Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25844 del 14/10/2019

Cassazione civile sez. I, 14/10/2019, (ud. 04/04/2019, dep. 14/10/2019), n.25844

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. FEDERICO Guido – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 12798/2015 proposto da:

Banca Monte Dei Paschi Di Siena Spa, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Largo

Toniolo 6, presso lo studio dell’avvocato Morera Umberto, che la

rappresenta e difende, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

A.F., S.G.V.R.,

At.Sa., C.F.M., R.M.D.,

elettivamente domiciliati in Roma, Piazza Cavour, presso la

Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentati e difesi

dall’avvocato Domenico Romito, giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrenti –

e contro

T.A., T.R.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 178/2015 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 12/02/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/04/2019 dal Cons. Dott. FEDERICO GUIDO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARDINO ALBERTO, che ha concluso per l’accoglimento del primo

motivo, con assorbimento del secondo e quarto, rigetto del terzo

motivo;

udito l’Avvocato Morera per il ricorrente, che ha chiesto

l’accoglimento;

udito l’Avvocato Romito per il controricorrente A., che ha

chiesto il rigetto.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con atto di citazione notificato il 21.09.2009, A.F., S.G.V.R., At.Sa., C.F.M., R.M., A. e T.R., convenivano in giudizio innanzi al Tribunale di Trani la Banca Monte dei Paschi di Siena, per sentir dichiarare:

in via principale l’inesistenza e/o nullità e/o inefficacia e/o annullabilità del contratto di investimento relativo ai bond (OMISSIS) negoziati e condannare la banca convenuta alla restituzione delle seguenti somme:

di Euro 12.000,00 nei confronti del sig. A.;

di Euro 52.124,80 in favore delle sig.re T.;

di Euro 41.000,00 nei confronti della sig.ra S.; Euro 7.069,91 per i sig.ri At. e C. ed Euro 20.000,00 per il sig. R., oltre ad interessi compensativi, con riferimento al rendimento medio dei titoli di stato e danno da svalutazione monetaria ex art. 1224 c.c.

in via subordinata, accertato il grave inadempimento della Banca convenuta per aver violato le regole poste a tutela del risparmiatore, dichiarare la risoluzione dei contratti e condannarsi la banca al risarcimento del danno.

La Banca MPS, costituitasi, chiedeva il rigetto delle domande e spiegava, in subordine, domanda riconvenzionale per la restituzione dei titoli di cui agli ordini di acquisto, oltre all’importo delle cedole percepite dagli attori e la somma pari al controvalore dei titoli all’attualità.

Il Tribunale di Trani, con la sentenza n. 914/2010 respingeva le domande di annullabilità e di nullità degli ordini ed accoglieva la domanda subordinata di inadempimento contrattuale formulata dagli attori e quella di restituzione dei titoli proposta dalla convenuta. La Corte d’Appello di Bari, con la sentenza n. 178/2015, in riforma della sentenza di prime cure, disattesa l’eccezione di difetto di legittimazione passiva del sig. R., in accoglimento dell’appello incidentale, dichiarava la nullità dei contratti-quadro per difetto di forma e, conseguentemente, degli ordini di acquisto delle obbligazioni (OMISSIS).

Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, la Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a.

I signori A., S., At., C. e R. resistono con controricorso.

A. e T.R. non hanno svolto, nel presente giudizio, attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Va preliminarmente disattesa l’eccezione d’inammissibilità del ricorso sollevata dai contro ricorrenti, per la mancata riproposizione dei motivi di impugnazione avverso la sentenza di primo grado, i quali non erano stati esaminati dalla Corte d’Appello, in conseguenza dell’accoglimento dell’appello incidentale.

Si deduce l’inammissibilità del ricorso poichè, avendo la Corte territoriale deciso sull’appello incidentale ritenendolo fondato con conseguente assorbimento dell’appello principale, parte ricorrente avrebbe dovuto riproporre in questa sede le censure sollevate con i motivi dell’appello principale che la Corte territoriale aveva dichiarato assorbiti.

L’eccezione è destituita di fondamento.

Atteso che i motivi dell’appello principale proposti dalla banca non sono stati esaminati e sono stati dichiarati assorbiti dalla Corte d’Appello che ha accolto l’appello incidentale degli odierni contro ricorrenti, dichiarando la nullità delle operazioni per cui è causa, nessun “giudicato interno” si è formato al riguardo.

La pronuncia di nullità del contratto-quadro di negoziazione, ed a cascata delle relative operazioni attuative, in quanto logicamente pregiudiziale rispetto all’inadempimento della banca ritenuto dal primo giudice, non implica evidentemente una pronuncia di rigetto implicito, con la conseguenza che la trattazione dei capi della sentenza di primo grado travolti dalla pronuncia di appello non è preclusa nell’eventuale giudizio di rinvio, non sussistendo l’onere per la parte ricorrente di investire con il ricorso pure tali capi, che non sono stati trattati nella sentenza impugnata.

Passando ai motivi di ricorso, con il primo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 23 TUF in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, per avere la Corte territoriale rilevato l’invalidità del contratto-quadro per difetto della forma prescritta dalla legge, anche nel caso in cui, pur recando la sottoscrizione del cliente, non vi sia la sottoscrizione della Banca.

