Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25840 del 13/11/2020

Cassazione civile sez. III, 13/11/2020, (ud. 29/09/2020, dep. 13/11/2020), n.25840

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 19894/2017 R.G. proposto da:

Italfondiario s.p.a., nella qualità di procuratrice della SPV Ieffe

Tre s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore,

rappresentato e difeso dall’Avv. Antonio Stanizzi, con domicilio

eletto in presso il suo studio Roma, via Maresciallo Pilsudski, n.

118;

– ricorrente –

contro

C.F., + ALTRI OMESSI, rappresentati e difesi dall’Avv.

Emilio Martucci, con domicilio eletto in Roma, via Tacito, n. 41,

presso lo studio Legale Mirigliani;

– controricorrenti –

T.R., D.P.M., D.P.S.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 390 della Corte d’appello di Catanzaro

depositata il 9 marzo 2017.

Udita la relazione svolta in camera di consiglio dal Consigliere

Cosimo D’Arrigo;

letta la sentenza impugnata;

letti il ricorso, il controricorso e le memorie depositate ai sensi

dell’art. 380-bis-1 c.p.c..

 

Fatto

RITENUTO

C.F., + ALTRI OMESSI, acquirenti di unità immobiliari realizzate dalla (OMISSIS) s.r.l. (nel frattempo fallita) e gravate da ipoteca in favore della Italfondiario s.p.a., proponevano opposizione avverso l’espropriazione forzata intrapresa da quest’ultima nei loro confronti, quali terzi proprietari dei beni ipotecati. Deducevano che l’ipoteca si sarebbe estinta per mancata rinnovazione nel ventennio. Eccepivano, inoltre, che la Italfondiario s.p.a. era comunque sprovvista di legittimazione attiva, in quanto essa ora agiva quale procuratrice speciale della SPV Ieffe Tre s.r.l., la quale aveva acquistato in blocco tutti i crediti esistenti in capo alla Palazzo Finance s.p.a., senza che fosse stato dimostrato che fra i crediti oggetto della cessione fosse compreso anche quello garantito dall’ipoteca sui loro immobili.

Il Tribunale di Vibo Valentia accoglieva l’opposizione in relazione alla mancata rinnovazione dell’iscrizione ipotecaria.

La Italfondiario s.p.a., nella spiegata qualità, impugnava la decisione. Gli opponenti si costituivano in giudizio chiedendo il rigetto del gravame.

La Corte d’Appello di Catanzaro accoglieva l’appello in relazione al profilo dell’iscrizione ipotecaria, rilevando che la stessa era stata tempestivamente rinnovata. Tuttavia, esaminate le altre ragioni di opposizione, la riteneva fondata in relazione al difetto di legittimazione attiva dalla Italfondiario s.p.a..

Avverso tale decisione la Italfondiario s.p.a. ha proposto ricorso per cassazione articolato in tre motivi.

C.F., + ALTRI OMESSI hanno resistito con controricorso. Entrambe le parti costituite hanno depositato memorie difensive. Gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO

Conviene esaminare anzitutto, in ordine logico, il secondo motivo di ricorso. Con questo, infatti, la società ricorrente sostiene che la Corte d’appello, violando l’art. 346 c.p.c. e, con esso, l’art. 112 c.p.c., si sarebbe illegittimamente pronunciata sulle altre eccezioni formulate dagli opponenti in primo grado, non esaminate dal Tribunale e non ritualmente riproposte in sede di gravame.

Ai fini di garantire l’autosufficienza del ricorso, la Italfondiario s.p.a. riporta testualmente la formula di stile con la quale gli appellanti “ripropongono tutte le eccezioni e domande già formulate negli atti di opposizione all’esecuzione (…) nonchè nel ricorso ex art. 624” (pag. 18 del ricorso). Tale indicazione, peraltro, trova riscontro a pag. 11 del controricorso.

Il motivo è fondato.

