Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25841 del 14/10/2019

Cassazione civile sez. II, 14/10/2019, (ud. 19/06/2019, dep. 14/10/2019), n.25841

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 14545-2015 proposto da:

D.G.A., elettivamente LAURA MANTEGAZZA 24, presso lo

studio dell’avvocato MARCO GARDIN, rappresentato e difeso

dall’avvocato D.G.A.;

– ricorrente –

contro

CONDOMINIO (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 464/2014 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 02/05/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/06/2019 dal Consigliere Dott. VARRONE LUCA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MISTRI CORRADO che ha concluso per l’accoglimento dei motivi

undicesimo, dodicesimo, tredicesimo e quattordicesimo, e per il

rigetto dei restanti.

udito l’Avvocato D.G.A. che ha insistito per

l’accoglimento del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il Tribunale di Sulmona respingeva la domanda proposta da alcuni condomini del condominio denominato (OMISSIS), sito in (OMISSIS), con la quale era stata chiesta la declaratoria di nullità o di annullamento di alcune delibere adottate il 10 settembre 2005 dall’assemblea.

2. L.M., M.G. ed D.G.A. proponevano appello avverso la suddetta sentenza.

3. La Corte d’Appello dell’Aquila rigettava integralmente l’impugnazione.

3.1 In particolare, la Corte d’Appello giudicava il primo motivo inammissibile prim’ancora che infondato. La censura aveva ad oggetto l’eccesso di potere che il gruppo maggioritario dei condomini aveva esercitato nell’affidare ingenti lavori di adeguamento del fabbricato ad un’impresa che non aveva la necessaria esperienza e un’adeguata solidità patrimoniale ed era legata a quel gruppo di condomini. Il giudice del gravame ricostruita la giurisprudenza in tema di sindacato sulle delibere assembleari condominiali rispetto al legittimo esercizio del potere discrezionale dell’organo deliberante evidenziava che nessuna delle delibere presentava il vizio di eccesso di potere posto che le decisioni avevano oggetto scelte discrezionali, eventualmente opinabili, dell’organo assembleare, che ben poteva stabilire di assegnare un appalto ad un’impresa che non forniva eccellenti garanzie di buon esecuzione del lavoro o che era vicina ad uno o più condomini, così come poteva riconoscere compensi all’amministratore o a terzi o decidere di estinguere anticipatamente un’obbligazione. Inoltre, il motivo era anche inammissibile perchè non era specificato in quale aspetto si era concretizzato l’eccesso di potere e quale era l’interesse della collettività dei condomini concretamente leso da quelle delibere e quale pregiudizio ricadeva sulle cose comuni.

3.2 Quanto alla questione relativa al fatto che le spese dei lavori erano state poste a carico di tutti i condomini, quando invece riguardavano locali di proprietà individuale, la Corte d’Appello evidenziava che nel fabbricato condominiale erano ospitati un certo numero di appartamenti che formavano un residence e un albergo denominato (OMISSIS). La società che gestiva l’albergo era proprietaria anche dei locali destinati all’attività ricettiva ed era proprietaria esclusiva di alcuni locali quali piscina, sala di proiezione, sala per conferenze, sala giochi, palestra, campi da tennis,garage che il regolamento condominiale destinava all’uso degli altri condomini. La Corte d’Appello evidenziava che, a fronte delle doglianze dei condomini, il condominio aveva, da un lato, negato la circostanza che i lavori di adeguamento alla normativa antincendio erano necessari solo perchè all’interno del fabbricato era ospitato un albergo e aveva dedotto che in assenza di quelle opere di adeguamento imposto dai vigili del fuoco e dal Comune l’intero complesso sarebbe stato dichiarato inagibile.

3.3 A fronte di tale contestazione gli appellanti non avevano fornito alcuna prova e, dunque, il loro motivo andava respinto. Peraltro, il regolamento di condominio stabiliva che il 50% era proprietà del residence e 50% proprietà dell’albergo e, dunque, ciascun condomino era stato reso edotto, fin dal momento dell’acquisto, della presenza di un albergo all’interno del fabbricato e, dunque, aveva avuto contezza del fatto che sarebbe stato chiamato eventualmente a contribuire anche alle spese di adeguamento che si fossero rese necessarie in ragione dell’anzidetta destinazione di una parte dell’immobile. Quanto alla piscina, la sala di proiezione, la sala per conferenze, la sala giochi, la palestra, i campi da tennis e il garage erano di proprietà esclusiva dell'(OMISSIS) sulla base di una sentenza definitiva del Tribunale di Sulmona che ne aveva accertato la proprietà in capo al suddetto (OMISSIS) ed aveva anche approvato le nuove tabelle millesimali vigenti all’interno del complesso edilizio.

3.4 La Corte d’Appello rilevava che, dal motivo di appello avente ad oggetto tali spese, non si capiva quale fosse il criterio di riparto adottato dall’assemblea e, dunque, il motivo d’appello era inammissibile. Infondata, invece, era la doglianza relativa al numero di voti corrispondenti ai millesimi, in quanto le innovazioni approvate per adeguare il fabbricato alla normativa antincendio non costituivano delle innovazioni per le quali era necessario un quorum deliberativo più alto pari alla metà dei partecipanti all’assemblea rappresentanti almeno 2/3 dei millesimi ex art. 1108 c.c. e neanche una modificazione della cosa comune intesa al suo miglior godimento da parte del solo (OMISSIS) per cui la spesa doveva essere sostenuta in toto dall’albergo ex art. 1102 c.c..

3.5 L’adeguamento del fabbricato alla normativa antincendio costituiva, invece, l’adeguamento di una porzione della struttura condominiale che nella specie si era reso obbligatorio per effetto di una norma di legge imperativa. I lavori, dunque, dovevano essere eseguiti anche senza il consenso dei condomini i quali potevano esprimersi solo in relazione ai tempi e ai modi.

3.6 La doglianza rispetto alla transazione che doveva essere approvata all’unanimità era generica e non indicava quali controversie ne costituivano l’oggetto e quali spese sarebbero state ripartite in maniera illegittima.

