Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25838 del 23/09/2021

Cassazione civile sez. I, 23/09/2021, (ud. 18/06/2021, dep. 23/09/2021), n.25838

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – rel. Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29275/2016 proposto da:

Comune di Venezia, in persona del sindaco in carica, elettivamente

domiciliato in Roma, Via Barnaba Tortolini, 34, presso lo studio

dell’Avvocato Nicolò Paoletti, che lo rappresenta e difende con gli

Avvocati Antonio Iannotta, Maurizio Ballarin, e Nicoletta Ongaro,

per procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Villa Friedenberg S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t.

elettivamente domiciliata in Roma, Via Libia, 4, e rappresentata e

difesa dagli Avvocati Giorgio Pietramala, e Alessandro Galiena, per

procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’Appello di Venezia, n. 1117/2016,

depositata il 17/05/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

18/06/2021 dal Cons. Dott. Laura Scalia.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il Comune di Venezia ricorre con unico articolato motivo, illustrato da memoria, per la cassazione della sentenza in epigrafe indicata con cui la Corte d’Appello di Venezia, in accoglimento della opposizione proposta da Villa Friedenberg S.r.l., ai sensi del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 54, comma 1 e della L. n. 865 del 1971, art. 19, ha determinato l’indennità di esproprio, in relazione ad una porzione di immobile di Villa Friedenberg, sita (OMISSIS), foglio (OMISSIS), mappali (OMISSIS), per una superficie complessiva di mq. 472, in zona sottoposta a vincolo storico, in Euro 79.000,00 oltre interessi legali sulla parte non ancora depositata, il tutto a far data dal decreto di esproprio.

La competente Commissione provinciale aveva già determinato l’indicata posta in Euro 1.424,50, di cui Euro 51 mila per costi diretti al completamento dell’area residua.

2. La Corte territoriale è pervenuta alla quantificazione in applicazione del criterio di stima di cui al D.P.R. n. 327 del 2001, art. 33, tenendo conto della riduzione di valore della porzione residua del compendio immobiliare in rapporto di complementarietà con quella ablata, dovendo questa considerarsi quale fascia di rispetto e raccolta delle acque a protezione del resto del terreno, qualità che sarebbe venuta meno per effetto dell’esproprio, il tutto nella suscettività edificatoria dell’area complessivamente considerata.

Il carattere unitario del bene sarebbe altresì derivato dall’esistenza di un vincolo ex D.Lgs. n. 42 del 2004, sull’intero compendio.

2. Resiste con controricorso Villa Friedenberg S.r.l..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’articolato motivo il ricorrente fa valere l’erroneità, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, del metodo estimativo adottato dalla Corte d’Appello, in quanto fondato sul criterio di cui al D.P.R. n. 327 del 2001, art. 33 e ancora perché difforme dalle risultanze documentali e dai principi generali e le norme da valere in materia di giusta determinazione dell’indennità di esproprio.

Tanto sarebbe valso quanto al D.P.R. n. 327 cit., artt. 32 e 37, là dove è previsto il criterio della edificabilità legale quale unico discretivo per la determinazione della indennità di esproprio.

Per altro profilo il ricorrente fa valere omessa e/o insufficiente e/o contraddittoria e/o errata motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

1.1. La sentenza della Corte d’Appello di Venezia aveva recepito in modo pedissequo le valutazioni del nominato consulente tecnico di ufficio sulla “complementarietà” del sedime espropriato rispetto all’adiacente compendio della villa e del pertinente parco.

L’indennità era stata calcolata in Euro 950/mq. con il cd. metodo complementare e quindi raffrontando il valore del bene ablato prima dell’esproprio, tenuto conto della suscettività edificatoria e dopo, tenendo conto della suscettività edificatoria – e quindi del progetto, decaduto, all’epoca dell’esproprio, che stabiliva la realizzazione di un’attività ricettivo-alberghiera dell’immobile -, da detto valore era stato sottratto quello della porzione ablata, quantificato in Euro 28 mila, pari a 68/mq., in ragione della ritenuta possibilità di utilizzare detta area come “parcheggio”, “verde di completamento”, “area di stazionamento e filtro momentaneo per i veicoli”.

Era poi stato riconosciuto un ulteriore importo di Euro 51 mila dovuto ai costi di adattamento degli accessi esistenti sul muro di cinta dell’area relitta ed alle opere complementari destinate a rendere adeguati le parti prospicienti l’opera pubblica per innalzamento al piano della pista ciclabile realizzata, con la posa in opera di opere di raccolta delle acque piovane.

1.2. La Corte di merito aveva fatto errata applicazione di norme e principi di legittimità destinati a dare definizione all’esproprio parziale, ritenendo l’intima connessione tra porzione ablata e quella residua per l’esistenza di un vincolo strumentale ed obiettivo destinato da attribuire all’intero immobile una unità economica e funzionale.

