Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25842 del 23/09/2021

Cassazione civile sez. VI, 23/09/2021, (ud. 27/04/2021, dep. 23/09/2021), n.25842

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCRIMA Antonietta – Presidente –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – rel. Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

Dott. GORGONI Marilena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al numero 15336 del ruolo generale dell’anno

2019, proposto da:

G.R. (C.F.: (OMISSIS)), in proprio e quale legale

rappresentante pro tempore della FANTASY DRINK di G.R.

& C. S.a.s. (P.I.: (OMISSIS)) rappresentato e difeso

dall’avvocato Claudio Defilippi (C.F.: DFL CLD 68L23 E4633);

– ricorrente –

nei confronti di:

CREDIT AGRICOLE CARISPEZIA S.p.A. (C.F.: non indicato), in persona

del legale rappresentante pro tempore;

– intimata –

per la cassazione della sentenza della Corte di appello di Genova n.

1741/2018, pubblicata in data 16 novembre 2018; udita la relazione

sulla causa svolta nella camera di consiglio in data 27 aprile 2021

dal consigliere Augusto Tatangelo.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Cassa di Risparmio della Spezia S.p.A. (poi divenuta Credit Agricole Carispezia S.p.A.) ha promosso l’esecuzione forzata nei confronti di G.R., sulla base di un titolo esecutivo costituito da contratto di mutuo fondiario.

Il G., anche quale legale rappresentante della Fantasy Drink di G.R. & C. S.a.s. (debitrice principale, secondo quanto affermato nel ricorso) ha proposto opposizione all’esecuzione ai sensi dell’art. 615 c.p.c..

L’opposizione è stata rigettata dal Tribunale di La Spezia.

La Corte di Appello di Genova ha confermato la decisione di primo grado.

Ricorre il G., in proprio e nella qualità sopra precisata, sulla base di un unico motivo.

Non ha svolto attività difensiva in questa sede la società intimata.

E’ stata disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375,376 e 380 bis c.p.c., in quanto il relatore ha ritenuto che il ricorso fosse destinato ad essere dichiarato inammissibile/manifestamente infondato.

E’ stata quindi fissata con decreto l’adunanza della Corte, e il decreto è stato notificato alle parti con l’indicazione della proposta.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo del ricorso si denunzia “Violazione e/o falsa applicazione della L. n. 108 del 1996 artt. 1815 e 1343, art. 1322 comma 11, e art. 1414, comma 1 e, per avere la Corte di Appello ritenuto non collegati il contratto di mutuo fondiario e il contratto di conto corrente collegato, ritenendo il contratto di mutuo lecito e con causa lecita e non violati i principi di buona fede e correttezza – ex art. 360 c.p.c., n. 3”.

Il ricorrente sostiene che la corte di appello avrebbe erroneamente escluso la sussistenza di un collegamento negoziale tra il contratto di mutuo fondiario costituente il titolo esecutivo posto a base del pignoramento ed il contratto di conto corrente bancario sul quale venivano addebitate le rate del mutuo stesso e sul quale a suo dire erano stati addebitati anche interessi anatocistici ed usurari.

Sostiene inoltre che, in virtù di tale collegamento, dovrebbe affermarsi la nullità del contratto di mutuo, sia perché l’addebito di interessi anatocistici ed usurari in conto corrente avrebbe comportato la nullità del relativo saldo, sia perché la somma erogata a titolo di mutuo sarebbe stata in realtà destinata a ripianare il saldo negativo del conto corrente ovvero pregresse passività, con contestuale creazione di una garanzia reale, il che sarebbe sufficiente a determinare l’illiceità ovvero la carenza della causa del mutuo.

Deduce infine che la concessione di finanzia menti al debitore da parte della banca, che sia al corrente delle sue gravi difficoltà economiche, costituirebbe violazione dei doveri di correttezza e buona fede.

Il ricorso è inammissibile, ancor prima che manifestamente infondato.

Esso non rispetta i requisiti di ammissibilità previsti dall’art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 6.

Il requisito della esposizione sommaria dei fatti prescritto a pena di inammissibilità del ricorso per cassazione dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, è considerato dalla norma come uno specifico requisito di contenuto-forma del ricorso e deve consistere in una esposizione sufficiente a garantire alla Corte di cassazione di avere una chiara e completa cognizione del fatto sostanziale che ha originato la controversia e del fatto processuale, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti in suo possesso, compresa la stessa sentenza impugnata (Cass., Sez. U, Sentenza n. 11653 del 18/05/2006, Rv. 588770 01; conf.: Sez. 3, Ordinanza n. 22385 del 19/10/2006, Rv. 592918 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 15478 del 08/07/2014, Rv. 631745 – 01; Sez. 6 – 3, Sentenza n. 16103 del 02/08/2016, Rv. 641493 – 01). La prescrizione del requisito in questione non risponde ad un’esigenza di mero formalismo, ma a quella di consentire una conoscenza chiara e completa dei fatti di causa, sostanziali e/o processuali, che permetta di bene intendere il significato e la portata delle censure rivolte al provvedimento impugnato (Cass., Sez. U, Sentenza n. 2602 del 20/02/2003, Rv. 560622 – 01; Sez. L, Sentenza n. 12761 del 09/07/2004, Rv. 575401 – 01). Stante tale funzione, per soddisfare il suddetto requisito è necessario che il ricorso per cassazione contenga, sia pure in modo non analitico o particolareggiato, l’indicazione sommaria delle reciproche pretese delle parti, con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le hanno giustificate, delle eccezioni, delle difese e delle deduzioni di ciascuna parte in relazione alla posizione avversaria, dello svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni e, dunque, delle argomentazioni essenziali, in fatto e in diritto su cui si è fondata la sentenza di primo grado, delle difese svolte dalle parti in appello, ed infine del tenore della sentenza impugnata.