3.7 Per quanto riguardava il condomino D.G., oggi ricorrente, essendo la causa scindibile, non era necessario il suo consenso per la transazione e la mancanza di consenso comportava che la lite proseguisse tra lui e l’hotel.

3.8 Sulla mancata informazione in ordine alla delibera, la doglianza era del tutto infondata, in quanto i condomini dovevano chiedere all’amministratore l’esibizione di documenti ulteriori rispetto a quelli messi a disposizione presso la portineria. Il compenso extra all’amministratore non necessitava di una speciale maggioranza. L’assenza del legale rappresentante, in alcuni momenti dell’assemblea che aveva deliberato sulla transazione non poteva essere esaminata perchè il motivo d’appello non indicava quali fossero le deleghe date e i millesimi dei condomini delegante e non era possibile seguire la cosiddetta prova di resistenza, inoltre, vi era la possibilità di subdelega, così per la delibera di approvazione dei lavori di adeguamento del fabbricato. Infine, la Corte respingeva l’ultimo motivo di impugnazione, relativo alla genericità e indeterminatezza della delibera con la quale l’assemblea faceva proprie tutte le decisioni assunte nel corso di una precedente assemblea, tenutasi il 18 settembre 2004. In tal caso, non c’era alcuna genericità e indeterminatezza, essendo il contenuto della delibera agevolmente desumibile per relationem, facendo riferimento all’ordine del giorno dell’altra assemblea e all’inerente verbale.

4. D.G.A. ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base di 25 motivi.

5. Il condominio non si è costituito.

6. Il ricorrente in prossimità dell’udienza ha depositato memoria con la quale insiste nella propria richiesta di accoglimento del ricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo è così rubricato: violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3, – violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4, dell’art. 118 disp. att. c.p.c., – motivazione illogica, incoerente, incongrua e contraddittoria, comunque inidonea a sostenere il decisum e che pertanto ha determinato una decisione ingiusta, violazione e falsa applicazione degli artt. 1123 e 1104 c.c., con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3.

La Corte d’Appello ha erroneamente individuato il fatto costitutivo della domanda degli appellanti ed ha quindi rigettato il gravame, assumendo che nessuna prova era stata offerta al riguardo dagli stessi appellanti.

Il ricorrente si duole del fatto che poichè il thema decidendum aveva ad oggetto la circostanza che i lavori disposti dall’assemblea riguardassero anzichè beni aventi natura condominiale, beni privati di alcuni condomini, e, in particolare i locali adibiti a piscina, sala proiezione, sala per conferenze, sala giochi, palestra garage, su tale punto l’onere probatorio era stato compiutamente assolto dagli attori e poi appellanti.

Neppure poteva giustificarsi l’attribuzione a tutti i condomini delle spese delle opere per l’esigenza di salvaguardare l’intero edificio dal pericolo di incendi. In tal caso, infatti, le spese devono essere poste a carico dei condomini in proporzione al valore della quota di ciascuno ma solo in presenza del consenso di tutti i partecipanti al condominio. Inoltre, l’onere di sopportare le spese spetta esclusivamente a chi esercita l’attività fonte del pericolo. L’obbligo delle spese, infatti, si fonda sull’utilità che ad ogni singola proprietà esclusiva può derivare dalla cosa comune, con la conseguenza che ove la cosa comune oggetto dell’intervento non possa servire ad uno o più condomini non sussiste il loro obbligo a contribuire alle spese relative.

2. Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: ancora violazione e falsa applicazione dell’art. 1123 c.c., con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4 e art. 118 disp. att. c.p.c. (motivazione illogica, incoerente, incongrua e contraddittoria, comunque inidonea a sostenere il decisum e che pertanto ha determinato una decisione ingiusta).

Il ricorrente si duole della motivazione in ordine al riferimento al regolamento di condominio e alla conoscenza di esso da parte di ciascun condomino edotto fin dal momento dell’acquisto della presenza di un albergo all’interno del fabbricato.

A parere del ricorrente l’assemblea di condominio competente alla gestione delle cose e dei servizi comuni non può imporre ai condomini assenti o dissenzienti la partecipazione alle spese di gestione di un esercizio commerciale di proprietà di terzi ove non sia dimostrata l’esistenza di un diritto reale del condominio o comunque l’esistenza in ordine allo stesso di un’obbligazione propter rem a carico dei condomini.

3. Il terzo motivo di ricorso è così rubricato violazione o falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4, e art. 118 disp. att. c.p.c., con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3 (motivazione illogica, incoerente, incongrua e contraddittoria, comunque inidonea a sostenere il decisum e che pertanto ha determinato una decisione ingiusta).

Il ricorrente lamenta l’erroneità della decisione riguardo alla natura privata non condominiale dei beni interessati dai lavori di adeguamento alla normativa antincendio e alla conseguente illegittimità della deliberazione che aveva disposto la ripartizione della relativa spesa su tutti i partecipanti al condominio.

In sintesi, il condomino lamenta che nonostante l’obbligo di pagare i contributi condominiali gravi solo sul condomino proprietario dei beni, le spese per l’adeguamento alla normativa antincendio dei locali adibiti ad uso piscina sala di proiezione sala per conferenze sala giochi palestra garage continuano tuttora a gravare ingiustamente sulla intera collettività condominiale. Infatti, tali beni, non sono di proprietà dei condomini ma di proprietà esclusiva dell'(OMISSIS).

4. Il quarto motivo di ricorso è così rubricato: nullità della sentenza, con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 4 (motivazione illogica, incoerente, incongrua e contraddittoria, comunque inidonea a sostenere il decisum e che pertanto ha determinato una decisione ingiusta).

Il ricorrente ripropone, sotto il profilo del vizio di motivazione, la medesima censura di cui al terzo motivo circa la proprietà esclusiva dei beni oggetto dei lavori per l’adeguamento alla normativa antincendio.

