Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25834 del 31/10/2017


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Cassazione civile, sez. III, 31/10/2017, (ud. 27/06/2017, dep.31/10/2017),  n. 25834

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. M.C.G. ricorre per cassazione avverso la sentenza n. 1914/14 della Corte di Appello di Bologna, che – dopo aver pronunciato, ex art. 389 c.p.c., decreto ingiuntivo a carico dell’odierno ricorrente, per l’importo di Euro 390.000,00 oltre interessi – ha respinto l’opposizione dal medesimo proposta avverso il provvedimento monitorio.

2. Riferisce, in particolare, che la Corte felsinea – con decreto provvisoriamente esecutivo del 5 marzo 2013 – ebbe ad ingiungergli il suddetto pagamento in accoglimento del ricorso ex art. 633 c.p.c. depositato da M.C.M., titolare di un credito restitutorio nascente dalla sentenza di questa Corte n. 17269 del 2012, che aveva cassato, con rinvio, la condanna, comminata a carico di costui, a pagare all’odierno ricorrente una somma di eguale importo.

Nel presente ricorso, inoltre, si evidenzia – per quanto ancora qui di interesse – come l’iniziativa ex art. 645 c.p.c. fosse stata assunta sulla base di tre motivi, lamentando, innanzitutto, l’inammissibilità del procedimento per ingiunzione per carenza di irrevocabilità della sentenza costituente il titolo del credito restitutorio azionato da M.C.M., nonchè stigmatizzando sia l’assenza dei presupposti per la concessione della provvisoria esecuzione del decreto “per l’insussistenza dei motivi di cui all’art. 642 c.p.c.”, sia (ciò che ancora qui rileva) il difetto di competenza della Corte di Appello, “in composizione collegiale”, ad emettere il decreto ingiuntivo.

La Corte bolognese, come detto, rigettava l’opposizione.

3. Avverso tale decisione M.C.G. ha proposto ricorso per cassazione, sulla base di un unico motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), ipotizzando la violazione o falsa applicazione della normativa di cui agli artt. 633 e ss. codice di rito civile, “in relazione alla competenza funzionale esclusiva del Giudice monocratico come Giudice legittimato all’emissione di un decreto ingiuntivo”, lamentandosi, nella sostanza, che la Corte di Appello abbia provveduto collegialmente alla sua emissione.

4. Ha resistito con controricorso M.C.M., concludendo per l’inammissibilità o l’infondatezza del ricorso. In particolare, l’eccezione di inammissibilità è sollevata per una triplice ragione: in primo luogo, perchè non avendo l’odierno ricorrente tempestivamente proposto l’eccezione di incompetenza nel giudizio di opposizione, a norma dell’art. 38 c.p.c., sulla stessa si sarebbe ormai formato il giudicato; in secondo luogo, perchè trattandosi di questione di competenza, la stessa andava proposta ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 2); in terzo luogo perchè, trattandosi di questione posta in contrasto con l’orientamento consolidato della Suprema Corte (viene citata Cass. Sez. 3, ord. 29 agosto 2008, n. 21901, Rv. 604743-01), sarebbe stato onere del ricorrente – a norma dell’art. 360-bis c.p.c. – indicare a questa Corte “elementi capaci di indurla a rielaborare l’interpretazione medesima”.

5. Le parti hanno presentato memorie, insistendo nelle rispettive conclusioni.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

6. Il ricorso è inammissibile.

6.1. La motivazione della Corte felsinea individua – seppur in termini stringati – due distinte “rationes decidendi” a sostegno del rigetto della proposta opposizione a decreto ingiuntivo. L’impugnata decisione, infatti, ha ritenuto la “eccezione di illegittimità del decreto ingiuntivo opposto, in quanto emesso dalla Corte di Appello in composizione collegiale e non monocratica”, innanzitutto “inammissibile”, e ciò “in quanto tardivamente formulata per la prima volta in comparsa conclusionale”, oltre che “comunque infondata”, richiamandosi – sul punto – all’orientamento espresso da questa Corte “con l’ordinanza n. 21901/2008”.

6.2. Orbene, si tratta – all’evidenza – di due diverse ragioni, ambedue di natura processuale, ciascuna delle quali idonea “ex se” a sorreggere la decisione impugnata, avverso le quali (e non, come avvenuto nel caso di specie, solo contro la seconda di esse) l’odierno ricorrente avrebbe dovuto indirizzare la propria iniziativa. Deve, pertanto, farsi applicazione del principio già enunciato da questa Corte – e al quale si intende dare continuità – secondo cui ove una sentenza di merito “sia sorretta da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, l’omessa impugnazione di una di esse rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, in nessun caso potrebbe produrre l’annullamento della sentenza” (ex multis, Cass. Sez. 6-5, ord. 18 aprile 2017, n. 9752, Rv. 643802-01; in senso sostanzialmente analogo, Cass. Sez. Lav., sent. 4 marzo 2016, n. 4293, Rv. 639159-01, nonchè, da ultimo, Cass. Sez. 3, ord. 21 giugno 2017, n. 15350, Rv. 644814-01).

7. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo, ai sensi del D.M. 10 marzo 2014, n. 55.

8. A carico del ricorrente rimasto soccombente sussiste l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, trovando tale norma applicazione anche in casi – come quello presente – di inammissibilità originaria del ricorso (cfr. Cass. Sez. 3, ord. 10 febbraio 2017, n. 3542, Rv. 642858-01; Cass. Sez. 6-2, ord. 2 luglio 2015, n. 13636, Rv. 635682-01).

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso, condannando M.C.G. a rifondere a M.C.G. le spese del presente giudizio, che liquida in Euro 8.000,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali e accessori, come per legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, all’esito di adunanza camerale della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 27 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2017

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