I giudici di appello non avevano dato giusto rilievo al fatto che la porzione espropriata fosse qualificata in P.R.G. come “viabilità” e che il terreno era pertanto inedificabile secondo il criterio dell’edificabilità legale, evidenza confermata dal rilievo che: nel verbale di immissione in possesso l’area ablata era descritta come “banchina stradale”; la relazione predisposta dalla terna tecnica precisava che le aree occupate erano descritte “come sede stradale”; il c.t.u. aveva evidenziato che la porzione espropriata era costituita dalle aree ricomprese nel sedime stradale asfaltato della via pubblica ed il limite esterno della recinzione in muratura.

Il terreno espropriato per la sua destinazione legale era incompatibile con quella del terreno residuo oltre che per la sua destinazione finale ed economica del tutto autonoma, come sede stradale.

La Corte di merito avrebbe dovuto operare in tal modo una valutazione dell’indennità di esproprio limitata al valore della porzione ablata da stimarsi alla stregua di un terreno non edificabile in quanto destinato a viabilità ed escludere la figura dell’esproprio parziale.

Era stato attribuito rilievo per l’area residua a due permessi di costruire decaduti all’epoca dell’esproprio e quindi ad una ricostruzione del valore del bene basata su vocazione supposte e future e non concrete destinazioni e la Corte d’Appello aveva errato attribuendo rilevanza ai costi da sostenersi dalla proprietà relitta per l’adattamento, in difetto di prova e su concessioni decadute.

3. Il dedotto vizio di violazione di legge è fondato, assorbe il successivo profilo del motivo di ricorso, e la sentenza impugnata va cassata con rinvio della causa alla Corte di appello di Venezia, in altra composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Trovano infatti applicazione i principi sull’esproprio parziale costantemente affermati da questa Corte sul rapporto di stretto collegamento tra il bene ablato e quello residuo nella classificazione degli strumenti urbanistici, con conseguente indviduazione del criterio di stima.

3.1. Soccorrono a definizione della ipotesi dell’esproprio parziale:

a) il dato, di carattere funzional-strutturale, per il quale la parte residua del fondo è strettamente collegata con quella espropriata da un vincolo strumentale ed obbiettivo, tale da conferire all’intero immobile una unità economica e funzionale suscettibile di restare oggettivamente pregiudicata dal distacco di una sua parte nella unitarietà dell’area complessivamente considerata sotto il profilo dell’inscindibilità dell’organizzazione produttiva e nella mancanza di autonomia funzionale delle parti residue;

b) il pregiudizio determinato dalla compromissione o comunque dell’alterazione delle possibilità di utilizzazione della restante porzione e del connesso deprezzamento di essa.

Quanto al primo profilo, si ha che in tema di determinazione dell’indennità di espropriazione per pubblica utilità per affermarsi l’esistenza di un esproprio parziale non viene in considerazione la mera esistenza di un rapporto pertinenziale tra bene ablato e relitto che non incide né sulla qualificazione urbanistica dell’area costituente la pertinenza, che conserva quella che deriva dall’inserimento in una zona del piano regolatore, né comporta necessariamente l’applicabilità dell’istituto dell’espropriazione parziale. Quest’ultimo infatti presuppone che la parte residua del fondo sia strettamente collegata con quella espropriata da un vincolo strumentale ed obbiettivo, tale da conferire all’intero immobile una unità economica e funzionale suscettibile di restare oggettivamente pregiudicata dal distacco di una sua parte che è nozione diversa da quella, di squisita valenza civilistica, integrato dal rapporto pertinenziale (vedi: Cass. 03/07/2013, n. 16616; Cass. 12/06/2012, n. 9541; Cass. 24/05/2019, n. 14229).

Quanto al pregiudizio risentito dal soggetto ablato, si ha che l’espropriazione parziale – per la quale l’indennità va determinata sulla base della differenza fra il valore dell’unico bene prima dell’espropriazione ed il valore della porzione residua secondo della L. n. 2359 del 1865, art. 40 (oggi del D.P.R. n. 227 del 2001, art. 33), si verifica quando la vicenda ablativa investa parte di un complesso immobiliare appartenente allo stesso soggetto e caratterizzato da un’unitaria destinazione economica – implica per il proprietario un pregiudizio diverso da quello ristorabile mediante l’indennizzo calcolato con riferimento soltanto alla porzione espropriata, per effetto della compromissione o comunque dell’alterazione delle possibilità di utilizzazione della restante porzione e del connesso deprezzamento di essa (Cass. 15/07/2020, n. 15040; Cass. 12/06/2012, n. 9541).