5. Il quinto motivo di ricorso è così rubricato omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio è stato oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Anche con il quinto motivo il ricorrente ripropone la medesima censura sotto il profilo dell’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti per avere la Corte d’Appello trascurato di analizzare il concetto di beni ed impianti di proprietà comune dei partecipanti al condominio e quello di beni ed impianti di proprietà esclusiva dei singoli condomini e per aver omesso di tener conto del fatto che, gran parte dei lavori, interessavano beni di proprietà privata di partecipanti al condominio.

6. Il sesto motivo di ricorso è così rubricato violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c. e art. 324 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, avendo la Corte d’Appello omesso di prendere in considerazione il giudicato formatosi a seguito della sentenza del Tribunale di Sulmona numero 61 del 1995, pur essendo stata quest’ultima evocata nella stessa motivazione.

Il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 2909 c.c. e art. 324 c.p.c., per avere la Corte d’Appello omesso di prendere in considerazione il giudicato esterno costituito dalla sentenza del Tribunale di Sulmona n. 61 del 1995.

Il ricorrente lamenta che, pur avendo la Corte d’Appello riconosciuto l’esistenza del giudicato in ordine alla proprietà in capo all'(OMISSIS) dei locali di cui si è detto, aveva tuttavia escluso che il giudicato in tal modo formatosi potesse determinare un effetto preclusivo in merito ad un ulteriore accertamento circa la proprietà dei locali di cui si è detto.

6.1 I primi sei motivi, che possono essere trattati congiuntamente in quanto tutti attinenti alla questione relativa alla ripartizione delle spese condominiali in relazione ai beni quali: piscina, sala di proiezione, sala per conferenze, sala giochi, palestra, campi da tennis e garage, di proprietà esclusiva di singoli condomini, sono in parte inammissibili e in parte infondati.

6.2 Deve premettersi che il ricorrente ha proposto le censure, lamentando sia la violazione di legge ex art. 360 c.p.c., n. 3 sia la motivazione illogica, insufficiente, contraddittoria, e inidonea a sorreggere il decisum, richiamando anche la violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4.

I suddetti motivi nella parte in cui lamentano vizi della motivazione devono essere dichiarati inammissibili perchè a seguito della riforma dell’art. 360 c.p.c., n. 5 come modificato dalla L. n. 134 del 2012, il vizio denunciabile è limitato all’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, che è stato oggetto di discussione fra le parti, essendo stata così sostituita la precedente formulazione (omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio). La riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata (a prescindere dal confronto con le risultanze processuali). Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (cfr. S.U. 8053/2014). Pertanto, non possono essere sollevate doglianze per censurare, ai sensi dell’art. 360, n. 5 citato, la correttezza logica del percorso argomentativo della sentenza, a meno che non sia denunciato come incomprensibile il ragionamento ovvero che la contraddittorietà delle argomentazioni si risolva nella assenza o apparenza della motivazione (in tal caso, il vizio è deducibile quale violazione della legge processuale ex art. 132 c.p.c.) (Cass. 8054/2014).

Venendo al caso di specie, sul punto controverso, la motivazione della Corte d’Appello dell’Aquila è sufficiente a far comprendere l’iter logico seguito per la formazione del convincimento e, di conseguenza, consente l’effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice che, come si vedrà, risulta anche coerente con la giurisprudenza di legittimità in tema di riparto delle spese condominiali per gli impianti di uso comune.

6.3 Deve rilevarsi sin d’ora che, anche con riferimento ai motivi n. 12, 16, 18 e 20, il ricorrente ha svolto le censure lamentando sia la violazione di legge ex art. 360 c.p.c., n. 3, sia la motivazione illogica, insufficiente, contraddittoria, e inidonea a sorreggere il decisum, richiamando anche la violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4. Pertanto, anche in tali casi deve affermarsi l’inammissibilità delle censure relative al vizio di motivazione per la medesima ragione della sussistenza di una motivazione non apparente ed idonea a rendere chiare le ragioni poste a fondamento della decisione.

6.4 Ciò premesso può procedersi all’esame della restante parte dei primi sei motivi che sono infondati.

Dalla confusa narrazione delle vicende oggetto del giudizio e dall’altrettanto confusa esposizione dei suddetti motivi di doglianza, l’unica censura che è possibile ricavare riguarda il fatto che la Corte d’Appello non aveva tenuto conto che alcuni beni (in particolare i locali adibiti a piscina, sala proiezione, sala per conferenze, sala giochi, palestra e garage) oggetto dei lavori erano di proprietà esclusiva dell’hotel (OMISSIS) e che, dunque, rispetto ad essi i condomini proprietari degli appartamenti del residence non avrebbero dovuto partecipare alla relativa spesa.

In realtà la Corte d’Appello dell’Aquila, come del resto contraddittoriamente rileva lo stesso ricorrente, aveva affermato che i locali adibiti a piscina, sala proiezione, sala per conferenze, sala giochi, palestra e garage erano di proprietà esclusiva dell'(OMISSIS), come accertato da una sentenza del Tribunale di Sulmona, passata in giudicato.

Il giudice del gravame, tuttavia, aveva anche riscontrato che il Tribunale di Sulmona, con la medesima sentenza passata in giudicato, aveva riconosciuto il diritto d’uso sui beni indicati in capo a tutti i condomini, compresi quelli proprietari degli appartamenti, e aveva approvato anche le nuove tabelle millesimali vigenti all’interno del complesso edilizio, dalle quali emergeva che tutti i condomini dovevano provvedere alle spese relative a tali beni che rientravano nella disciplina del riparto delle spese inerenti le parti dei servizi comuni.

Il ricorrente evoca la sentenza del Tribunale di Sulmona solo in relazione all’affermazione della proprietà esclusiva dei suddetti beni in capo all’Hotel (OMISSIS) ma non fa alcun cenno alla parte della sentenza dove si riscontra la nuova approvazione delle tabelle millesimali e non contesta in alcun modo il fatto che le spese per i suddetti beni rientravano tra quelle destinate alla manutenzione dei servizi comuni come riscontrato dalla Corte d’Appello.