Con il secondo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 23 TUF in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, per avere la Corte territoriale ritenuto, muovendo dall’assunto dell’originaria nullità dei contratti-quadro per difetto di sottoscrizione della sola banca, che per alcuni dei resistenti, per i quali si era realizzato un perfezionamento del consenso, tale perfezionamento non avrebbe spiegato effetti retroattivi, avendo efficacia solamente ex nunc.

Con il terzo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 1325,1326 e 1351 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, per avere la Corte territoriale escluso il perfezionamento successivo dei contratti quadro con riferimento alle posizione di A.F., T.R., S.G. e S.M., perchè i contratti prodotti in giudizio dalla banca non erano completi, risultando depositati unicamente il primo e l’ultimo foglio.

I motivi che, per la loro connessione, vanno unitariamente esaminati, sono fondati.

Secondo il più recente indirizzo di questa Corte, in tema d’intermediazione finanziaria, il requisito della forma scritta del contratto-quadro, posto a pena di nullità (azionabile dal solo cliente) dal D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 23 va inteso non in senso strutturale, ma funzionale, avuto riguardo alla finalità di protezione dell’investitore assunta dalla norma, sicchè tale requisito deve ritenersi rispettato ove il contratto sia redatto per iscritto e ne sia consegnata una copia al cliente ed è sufficiente che vi sia la sottoscrizione di quest’ultimo, e non anche quella dell’intermediario, il cui consenso ben può desumersi alla stregua di comportamenti concludenti dallo stesso tenuti (Cass. Sez. U. n. 898/2018).

I contratti bancari soggetti alla disciplina di cui al D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 117 così come i contratti di intermediazione finanziaria, non esigono, ai fini della valida stipula del contratto, la sottoscrizione del documento contrattuale da parte della banca, il cui consenso si può desumere alla stregua di atti o comportamenti alla stessa riconducibili, sicchè la conclusione del negozio non deve necessariamente farsi risalire al momento in cui la scrittura privata che lo documenta, recante la sottoscrizione del solo cliente, sia prodotta in giudizio da parte della banca stessa, potendo la certezza della data desumersi da uno dei fatti espressamente previsti dall’art. 2704 c.c. o da altro fatto che il giudice reputi significativo a tale fine, nulla impedendo che il negozio venga validamente ad esistenza prima della produzione in giudizio della relativa scrittura ed indipendentemente da tale evenienza (Cass. 4243/2018).

Questa Corte ha ancora recentemente ribadito il principio secondo cui ai fini dell’integrazione del requisito della forma scritta prevista dall’art. 23 TUF in relazione ai contratti d’intermediazione finanziaria, è sufficiente che il contratto quadro venga sottoscritto dal cliente e che gli venga rilasciata una copia, non essendo necessaria altresì la firma della Banca, il cui consenso può trarsi anche da altri elementi.

Da ciò consegue che il relativo consenso si può desumere alla stregua di atti o comportamenti alla banca stessa riconducibili, sicchè la conclusione del negozio non deve necessariamente farsi risalire al momento in cui la scrittura privata che lo documenta, recante la sottoscrizione del solo cliente, sia prodotta in giudizio da parte della banca stessa, potendo la certezza della data desumersi da uno dei fatti espressamente previsti dall’art. 2704 c.c. o da altro fatto che il giudice reputi significativo a tale fine, nulla impedendo che il negozio venga validamente ad esistenza prima della produzione in giudizio della relativa scrittura ed indipendentemente da tale evenienza (Cass. 14243 del 2018).

Da ciò consegue, inoltre, che non è di ostacolo alla prova della forma scritta e conseguente validità del negozio, il fatto che in sede di giudizio non venga prodotto l’intero contratto ma la sola parte recante la sottoscrizione dei clienti, posto che, come già evidenziato, il negozio deve ritenersi perfezionato indipendentemente dalla produzione in giudizio della relativa scrittura.

Non sussiste dunque la nullità per difetto di forma che era stata affermata nell’impugnata sentenza.

Con il quarto motivo si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 81,99 e 100 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 con riferimento alla posizione di R.M., per avere la Corte territoriale ritenuto che la contitolarità del rapporto contrattuale legittimasse quest’ultimo ad agire in giudizio.

Il motivo è infondato.

Parte ricorrente deduce che la Corte territoriale sia incorsa in errore avendo confuso il profilo della legittimazione processuale con quello della contitolarità di un rapporto contrattuale, rispetto al quale il R., non avendo titolarità piena, avrebbe potuto agire solo in presenza di consenso dell’altro contitolare.

Si osserva, in contrario, che la contitolarità di un rapporto contrattuale, salvo che sia espressamente prevista la necessaria iniziativa congiunta (che nel caso di specie non risulta neppure dedotta), legittima ciascuno dei titolari ad agire, anche disgiuntamente, a tutela dei diritti nascenti dalla unitaria posizione di parte contrattuale, atteso che secondo le regole generali della comunione dei diritti – la gestione dei rapporti obbligatori, non implicando disposizione della posizione comune ma solo una attività di gestione ordinaria, è espressione del diritto di ciascuno all’amministrazione della stessa (Cass.27021/2016).

In conclusione, vanno accolti i primi tre motivi di ricorso, respinto il quarto.

La sentenza impugnata va dunque cassata con rinvio della causa ad altra sezione della Corte d’Appello di Bari, anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo, secondo e terzo motivo di ricorso. Rigetta il quarto.

Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche la regolazione delle spese del presente giudizio, ad altra sezione della Corte d’Appello di Bari.

Così deciso in Roma, il 4 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 14 ottobre 2019

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