribuente avverso la cartella di pagamento da questi impugnata con la quale il fisco corregge il quadro RX001 della dichiarazione reddituale per l’anno 2003;

– avverso la sentenza di seconde cure propone ricorso per cassazione la contribuente con atto affidato a tre motivi; l’Amministrazione Finanziaria non ha spiegato attività difensiva;

Diritto

CONSIDERATO

che:

– con il primo motivo di ricorso si denuncia violazione del D.L. n. 89 del 2011, art. 39, n. 23, come convertito in L. n. 111 del 2011, per aver la CTR comunque deciso la causa in presenza dell’istanza di sospensione del giudizio presentata dal contribuente;

– il motivo è infondato;

– la giurisprudenza di questa Corte è costante nel ritenere (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 11070 del 12/05/2006) che la L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 16, comma 6, ha disposto la sospensione di tutte le liti fiscali suscettibili di definizione ai sensi del medesimo articolo, eccettuando solo quelle per le quali il contribuente presenti istanza di trattazione e quelle per le quali sia stata già stata fissata la trattazione della lite nel periodo di sospensione, salvo che per esse il contribuente dichiari di volersi avvalere delle disposizioni del citato articolo; si è peraltro sul punto precisato che qualora, in violazione della prima delle due previsioni, l’udienza di trattazione sia stata tenuta in assenza di qualsiasi manifestazione di volontà della parte privata, si determina una nullità solo relativa, la quale rimane sanata ove le parti non abbiano dichiarato all’udienza di trattazione di volersi avvalere delle disposizioni dell’art. 16, comma 6 ed abbiano anzi insistito nelle loro posizioni per ottenere un “dictum” giudiziale;

– nel caso che ci occupa, risulta dalla sentenza impugnata che la discussione in pubblica udienza ha avuto regolarmente luogo, in assenza di istanze di sospensione da parte del contribuente che dovevano essere non solo depositata in atti ma rinnovate in sede di pubblica udienza;

– ciò risulta coerente con quanto precisato da questa Corte (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 23618 del 11/11/2011) proprio in tema di disciplina di definizione delle liti fiscali pendenti D.L. 6 luglio 2011, n. 98, ex art. 39, comma 12 (conv., con mod. nella L. 15 luglio 2011, n. 111); l’astratta “definibilità” della lite, nella specie di valore inferiore a ventimila euro, per la sussistenza dei presupposti richiesti, non determina di per sè l’automatica sospensione del procedimento fino al 30 giugno 2012, se ne sia stata fissata la data di trattazione, in quanto, ai sensi dell’art. 39, comma 12, cit. e della L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 16, comma 6, è necessario che la parte faccia richiesta di volersi avvalere della speciale normativa;

– Con il secondo motivo di ricorso si censura la sentenza impugnata per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 23 e degli artt. 166 e 167 c.p.c. per avere la CTR ritenuto tempestive le eccezioni del fisco, ancorchè svolte in sede di controdeduzioni tardivamente depositate nella costituzione in giudizio in primo grado perfezionata oltre il termine di 60 giorni previsto ex lege;

– il motivo è infondato;

– questa Corte ha ritenuto (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 18962 del 28/09/2005) esattamente in tema di contenzioso tributario, che la costituzione in giudizio della parte resistente deve avvenire, ai sensi del D.Lgs 31 dicembre 1992, n. 546, art. 23, entro sessanta giorni dalla notifica del ricorso, a pena di decadenza dalla facoltà di proporre eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d’ufficio e di fare istanza per la chiamata di terzi; ha però puntualizzato che qualora tali difese non siano concretamente esercitate (e nulla si evince sul punto, non provvedendo il ricorrente a trascrivere in ricorso l’atto di controdeduzioni dell’Ufficio tardivamente depositato) nessuna altra conseguenza sfavorevole può derivarne al resistente, sicchè deve escludersi qualsiasi sanzione di inammissibilità per il solo fatto della tardiva costituzione della parte resistente, cui deve riconoscersi il diritto, garantito dall’art. 24 Cost., sia di difendersi, negando i fatti costitutivi della pretesa attrice o contestando l’applicabilità delle norme di diritto invocate dal ricorrente, sia di produrre documenti ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 24 e 32, facoltà esercitabile anche in appello ai sensi del D.Lgs. medesimo, art. 58;