Dunque, la sentenza sul punto è immune dalle censure lamentate dal ricorrente il quale, al di là dei profili di inammissibilità per non aver contestato la diversa ratio decidendi che sorregge la decisione impugnata, non coglie il passaggio relativo al diritto d’uso e di godimento e si limita sostenere che le spese sui beni di proprietà esclusiva debbano ricadere esclusivamente sui relativi proprietari e non sull’intero condominio.

La sentenza impugnata, invece, si fondava proprio su tale diritto d’uso e di godimento e sull’attribuzione nelle tabelle millesimali dei suddetti beni tra quelli relativi ai servizi comuni.

Risulta infondata, pertanto, la censura di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio rappresentato dalla titolarità esclusiva in capo all’albergo dei suddetti beni. La Corte d’Appello, preso atto dell’esistenza della sentenza del Tribunale di Sulmona passata in giudicato di accertamento della proprietà esclusiva sui beni rappresentati dai locali, ne ha tratto le giuste conseguenze giuridiche.

Su tali beni, infatti, con la proprietà esclusiva concorre una comunione di godimento e un diritto d’uso in favore di tutti i condomini, compresi coloro i quali, nell’edificio sono titolari della proprietà dei residence. Donde l’applicazione del principio secondo il quale tutti i condomini – i quali ricavano una utilità dalla res, sono tenuti a sopportare le spese per la conservazione della cosa in misura proporzionale al valore delle singole proprietà esclusive. Pertanto, risulta corretta anche l’affermazione della Corte d’Appello circa la rilevanza del criterio di riparto delle suddette spese adottato nella delibera di approvazione dei lavori che il ricorrente non aveva indicato e che rendeva il motivo di appello inammissibile.

7. Il settimo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione dell’art. 1367 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, avendo la Corte d’Appello violato il principio secondo cui il contratto e le singole clausole di questo devono interpretarsi nel senso in cui possono avere qualche effetto, anzichè quello secondo cui non ne avrebbero alcuno.

Il ricorrente lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti rappresentato dall’interpretazione degli atti di autonomia privata senza ricercare la comune intenzione dei soggetti che hanno posto in essere gli atti stessi.

In altri termini la Corte avrebbe omesso di osservare il principale obbligo del giudice nell’attività di interpretazione degli atti di autonomia privata e cioè quello di ricercare l’intenzione perseguita dai contraenti con riferimento agli artt. 2 e 3 del regolamento condominiale.

8. L’ottavo motivo di ricorso è così rubricato violazione e falsa applicazione dell’art. 1363 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, avendo la Corte d’Appello non solo omesso di ricercare il senso complessivo del disposto dell’art. 2 del regolamento condominiale come lo stesso risulta dall’interpretazione delle clausole contenute nello stesso regolamento l’una per mezzo dell’altra.

Il ricorrente lamenta che la Corte d’Appello ha omesso di ricercare il senso complessivo del disposto dell’art. 2 del regolamento condominiale, così come lo stesso risulta dall’interpretazione delle clausole le une per mezzo delle altre.

9. Il nono motivo di ricorso è così rubricato: violazione o falsa applicazione dell’art. 1367 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, avendo la Corte d’Appello violato il principio secondo cui il contratto e le singole clausole di questo devono interpretarsi nel senso in cui possono avere qualche effetto anzichè in quello secondo cui non avrebbero alcuno.

Tale censura è riferita all’interpretazione degli artt. 2 e 3 del regolamento condominiale che, secondo il ricorrente, sarebbero stati erroneamente interpretati dalla Corte d’Appello con l’effetto di rendere del tutto incomprensibile la distinzione tra beni destinati all’uso di altri condomini ma di proprietà esclusiva dell'(OMISSIS) e parti e impianti di proprietà e di uso comune solo ad un gruppo di condomini.

9.1 Il settimo, ottavo e nono motivi di ricorso, che stante la loro evidente connessione possono essere trattati congiuntamente, sono infondati.

Il ricorrente parte dall’erroneo presupposto che la sentenza impugnata abbia affermato che i beni di uso comune quali la piscina, la sala di proiezione, quella per conferenze, la sala giochi, la palestra, i campi da tennis ed il garage appartenessero anche ai condomini del residence oltre che all’hotel.

Come si è detto, invece, la sentenza della Corte d’Appello dell’Aquila ha chiarito che, a seguito del passaggio in giudicato della sentenza del Tribunale di Sulmona, tali beni dovevano considerarsi di proprietà esclusiva dell'(OMISSIS), nonostante il diverso contenuto del regolamento condominiale.

Ne consegue che la violazione dei canoni interpretativi prospettati dal ricorrente con riferimento agli artt. 2 e 3 del regolamento condominiale è del tutto inconferente, in quanto, come si è detto, la decisione impugnata si è fondata sul fatto che la sentenza passata in giudicato del Tribunale di Sulmona aveva accertato che tali beni, se pur di proprietà esclusiva dell'(OMISSIS), erano in uso comune a tutti i condomini ed erano ricompresi nelle tabelle millesimali tra i beni e servizi in uso comune rispetto ai quali tutti i condomini dovevano partecipare alle spese.

10. Il decimo motivo è così rubricato: violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4 e art. 118 disp. att. c.p.c., con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3, – nullità della sentenza in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, – motivazione illogica, incoerente, incongrua e contraddittoria, comunque inidonea a sostenere il decisum e che pertanto ha determinato una decisione ingiusta motivazione apparente – violazione degli artt. 1123 e 1104 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, avendo la Corte d’Appello rigettato il motivo di appello riguardante la nullità o invalidità o inefficacia della deliberazione di approvazione del riparto delle spese per l’adeguamento del fabbricato alle norme di prevenzione degli incendi, in quanto gli appellanti non avevano indicato quale fosse il criterio di riparto adottato dall’assemblea nè specificato il diverso criterio d’applicazione al caso di specie.

