Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25834 del 02/12/2011

Cassazione civile sez. II, 02/12/2011, (ud. 16/11/2011, dep. 02/12/2011), n.25834

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ODDO Massimo – Presidente –

Dott. PICCIALLI Luigi – rel. Consigliere –

Dott. NUZZO Laurenza – Consigliere –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

M.C. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA CERNAIA 43, presso lo studio dell’avvocato RAO ROSARIO

CARMINE, rappresentata e difesa dall’avvocato CUCINOTTA FRANCESCO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO POLITICHE AGRICOLE ISPETTORATO CENTRALE REPRESSIONI FRODI,

in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO,

che lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 892/2005 del TRIBUNALE di MESSINA, depositata

il 04/05/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/11/2011 dal Consigliere Dott. LUIGI PICCIALLI;

udito l’Avvocato CUCINOTTA Francesco, difensore della ricorrente che

ha chiesto accoglimento del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GOLIA Aurelio che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTO E DIRITTO

M.C., opponente L. n. 689 del 1981, ex art. 22 avverso l’ordinanza ingiunzione in data 28.10.04 del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, Ispettorato Centrale Repressione Frodi, irrogante la sanzione amministrativa di Euro 76.321,00, per indebita percezione, in violazione della L. n. 898 del 1996, art. 2, comma 3 di contributi comunitari per la produzione di carni ovine e caprine negli anni 1997 e 1998, avendo falsamente dichiarato, nelle relative domande, di aver proceduto al risanamento del bestiame nell’ambito dei piani di eradicazione della brucellosi, ricorre con unico motivo, illustrato con successiva memoria, contro la sentenza n. 7067 del 4.5.2005 del Tribunale di Messina, che ne ha solo in parte accolto l’opposizione, riducendo la sanzione ad Euro46.264,11.

Resiste l’amministrazione con controricorso.

Ritiene la Corte che le censure esposte nel mezzo d’impugnazione, deducente violazione e falsa applicazione della L.R. Sicilia n. 28 del 1995, art. 5, come mod. dalla L.R. Sicilia n. 6 del 1997, art. 57, art. 17, lett. b) e c) dello Statuto della Regione Siciliana, D.P.R. n. 111 del 1956, art. 1 come mod. dal D.P.R. n. 256 del 1985, art. 1 non meritino accoglimento, avendo il giudice di merito fondatamente ritenuto la preminenza della legislazione statale rispetto a quella regionale differente al 1999 l’entrata in vigore degli obblighi di attuazione dei piani di risanamento del bestiame dalle malattie infettive. Vertendosi, infatti, in materia di adempimenti prescritti da norme comunitarie, richiesti ai fini della fruizione di benefici da tali disposizioni previste, non avrebbe potuto la Regione assolvere, sia pur temporaneamente, gli interessati dai relativi obblighi, derogando alla normativa statale che, in ottemperanza agli obblighi di conformazione a quella sopranazionale, aveva, con carattere di generalità per tutto il territorio nazionale, adottato i provvedimenti attuativi, nell’esercizio di un potere che è stato ritenuto, in vista delle citate esigenze, dalla Corte Costituzionale (v. n. 632 del 10.6.88) legittimo in via suppletiva anche nella materie di competenza esclusiva delle regioni a statuto speciale e delle province autonome.

Tale argomentazione non risulta specificamente censurata nel mezzo d’impugnazione, che si limita ad insistere sulla non vigenza, all’epoca delle mendaci dichiarazioni, degli obblighi sanitari in questione a termini della normativa regionale senza attaccare le sopra esposte particolari ragioni di preminenza di quella nazionale, attuativa degli impegni comunitari, di per sè sufficienti a sorreggere la decisione impugnata in punto di obbligatorietà, anche in Sicilia, della sottoposizione degli allevamenti ai piani di risanamento. Ne consegue l’irrilevanza dell’addotto (nella memoria illustrativa) conseguito proscioglimento in sede penale dagli addebiti, per la ravvisata innocuità delle false dichiarazioni incriminate, sulla premessa, dal giudice penale condivisa, della non vigenza degli obblighi de quibus, considerato che tale questione non può essere rimessa in discussione nella presente sede civile, attesa la non esaustiva specificità delle censure esposte in ricorso.

Quanto alla “buona fede”, che avrebbe connotato l’operato della dichiarante, va osservato che la natura dell’attività imprenditoriale svolta comportava l’obbligo di puntuale conoscenza ed osservanza delle norme regolanti la stessa, con conseguente inescusabilità dell’eventuale errore agli effetti della colpa L. n. 689 del 1981, ex art. 3 comunque ribadendosi che l’intrinseca falsità della dichiarazione esposta nella richiesta di contribuzione, a prescindere dalla vigenza o meno degli obblighi medesimi e della relativa conoscenza, è stata sufficiente a configurare l’elemento psicologico dell’illecito, per la coscienza e volontarietà dell’affermazione di una circostanza oggettivamente falsa, esposta ai fini del conseguimento dei benefici economici. Il ricorso va conclusivamente respinto. Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso delle spese processuali all’amministrazione resistente, in misura di Euro 3000, 00, oltre quelle prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 16 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 2 dicembre 2011

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