– ancora, si è ritenuto che (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 2925 del 10/02/2010) nel processo tributario è addirittura ammissibile la costituzione dell’appellato in udienza, senza l’osservanza dei termini e dei modi indicati nel D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 23, atteso che la sanzione processuale dell’inammissibilità non è prevista dalla norma e la sua applicazione impedirebbe alla parte, in violazione dell’art. 24 Cost., di partecipare alla discussione orale della causa all’udienza e di esercitare il diritto fondamentale alla difesa, confutando le ragioni della controparte e la ricorrenza delle norme da questa invocate;

– si è detto poi che il ricorrente, pur deducendo in tal senso, non trascrive in ricorso le controdeduzioni avversarie, rendendo a questa Corte impossibile, stante la violazione del principio di autosufficienza del motivo e del ricorso, valutare se in quella sede il Fisco abbia o meno svolto eccezioni effettivamente tardive; trova quindi applicazione quella giurisprudenza di questa Corte, alla quale si intende nella presente sede aderire, secondo la quale (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 6734 del 02/04/2015) in tema di contenzioso tributario, la costituzione in giudizio della parte resistente deve avvenire, ai sensi del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 23, entro sessanta giorni dalla notifica del ricorso, a pena di decadenza dalla facoltà di proporre eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d’ufficio e di fare istanza per la chiamata di terzi, sicchè, qualora tali difese non siano state concretamente esercitate, nessun altro pregiudizio può derivare al resistente, al quale va riconosciuto il diritto di negare i fatti costitutivi della pretesa attrice, di contestare l’applicabilità delle norme di diritto invocate, nonchè di produrre documenti ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 24 e 32;

– Con il terzo motivo si deduce infine la violazione dello Statuto dei diritti del contribuente, art. 6, comma 2 e art. 7, nonchè del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 36 bis e 36 ter e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 bis, oltre che degli artt. 115 e 116 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c.; il motivo risulta inammissibile in quanto non coglie il decisum, dal momento che si incentra sulla asserita omessa valutazione da parte della CTR della documentazione prodotta dal contribuente (che in ogni caso sarebbe questione di merito qui preclusa), e nel merito è comunque del tutto infondato;

– tal documentazione, come indica il contribuente stesso, era relativa all’anno in riferimento, il 2003, mentre il fondamento della pretesa azionata nel presente giudizio – come è dato evincere dalla cartella di pagamento trascritta in ricorso – era invero l’utilizzo per l’anno 2003 (evidentemente non consentito) della somma di Euro 6.669,00 già oggetto di utilizzo in compensazione nell’anno 2002. Nulla risulta sia stato prodotto con riferimento all’anno di cui si è appena detto;

– con riferimento poi all’omessa previa notifica dell’avviso di accertamento, peraltro denunciata in ricorso in modo del tutto generico senza alcun riferimento alle disposizioni di legge che si assumono violate, nondimeno il motivo è del tutto infondato; questa Corte ha già ritenuto (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 7291 del 22/03/2017) che in tema d’imposte sui redditi, il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-bis consente all’Amministrazione finanziaria di procedere direttamente all’iscrizione a ruolo, senza previa emissione dell’ avviso di accertamento, quando la maggiore imposta risulti dovuta sulla base dei meri dati numerici esposti nella dichiarazione del contribuente, mentre è obbligatoria l’emissione dell’ avviso di accertamento parziale, D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 41-bis, qualora il maggiore reddito si evinca dai dati dell’anagrafe tributaria;

– Ancora, si è pure statuito, proprio con specifico riferimento alle previsioni dello Statuto dei diritti del contribuente qui invocato, che (Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 27716 del 21/11/2017) in tema di riscossione delle imposte, la L. n. 212 del 2000, art. 6, comma 5, non impone l’obbligo del contraddittorio preventivo in tutti i casi in cui si debba procedere ad iscrizione a ruolo, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis, ma soltanto “qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione”, situazione, quest’ultima, che non ricorre nessariamente nei casi soggetti alla disposizione appena indicata, la quale implica un controllo di tipo documentale sui dati contabili direttamente riportati in dichiarazione, senza margini di tipo interpretativo; del resto, se il legislatore avesse voluto imporre il contraddittorio preventivo in tutti i casi di iscrizione a ruolo derivante dalla liquidazione dei tributi risultanti dalla dichiarazione non avrebbe posto la condizione di cui al citato inciso.

– Nulla sulle spese.

PQM

Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 12 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 30 gennaio 2019

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