A parere dei ricorrenti il criterio di riparto adottato era quello riconducibile a tutti condomini e quello da adottare doveva basarsi sulla titolarità del diritto di proprietà dei beni oggetto dei lavori.

10.1 Il decimo motivo è infondato.

La censura è meramente ripetitiva di quelle proposte con i primi sei motivi di ricorso ed è infondata per le medesime ragioni sopra esposte cui deve necessariamente rimandarsi.

11. L’undicesimo motivo è così rubricato: violazione o falsa applicazione degli artt. 1136 e ss., 1394 e 2373 c.c. e art. 342 c.p.c., eventuale violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., con riferimento al medesimo art. 360 c.p.c., n. 3 con riferimento alla ritenuta inammissibilità del motivo di appello con il quale i ricorrenti avevano affermato l’illegittimità della delibera con cui era stata approvata la transazione tra il condominio, la Società Hotel (OMISSIS) e la società Narciso.

Il ricorrente evidenzia di aver sostenuto l’illegittimità della delibera relativa alla transazione sin dal giudizio di primo grado e afferma che la transazione aveva ad oggetto controversie sorte anni prima in relazione a questioni del tutto diverse da quelle riguardanti il riparto delle spese approvato con la deliberazione impugnata e, dunque, tale questione non aveva rilevanza. Il motivo di appello, dunque, non era inammissibile ai sensi dell’art. 342 c.p.c., vecchia formulazione.

12. Il dodicesimo motivo è così rubricato: nullità della sentenza in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, ovvero violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4 e art. 118 disp. att. c.p.c., ovvero ancora omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, in relazione art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – motivazione illogica, incoerente, incongrua e contraddittoria, comunque inidonea a sostenere il decisum e che pertanto ha determinato una decisione ingiusta – avendo la Corte d’Appello ritenuto generico e, quindi, inammissibile il motivo di appello con il quale gli appellanti avevano affermato l’illegittimità della delibera con la quale era stata approvata la transazione ripassata tra il condominio, la società Hotel (OMISSIS) e la società Narciso.

Il ricorrente si duole della declaratoria di inammissibilità del motivo di appello con il quale era stata affermata l’illegittimità della delibera adottata a maggioranza con la quale era stata approvata la transazione tra il condominio, la società (OMISSIS) e la società Narciso. In sostanza il ricorrente ripropone la medesima censura di cui al motivo precedente sotto il profilo dell’omesso esame di un fatto decisivo.

13. Il tredicesimo motivo è così rubricato: violazione e falsa applicazione degli artt. 1965 e ss. c.c., artt. 112 e ss. c.p.c., con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3, avendo la Corte d’Appello ritenuto infondato il motivo con il quale gli appellanti avevano affermato l’illegittimità della delibera con la quale era stata approvata la transazione ripassata tra il condominio, la società Hotel (OMISSIS) e la società Narciso a causa del fatto che detta deliberazione e la medesima transazione erano state adottate senza il consenso del ricorrente, intervenuto personalmente nel giudizio oggetto di transazione.

14. Il quattordicesimo motivo è così rubricato: nullità della sentenza in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, ovvero violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4, e art. 118 disp. att. c.p.c., ovvero ancora omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, in relazione art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – motivazione illogica, incoerente, incongrua e contraddittoria, comunque inidonea a sostenere il decisum e che pertanto ha determinato una decisione ingiusta.

Il ricorrente formula la medesima censura di cui al motivo precedente sotto il profilo dell’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, sempre in relazione alla transazione adottata senza il consenso di D.G.A., nonostante quest’ultimo fosse intervenuto nel giudizio oggetto di transazione.

14.1 I motivi undici, dodici, tredici e quattordici che possono essere trattati congiuntamente, in quanto hanno tutti ad oggetto la delibera con la quale era stata approvata la transazione tra il Condominio, la società Hotel (OMISSIS) e la società Narciso2 sono inammissibili.

In primo luogo, i motivi difettano di specificità, in quanto non è riportato in alcun modo il contenuto della transazione cui la delibera fa riferimento e, tantomeno, l’oggetto delle controversie cui la stessa si riferiva.

Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte i requisiti di contenuto-forma previsti, a pena di inammissibilità, dall’art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 6, devono essere assolti necessariamente con il ricorso e non possono essere ricavati da altri atti, come la sentenza impugnata o il controricorso, dovendo il ricorrente specificare il contenuto della critica mossa alla sentenza impugnata, indicando precisamente i fatti processuali alla base del vizio denunciato, producendo in giudizio l’atto o il documento della cui erronea valutazione si dolga, o indicando esattamente nel ricorso in quale fascicolo esso si trovi e in quale fase processuale sia stato depositato, e trascrivendone o riassumendone il contenuto nel ricorso, nel rispetto del principio di specificità (Sez. 5, Sent. n. 29093 del 2018).

Inoltre, la sentenza impugnata aveva affermato che trattandosi di cause scindibili, la transazione non aveva effetto nei confronti del ricorrente, intervenuto personalmente nei relativi giudizi che continuavano rispetto alla sua posizione.

Il ricorrente non propone alcuna critica o censura su tale punto della decisione, rendendo pertanto inammissibili tutti i motivi sopra indicati. Dal compendio giustificativo sviluppato a supporto dei motivi di ricorso, infatti, emerge la totale obliterazione di tale parte della decisione e, tantomeno, è evincibile una critica all'”iter” logico-argomentativo che ha portato il giudice a regolare la vicenda al suo esame in base alla statuizione di non opponibilità della transazione al ricorrente. Le censure, pertanto, non sono idonee a mettere in discussione la “ratio decidendi” della decisione impugnata.

15. Il quindicesimo motivo è così rubricato: violazione e falsa applicazione degli artt. 1136 e ss. c.c., artt. 1109 e 2377 c.c., art. 342 c.p.c., con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3, per avere la Corte d’Appello ritenuto inammissibile il motivo di appello con il quale aveva lamentato l’illegittimità delle delibere impugnate siccome viziate per eccesso di potere.