Questa Corte, infatti, ha – a più riprese – chiarito che, in mancanza di una norma specifica sulla forma nella quale l’appellante che voglia evitare la presunzione di rinuncia ex art. 346 c.p.c. deve reiterare le domande e le eccezioni non accolte in primo grado, queste possono essere riproposte in qualsiasi forma idonea ad evidenziare la volontà di riaprire la discussione e sollecitare la decisione su di esse. Tuttavia, pur se libera da forme, la riproposizione deve essere fatta in modo specifico, non essendo al riguardo sufficiente un generico richiamo alle difese svolte ed alle conclusioni prese davanti al primo giudice (Sez. 2, Sentenza n. 10796 del 11/05/2009, Rv. 608106 – 01; Sez. 1, Sentenza n. 16360 del 20/08/2004, Rv. 577245 – 01).

Ne consegue che il mero richiamo generico alle conclusioni assunte in primo grado non può essere ritenuto sufficiente a manifestare la volontà di sottoporre al giudice dell’appello una domanda o eccezione non accolta dal primo giudice, al fine di evitare che essa si intenda rinunciata (Sez. L, Sentenza n. 23925 del 25/11/2010, Rv. 615645 – 01). Per sottrarsi alla presunzione di rinuncia di cui all’art. 346 c.p.c., l’appellante ha l’onere di riproporre, a pena di formazione del giudicato implicito, le domande e le eccezioni non accolte in primo grado, manifestando in modo chiaro e preciso la propria volontà di chiederne il riesame al giudice superiore (Sez. 3, Sentenza n. 9878 del 11/05/2005, Rv. 581394 – 01)

Nel caso in esame gli appellati, nel costituirsi in quel giudizio, lungi dall’esporre compiutamente le ragioni dell’opposizione non decise dal Tribunale, non ne hanno neppure fatto sommario cenno nell’esposizione dei fatti di causa. La comparsa di costituzione in appello, dunque, non hance manifestato la chiara intenzione degli appellati di riproporre, ai sensi dell’art. 346 c.p.c., la questione della carenza di legittimazione attiva dell’Italfondiario s.p.a. Pur senza richiedere l’impiego di formule sacramentali, si deve rilevare il tenore di una simile eccezione non è desumibile neppure dalla lettura complessiva dell’atto, il quale quindi era inidoneo ad ingaggiare sul punto il giudice d’appello.

Non può neppure ritenersi che la questione fosse rilevabile d’ufficio, in quanto non si tratta di un profilo di legittimazione attinente al giudizio di opposizione, bensì di una ragione di opposizione all’esecuzione: la questione della titolarità del credito viene in rilievo nell’espropriazione forzata opposta, non essendovi dubbio invece sul fatto che la Italfondiario s.p.a., in quanto creditore pignorante, fosse legittimato passivo nella causa di opposizione.

L’accoglimento del motivo determina l’assorbimento delle altre censure.

La sentenza impugnata deve essere, dunque, cassata sul punto.

E’ possibile, però, decidere nel merito, senza rinvio, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto.

Difatti, sulla circostanza della tempestiva rinnovazione dell’iscrizione ipotecaria si è formato il giudicato interno, poichè il relativo capo della sentenza d’appello – che in parte qua deve essere quindi confermata – non è stato impugnato dagli interessati. Tutte le altre ragioni dell’opposizione, anche quelle diverse dalla questione della carenza di legittimazione attiva della Italfondiario s.p.a., non sono state ritualmente riproposte (come evidenziato nelle pagine precedenti).

Pertanto, non residuano ragioni che possano condurre all’accoglimento dell’opposizione all’esecuzione, che deve essere, in conclusione, respinta.

Gli opponenti devono essere condannati, in applicazione del principio della soccombenza, al pagamento delle spese processuali tanto del giudizio di legittimità, quanto dei gradi di merito. Tale condanna va pronunciata in solido, ai sensi dell’art. 97 c.p.c., comma 2.

PQM

accoglie il secondo motivo di ricorso, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, rigetta l’opposizione all’esecuzione. Condanna gli opponenti in solido al pagamento delle spese del primo grado, liquidate in Euro 13.000,00, del giudizio di appello, liquidate in Euro 7.200,00 e del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 8.200,00 ed Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% e agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 29 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 13 novembre 2020

 

 

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