3.2. Si tratta di apprezzare da parte del giudice del merito, nella ritenuta sussistenza del nesso di funzionalità strutturale intercorrente tra bene oggetto di esproprio e bene relitto, la presenza quanto a quest’ultimo di un autonomo danno per effetto di una compromissione o alterazione della possibilità di suo godimento che non resta integrato da un mero deprezzamento che, come tale, rientra invece nell’unica indennità di espropriazione, che, per definizione, riguarda l’intera diminuzione patrimoniale subita dal soggetto passivo del provvedimento ablativo, ivi compresa la perdita di valore della porzione rimanente derivata dalla parziale ablazione del fondo (vd. Cass. 14/06/2018, n. 15696; Cass. 23/05/2014, n. 11504).

3.3. Il mero deprezzamento dell’area residua evoca una vicenda diversa che non è quella del pregiudizio risentito all’unità funzionale ed economica nel rapporto tra il bene ablato e quello relitto, premessa la quale il privato è indennizzabile D.P.R. n. 327 del 2001, ex art. 33 e per il criterio differenziale di cui all’art. 40 D.P.R. cit..

Il pregiudizio da mero deprezzamento fa sì che il danno sia presente e derivi certamente dall’esproprio al bene relitto senza però che la vicenda espropriativa alteri di quest’ultimo, ed in maniera rilevante, e seguito del venir meno del rapporto in essere con il bene ablato, la destinazione e l’utilizzo.

La diversa destinazione urbanistica del bene relitto, ovverosia dell’edificio costituente villa Friedenberg S.r.l. ed il parco adiacente, rispetto all’area ablata – circostante il primo ed integrata dalle fasce di rispetto di raccolta acque e quindi di protezione del compendio della villa oltre la recinzione e rispetto alla strada, a funzione di protezione della prima e qualificate dal P.R.G. come aree destinate “a viabilità” – lascia non definito il nesso di stretta funzionalità tra la prima e la seconda che è presupposto dell’esproprio parziale, né a tal fine può valere l’assoggettamento di entrambi i beni al vincolo architettonico e paesaggistico di cui al D.Lgs. n. 42 del 2004, in quanto non destinato a valere, direttamente, sulla stretta funzionalità del bene.

Dell’indicato complesso difetta l’estremo della compromissione del diverso ed autonomo utilizzo del bene residuo (la villa ed il parco) che si vorrebbe pregiudicato dalla necessità di nuovi accessi al bene in ragione del dislivello di piano determinato dalla realizzazione sull’area espropriata di una pista ciclabile, con innalzamento del piano di consistenza, e dalla necessità di ripristino della funzione di deflusso delle acque provenienti dal compendio immobiliare.

3.4. Il pregiudizio lamentato dal privato espropriato non è di rilievo e, come tale, direttamente incidente sulla “funzionalità” del bene residuo, la villa ed il parco, che privato dell’area espropriata resta mancante o fortemente compromesso nell’originaria sua destinazione, intesa unitariamente rispetto al bene ablato.

Si tratta, invece e piuttosto, di un esito ordinario di danno che ben può essere ricompreso, come tale, nell’indennità riconosciuta rispetto al bene oggetto di esproprio che ha perduto, all’esito del provvedimento ablativo, un’area di pertinenza adibita a suo corredo ex art. 817 c.c..

All’esito della descritta vicenda ablativa, in ragione della natura dei beni coinvolti e del rapporto di mero servizio intercorrente tra gli stessi, non viene in considerazione l’esistenza di un autonomo e distinto danno che, afferente alla porzione relitta, nella funzionalità dalla stessa assolta rispetto al bene ablato, è portatrice di una ragione di pregiudizio per il privato espropriato.

Le opere di innalzamento del piano di calpestio e di creazione di nuovi accessi al compendio immobiliare integrato da villa e parco, certe ragioni di pregiudizio per l’espropriato, non sconfessano l’utilizzo del bene relitto rendendone più disagevole l’utilizzo e vanno risarcite quale esito dell’esproprio al bene direttamente attinto.

Resta ferma pertanto la destinazione urbanistica a “viabilità esistente” del terreno ablato e la sua non apprezzabilità quale terreno edificabile in quanto attratto dalla distinta destinazione del bene relitto e tanto nella stretta unitarietà funzionale-economica delle due aree.

4. In accoglimento del motivo di ricorso nei termini indicati, assorbiti gli altri, va cassata la sentenza impugnata e la causa rinviata alla Corte d’Appello di Venezia, in altra composizione, che si conformerà ai principi indicati, anche per le spese del giudizio di legittimità.

PQM

Accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’Appello di Venezia, in altra composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 18 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 23 settembre 2021

 

 

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