Il ricorso in esame, nell’esposizione del fatto, non presenta tale contenuto minimo.

Il ricorrente, in primo luogo, non chiarisce la sua precisa posizione nell’ambito del processo esecutivo (afferma che la società Fantasy Drink di G.R. & C. S.a.s. era la debitrice principale e che egli era fideiussore, ma non precisa se era stato parte del contratto di mutuo, se aveva concesso ipoteca e a che preciso titolo era assoggettato ad espropriazione, e neanche se era parte del contratto di conto corrente che assume collegato con il mutuo).

Inoltre, non riporta in modo chiaro e specifico le ragioni, in fatto e in diritto, che aveva posto a base della sua opposizione, nonché le difese della controparte, il contenuto della sentenza di primo grado e quello del suo gravame.

Considerato, inoltre, che nella sentenza impugnata si afferma la sussistenza di decisive lacune già nelle allegazioni poste a base dell’opposizione, prima ancora che nella dimostrazione dei fatti dedotti a sostegno della stessa, e che alcuni assunti di cui al ricorso non risultano del tutto coerenti con le prospetta-zioni emergenti dalla stessa sentenza e comunque non sono sufficientemente specifici (soprattutto con riguardo alla questione delle passività che le somme erogate a titolo di mutuo sarebbero andate a ripianare), risulta evidente che, in mancanza di un adeguato richiamo al preciso contenuto dell’atto introduttivo, anche le singole censure risultano prive della necessaria specificità, in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, il che non consente alla Corte di valutarne il merito.

A solo scopo di completezza espositiva è opportuno comunque ribadire che, secondo la giurisprudenza di questa Corte:

– il mutuo fondiario, quale risulta dalla disciplina di cui al D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385, art. 38 e ss., (T.U.B.), non è un mutuo di scopo, poiché di esso non è elemento essenziale la destinazione della somma mutuata a determinate finalità, risultando esso invece connotato dalla semplice possibilità di prestazione da parte del proprietario di immobili (rustici o urbani) a garanzia ipotecaria (Cass., Sez. 1, Sentenza n. 4792 del 26/03/2012, Rv. 621970 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 9511 del 20/04/2007, Rv. 598225 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 13768 del 18/09/2003, Rv. 566956 – 01; Sez. 1, Sentenza n. 317 del 11/01/2001, Rv. 543049 – 01);

– l’accredito contabile di una somma equivale alla sua materiale erogazione (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 17194 del 27/08/2015, Rv. 636304 – 01);

– la costituzione di una garanzia reale ipotecaria per un preesistente credito chirografario rappresenta causa negoziale pienamente lecita, mentre l’eventuale pregiudizio che, in relazione alla predetta operazione, possa determinarsi per i creditori, non implica la nullità del negozio, ma al più, sussistendone tutti i presupposti previsti dalla legge, comporta la possibile revocabilità della garanzia o, in determinate circostanze, dell’eventuale pagamento così operato (cfr. in proposito, Cass., Sez. 1, Sentenza n. 26504 del 27/11/2013, Rv. 629377 – 01; cfr. altresì, sulla questione della revocabilità delle rimesse: Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 4202 del 21/02/2018, Rv. 648106 – 01; Sez. 1, Ordinanza n. 19746 del 25/07/2018, Rv. 650163 – 01).

Di conseguenza, deve escludersi, in linea generale, che la destinazione all’estinzione di pregresse passività della somma erogata a titolo di mutuo possa di per sé determinare la nullità per difetto di causa del contratto di mutuo (da ultimo, con riguardo ai vari principi di diritto sopra richiamati, cfr: Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 724 del 18/01/2021).

2. Il ricorso è dichiarato inammissibile.

Nulla è a dirsi con riguardo alle spese del giudizio non avendo la parte intimata svolto attività difensiva nella presente sede. Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, per il versamento, da parte del ricorrente (in proprio e nella qualità), dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso (se dovuto e nei limiti in cui lo stesso sia dovuto), a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte:

– dichiara inammissibile il ricorso.

Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, per il versamento, da parte del ricorrente (in proprio e nella qualità), dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso (se dovuto e nei limiti in cui lo stesso sia dovuto), a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Depositato in Cancelleria il 23 settembre 2021

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