Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25847 del 14/10/2019

Cassazione civile sez. I, 14/10/2019, (ud. 10/05/2019, dep. 14/10/2019), n.25847

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 24451/2015 proposto da:

G.M., elettivamente domiciliato in Roma Via Aquileia 12

presso lo studio dell’avvocato Morsillo Andrea che lo rappresenta e

difende, con procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Banca Popolare di Sondrio, coop p.a., in persona del legale rappres.

p.t. elettivamente domiciliato in Roma, al V.le Gorizia 22 presso lo

studio dell’avvocato Motti Barsini Giuseppe Ludovico che lo

rappresenta e difende, con procura speciale in calce al

controricorso.

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1618/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata in data 11/03/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

10/05/2019 dal Consigliere Dott. CAIAZZO ROSARIO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

G.M. propose opposizione al decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Roma il 2.7.03 che gli intimò il pagamento, a favore della Banca popolare di Sondrio, della somma di Euro 380.354,68 oltre agli interessi convenzionali dal 16.2.02, quale fideiussore delle obbligazioni assunte dalla Tobel s.r.l., debitrice della suddetta banca per saldo passivo del conto corrente. L’opponente eccepì la decadenza della banca dalla garanzia fideiussoria, in applicazione dell’art. 1957 c.c., per non aver il creditore coltivato il diritto nei confronti del debitore principale e per avergli notificato il decreto ingiuntivo nove mesi dopo la dichiarazione del fallimento della Tobel s.r.l..

Il Tribunale rigettò l’opposizione.

G. propose appello, contestando il quantum della somma ingiunta. Con sentenza dell’11.3.15, la Corte d’appello di Roma, in riforma della sentenza impugnata, condannò l’appellante al pagamento della somma di Euro 309.874,14 oltre agli interessi convenzionali, osservando che: il G. non aveva contestato in sede d’opposizione al decreto ingiuntivo la somma ingiunta; non erano rilevabili d’ufficio le nullità contrattuali eccepite nell’atto d’appello attesa la tardività dell’allegazione dei relativi fatti costitutivi dell’eccezione (avendo il ricorrente formulato un unico motivo d’appello relativo alla suddetta decadenza ex art. 1957 c.c.); era invece accoglibile il motivo afferente alla limitazione della garanzia alla somma di Lire 600 milioni.

Il G. ricorre in cassazione con due motivi illustrati con memoria. Resiste la banca Popolare di Sondrio, coop. p.a., con controricorso, illustrato con memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo è denunziata falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., art. 2697 c.c. e art. 50 del TUB, in quanto la Corte d’appello ha erroneamente ritenuto che il credito della banca non era stato contestato nell’atto d’opposizione al decreto ingiuntivo, avendo invece il ricorrente eccepito, nello stesso atto, l’inesistenza del credito azionato, stante l’inidoneità probatoria dell’estratto di saldaconto bancario.

Con il secondo motivo è denunziata la violazione dell’art. 1421 c.c., avendo la Corte d’appello rigettato le eccezioni di nullità contrattuale sollevate nella comparsa conclusionale in primo grado e nell’atto d’appello, pur avendole considerate quali difese, ed avendo il ricorrente rappresentato i fatti posti a fondamento delle predette eccezioni.

Il primo motivo è inammissibile, in quanto il ricorrente non riporta il passo dell’atto d’opposizione a decreto ingiuntivo in cui avrebbe sollevato la questione dell’inidoneità probatoria dell’estratto di saldaconto, mentre il riferimento, nelle conclusioni, all’inesistenza del credito va ovviamente interpretato alla luce dei motivi dell’opposizione stessa.

Il secondo motivo è infondato in applicazione del principio consolidato secondo cui la nullità delle clausole che prevedono un tasso d’interesse usurario è rilevabile anche di ufficio, non integrando gli estremi di un’eccezione in senso stretto, bensì di una mera difesa, che può essere proposta anche in appello, nonchè formulata in comparsa conclusionale, sempre che, però, sia fondata su elementi già acquisiti al giudizio (Cass., n. 24483/13; n. 17150/16).

Nella fattispecie, il G. ha sollevato la questione nella comparsa conclusionale in primo grado e nell’atto d’appello, ma tale difesa non era fondata su elementi di fatto già acquisiti in giudizio, tanto che il giudice d’appello ha precisato che la banca, nel costituirsi nel giudizio d’opposizione, stante l’unicità del motivo relativo alla sola eccezione di decadenza dalla garanzia, non aveva neppure prodotto gli estratticonto dai quali desumere l’eventuale anatocismo lamentato dal ricorrente.

Le spese seguono la soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida nella somma di Euro 10.200,00 di cui 200,00 per esborsi, oltre alla maggiorazione del 15% per rimborso forfettario delle spese generali egli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 10 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 14 ottobre 2019

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