Il ricorrente contesta l’affermazione che il motivo era inammissibile perchè non specificava in quale aspetto si era concretizzato l’eccesso di potere e quale sarebbe stato l’interesse della collettività dei condomini concretamente leso dalle delibere e il pregiudizio che da esso sarebbe derivato alla cosa comune.

Il ricorrente riporta parte dell’atto di appello dal quale si evince la contestazione dei fatti e dei comportamenti posti in essere dalla maggioranza assembleare allo scopo di arrecare pregiudizio agli altri partecipanti al condominio. Del tutto inconferente sarebbe poi il richiamo alla disposizione di cui all’art. 342 c.p.c..

16. Il sedicesimo motivo di ricorso è così rubricato: nullità della sentenza relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, ovvero violazione o falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4, e art. 118 disp. att. c.p.c., ovvero ancora omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, in relazione art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, – motivazione illogica, incoerente, incongrua e contraddittoria, comunque inidonea a sostenere il decisum e che pertanto ha determinato una decisione ingiusta, motivazione apparente.

Il ricorrente ripropone la medesima censura di cui al motivo precedente per non avere la Corte d’Appello indicato le ragioni per le quali aveva ritenuto inammissibile il motivo di appello con le quali gli appellanti avevano lamentato l’illegittimità per eccesso di potere delle delibere impugnate.

17. Il diciassettesimo motivo è così rubricato: violazione e falsa applicazione degli artt. 1136,1109,2377 e 2697 c.c., con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3, per avere la Corte d’Appello ritenuto infondato il motivo di appello con il quale gli appellanti avevano lamentato l’illegittimità delle delibere impugnate siccome viziate da eccesso di potere.

Il ricorrente premette che tale motivo riguarda in via principale le deliberazioni che attengono alla revoca della precedente deliberazione del 18 settembre 2004, ratifica del nome e della nomina del direttore dei lavori del responsabile della sicurezza del collaudatore in corso d’opera e, solo in via subordinata, alle deliberazioni di approvazione del progetto di riparto della spesa e di approvazione della transazione.

A parere del ricorrente le suddette delibere configuravano un’ipotesi di eccesso di potere perchè perseguivano un interesse diverso da quello sociale ovvero esclusivo di un gruppo di partecipanti invece che di tutti, in tal modo l’atto aveva finito con il deviare dalla finalità sua propria. Infatti, la delibera considerava come di pertinenza condominiale opere ed interventi che erano di interesse esclusivo di un solo condomino e riguardavano locali non appartenente al condominio ma di proprietà esclusiva della società (OMISSIS) e la medesima delibera era stata adottata con il voto favorevole proprio delle persone che se ne dovevano avvantaggiare e che versavano, dunque, in una situazione di evidente conflitto di interessi.

18. Il diciottesimo motivo è così rubricato: nullità della sentenza relazione art. 360 c.p.c., n. 4, ovvero violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4, art. 118 disp. att. c.p.c., motivazione illogica, incoerente, incongrua e contraddittoria, comunque inidonea a sostenere il decisum e che pertanto ha determinato una decisione ingiusta, motivazione apparente – avendo la Corte d’Appello ritenuto infondato il motivo con il quale gli appellanti avevano lamentato l’illegittimità delle delibere impugnate siccome viziate d’accesso di potere.

Il ricorrente ripropone la medesima censura di cui al motivo precedente sempre in relazione all’oggetto del motivo di appello con il quale si era lamentata l’illegittimità delle delibere perchè viziate da eccesso di potere e lamenta anche una motivazione perplessa nella parte in cui la Corte d’Appello afferma che nessuna delle anzidette delibere “sembra” integrare le caratteristiche proprie del vizio di eccesso di potere.

18. 1 I motivi quindicesimo, sedicesimo, diciassettesimo e diciottesimo sono in parte inammissibili e in parte infondati.

Quanto al vizio di motivazione, si è già detto che “Ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, nel testo introdotto dalla L. n. 134 del 2012, il vizio denunciabile è limitato all’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, che è stato oggetto di discussione fra le parti, essendo stata così sostituita la precedente formulazione (omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio). La riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata (a prescindere dal confronto con le risultanze processuali). Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (cfr. S.U. 8053/2014). Pertanto, non possono essere sollevate doglianze per censurare, ai sensi dell’art. 360, n. 5 citato, la correttezza logica del percorso argomentativo della sentenza, a meno che non sia denunciato come incomprensibile il ragionamento ovvero che la contraddittorietà delle argomentazioni si risolva nella assenza o apparenza della motivazione (in tal caso, il vizio è deducibile quale violazione della legge processuale ex art. 132 c.p.c.)”.

Quanto al vizio di violazione di legge, la sentenza della Corte d’Appello dell’Aquila, ampiamente motivata sulle ragioni per le quali non ricorreva alcun ipotesi di eccesso di potere nell’approvazione delle delibere condominiali impugnate, è conforme al seguente principio di diritto: ” In tema di condominio negli edifici, il sindacato dell’autorità giudiziaria sulle delibere assembleari non può estendersi alla valutazione del merito e al controllo della discrezionalità di cui dispone l’assemblea, quale organo sovrano della volontà dei condomini, ma deve limitarsi ad un riscontro di legittimità che, oltre ad avere riguardo alle norme di legge o del regolamento condominiale, può abbracciare anche l’eccesso di potere, purchè la causa della deliberazione risulti – sulla base di un apprezzamento di fatto del relativo contenuto, che spetta al giudice di merito – falsamente deviata dal suo modo di essere, in quanto anche in tal caso lo strumento di cui all’art. 1137 c.c., non è finalizzato a controllare l’opportunità o convenienza della soluzione adottata dall’impugnata delibera, ma solo a stabilire se la decisione collegiale sia, o meno, il risultato del legittimo esercizio del potere dell’assemblea. Ne consegue che esulano dall’ambito del sindacato giudiziale sulle deliberazioni condominiali le censure inerenti la vantaggiosità della scelta operata dall’assemblea sui costi da sostenere nella gestione delle spese relative alle cose e ai servizi comuni quali, nella specie, l’aver affidato i lavori ad una ditta non in grado di fornire eccellenti garanzie di buon esecuzione del lavoro, i rapporti tra questa e alcuni condomini, l’erogazione di un compenso all’amministratore o a terzi (Sez. 6-2, Ord. n. 20135 del 2017).

19. Il diciannovesimo motivo è così rubricato: violazione o falsa applicazione degli artt. 1136 e ss., 1108 e ss. c.c., con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3, per avere, la Corte d’Appello, ritenuto infondato il motivo con il quale gli appellanti avevano lamentato l’illegittimità delle deliberazioni impugnate adottate senza le maggioranze stabilite dalle leggi.

Anche in questo caso il ricorrente premette che il motivo riguarda in via principale solo l’impugnativa delle delibere che attengono alla revoca della precedente deliberazione del 18 settembre 2004 e la ratifica della nomina del direttore dei lavori, del responsabile della sicurezza del collaudatore in corso d’opera e in via subordinata, quelle restanti.

A parere del ricorrente le opere approvate erano opere di manutenzione straordinaria che poichè comportavano un onore rilevante richiedevano ai fini dell’approvazione la maggioranza di cui al comma 2 del vecchio testo dell’art. 1136 c.c., in conformità al disposto dello stesso art. 1136, comma 4.

20. Con il ventesimo motivo il ricorrente ripropone la medesima censura del vizio delle delibere perchè adottate senza le maggioranze stabilite dalla legge per nullità della sentenza, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, ovvero violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4, e art. 118 disp. att. c.p.c., – motivazione illogica, incoerente, incongrua e contraddittoria, comunque inidonea a sostenere il decisum e che pertanto ha determinato una decisione ingiusta, motivazione apparente.

21. Il ventunesimo motivo è così rubricato: violazione falsa applicazione degli artt. 1136 e seguenti, 1394 e 2373 c.c., art. 342 c.p.c., con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3, per avere la Corte d’Appello ritenuto inammissibile perchè generico il motivo di appello con il quale gli appellanti avevano lamentato l’illegittimità delle delibere in quanto adottate con il voto favorevole espresso da persona che versava in condizioni di palese conflitto di interessi.

In sostanza il ricorrente lamenta che la delibera era stata adottata, tenuto conto del voto del signor A.F., sicchè sottraendo al totale dei voti favorevoli il voto espresso da tale persona che si trovava nella condizione di conflitto di interessi, si otteneva un risultato inferiore a quello necessario per l’adozione di una valida deliberazione.

Anche in questo caso il richiamo all’art. 342 c.p.c., sarebbe del tutto erroneo anche perchè doveva applicarsi la precedente versione della norma.

22. Il ventiduesimo motivo di ricorso è così rubricato: Nullità della sentenza in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, ovvero violazione o falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4 e art. 118 disp. att. c.p.c., ovvero ancora omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – motivazione illogica, incoerente, incongrua e contraddittoria, comunque inidonea a sostenere il decisum e che pertanto ha determinato una decisione ingiusta, motivazione apparente.

Con il ventiduesimo motivo il ricorrente ripropone la medesima censura della illegittimità della delibera perchè adottata con il voto favorevole espresso da chi versava in condizioni di palese conflitto di interessi.

23. Il ventritreesimo motivo è così rubricato: violazione e falsa applicazione degli artt. 1136,1394 e 2373 c.c., con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3, avendo la Corte d’Appello ritenuto infondato i(motivo di appello con il quale gli appellanti avevano lamentato l’illegittimità delle deliberazioni impugnate in quanto adottate con il voto favorevole espresso da una persona che versava in condizione di palese conflitto di interessi.

24. Il ventiquattresimo motivo è così rubricato: nullità della sentenza in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4 ovvero violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4 e dell’art. 118 disp. att. c.p.c., ovvero ancora omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, in relazione art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – motivazione illogica, incoerente, incongrua e contraddittoria, comunque inidonea a sostenere il decisum e che pertanto ha determinato una decisione ingiusta, motivazione apparente – per avere la Corte d’Appello ritenuto infondato il motivo di appello con il quale gli appellanti avevano lamentato l’illegittimità delle deliberazioni impugnate in quanto adottate con il voto favorevole espresso da persona che versava in condizione di palese conflitto di interessi.

Il ricorrente ripropone la medesima censura sotto il profilo della motivazione inesistente. La sentenza impugnata, infatti, sarebbe del tutto insoddisfacente quanto alla motivazione rispetto alla eccepita situazioni di conflitto di interessi tra il rappresentante della società e il condominio che non aveva riferimento solo alla transazione ma riguardava anche i lavori di adeguamento per l’approvazione del riparto di spesa.

24. I motivi diciannovesimo, ventesimo, ventunesimo, ventiduesimo, ventitreesimo e ventiquattresimo, che possono essere trattati congiuntamente stante la loro evidente connessione, sono in parte inammissibili e in parte infondati.

Il ricorrente premette che i motivi riguardano in via principale solo l’impugnativa delle delibere che attengono alla revoca della precedente deliberazione del 18 settembre 2004 e la ratifica della nomina del direttore dei lavori, del responsabile della sicurezza del collaudatore in corso d’opera e solo in via subordinata, quelle restanti che dovrebbero considerarsi nulle.

Dopo aver fatto questa premessa, tuttavia, il ricorrente spende le sue argomentazioni solo con riferimento alla delibera di adeguamento dei lavori, tralasciando del tutto di argomentare le ragioni della doglianza in ordine alle suddette delibere, il che rende le relative censure per ciò solo inammissibili. Un ulteriore e conseguente profilo di inammissibilità riguarda anche la mancata indicazione nei motivi di appello delle maggioranze che si erano formate in seno all’assemblea al momento di adottare le suddette delibere che attengono alla revoca della precedente deliberazione del 18 settembre 2004 e la ratifica della nomina del direttore dei lavori, del responsabile della sicurezza del collaudatore in corso d’opera.

Il ricorrente, infatti, lamenta che le suddette delibere siano state adottate senza le maggioranze stabilite dalla legge, e tuttavia, riporta l’andamento della votazione solo in relazione all’approvazione dei lavori di adeguamento del fabbricato alla normativa antincendio. A pag. 73 del ricorso, infatti, si legge che risulta per tabulas che la deliberazione relativa all’approvazione dei lavori di adeguamento alla normativa antincendio era stata adottata con il voto favorevole di n. 176 su 314 partecipanti al condominio per complessivi 681 millesimi, ivi compreso il rappresentante della società Hotel (OMISSIS), signor A.F. che era in possesso di 351,171 millesimi.

Con riferimento alle altre delibere impugnate, il ricorrente non indica la maggioranza che le aveva approvate e, dunque, con riferimento alle stesse la censura è inammissibile.

D’altra parte già la Corte d’Appello aveva ritenuto inammissibile il motivo di appello relativo al fatto che il legale rappresentante dell'(OMISSIS), al quale alcuni condomini avevano rilasciato la delega per partecipare all’assemblea, era uscito dall’aula al momento di decidere della transazione delle liti, perchè versava in una situazione di conflitto di interesse, e ciò nonostante, ai fini delle presenze era continuato a risultare presente in relazione ai soggetti che gli avevano conferito la delega.

La Corte d’Appello aveva ritenuto tale doglianza generica e, dunque, inammissibile, in quanto non era indicato quante fossero le deleghe date al suddetto e neanche i millesimi dei condomini deleganti e, dunque, non era possibile eseguire la cosiddetta prova di resistenza.

Il ricorrente nel ricorso oltre a non colmare tale lacuna, non si confronta neanche con la pronuncia di inammissibilità del suddetto motivo di appello del quale non riporta il contenuto in modo da permettere a questa Corte di riscontrare se avesse o meno indicato esattamente le suddette deleghe e i relativi millesimi. In parte qua, pertanto, il motivo deve essere dichiarato inammissibile, non essendo le doglianze idonee a mettere in discussione quanto deciso dalla Corte d’Appello.

Con riferimento, invece, alla delibera avente ad oggetto l’approvazione dei lavori di adeguamento alla normativa antincendio la maggioranza indicata dallo stesso ricorrente e sopra riportata, di n. 176 voti favorevoli su 314 partecipanti al condominio, per complessivi 681 millesimi, è sufficiente all’approvazione dei suddetti lavori, come previsto dall’art. 1136 c.c., comma 2, per le opere di manutenzione straordinaria.

Il ricorrente fonda la censura di mancanza della maggioranza utile sul presupposto che non doveva tenersi conto del voto del rappresentante dell'(OMISSIS) che si sarebbe trovato in una situazione di conflitto di interessi, e tuttavia, il voto del rappresentante dell'(OMISSIS) era stato validamente espresso, in quanto risulta che egli si era astenuto solo relativamente alla transazione, mentre, per quanto riguarda l’ipotizzato ulteriore suo conflitto di interessi rispetto all’approvazione dei lavori di adeguamento del fabbricato la doglianza è del tutto generica e, pertanto, inammissibile.

25. Il venticinquesimo motivo è così rubricato: violazione dell’art. 112 c.p.c., con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3, eventualmente nullità della sentenza e del procedimento ex art. 360 c.p.c., n. 4, avendo la Corte territoriale omesso di pronunciarsi su tutte le censure proposte dagli appellanti.

25.1 Il motivo è inammissibile.

Il ricorrente contesta che la Corte d’Appello non si sia pronunciata sulla doglianza con la quale si era lamentato che il Tribunale non si era pronunciato su tutte le questioni.

In particolare, il ricorrente riporta un passo dell’atto di appello dove si legge: “del tutto inconferente poi, l’affermazione del Tribunale di Sulmona, secondo cui gli ulteriori profili di illegittimità denunciate risultano meramente ripetitiva di quelle già sopra esaminate possono pertanto ritenersi assorbiti dall’esame di quelli sopra prospettati”.

Al contrario, il giudice non si era minimamente preoccupato di affrontare la questione sollevata dai ricorrenti secondo cui molte delle opere in considerazione (in particolare le scale di emergenza) non erano idonee ad arrecare alcuna utilità gli stessi.

Da un lato risulta del tutto evidente che la decisione avente ad oggetto la legittimità dell’approvazione dei lavori di adeguamento della normativa antincendio ricomprendeva anche le scale di emergenza e, dunque, non vi è stata alcuna omessa pronuncia. Dall’altro il ricorrente non indica in relazione a quale specifica domanda aveva fatto valere la questione della mancanza di utilità delle scale di emergenza, egli infatti aveva contestato l’approvazione dei lavori di adeguamento del fabbricato alla normativa di prevenzione dagli incendi, affermando che le relative spese dovevano ricadere interamente sull'(OMISSIS) o quantomeno quelle per i beni di proprietà esclusiva di quest’ultimo e su tale questione il Tribunale e la Corte d’Appello si sono pronunciati.

Il vizio di omessa pronuncia da parte del giudice d’appello è configurabile solo allorchè manchi completamente l’esame di una censura mossa al giudice di primo grado, mentre non ricorre nel caso in cui il giudice d’appello fondi la decisione su una costruzione logico – giuridica incompatibile con la domanda implicitamente assorbita o quando la decisione adottata comporti una statuizione implicita di rigetto della domanda o eccezione formulata dalla parte (ex plurimis Sez. 5, Sent. n. 452 del 2015, Sez. 2, Ord. n. 20718 del 2018, Sez. 1, Ord. n. 8571 del 2018).

26. Il ricorso è rigettato.

27. Sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto l’art. 13, comma 1-quater del testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PQM

La Corte rigetta il ricorso;

ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente del contributo unificato dovuto per il ricorso principale a norma dell’art. 1 bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della 2 Sezione civile, il 19 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 14 ottobre 2019

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