Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25833 del 31/10/2017


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Cassazione civile, sez. III, 31/10/2017, (ud. 27/06/2017, dep.31/10/2017),  n. 25833

Fatto

RITENUTO

che la motivazione del presente provvedimento può essere redatta in forma semplificata;

S.G. proponeva opposizione ex art. 615 c.p.c., alla cartella di pagamento relativa ad una sanzione per violazione del codice della strada, nei confronti dell’ente impositore Comune di Roma e dell’agente di riscossione Equitalia Sud s.p.a.;

il Tribunale di Roma in funzione di giudice d’appello, in totale riforma della sentenza di primo grado, ha accolto la domanda della S., condannando in solido alle spese processuale il Comune di Roma ed Equitalia Sud s.p.a.;

ricorre Equitalia Sud s.p.a., formulando due motivi;

resiste con controricorso la S.;

non ha svolto alcuna attività difensiva Roma Capitale.

Diritto

CONSIDERATO

che i motivi, strettamente connessi in quanto relativi entrambi al regolamento delle spese processuali, possono essere esaminati congiuntamente;

la ricorrente, infatti, assume che il Tribunale di Roma, condannando alle spese processuali anche l’agente di riscossione, avrebbe violato il principio della soccombenza; documenta la propria estraneità all’esito della lite con ampio approfondimento delle attività di competenza propria e di quelle riferibili all’ente impositore;

il tribunale ha rilevato che “nel caso di specie l’opponente aveva lamentato nell’atto di opposizione altresì la tardività della iscrizione a ruolo e la decadenza, così evidenziandosi un comportamento omissivo anche della società odierna appellata (Equitalia s.p.a.), che dunque va considerata a tutti gli effetti soccombente”;

questa Corte ha ripetutamente affermato che, in tema di esecuzione esattoriale, la circostanza che, a seguito di opposizione, risulti l’illegittimità dell’azione esecutiva per ragioni ascrivibili all’ente creditore interessato, non integra motivo di esclusione della condanna alle spese di lite nei confronti dell’agente della riscossione nè, in sè considerata, di compensazione delle stesse (Sez. 6-3, Ordinanza n. 3105 del 06/02/2017, Rv. 642749; Sez. 6-2, Ordinanza n. 23459 del 10/11/2011, Rv. 620161; v. pure Sez. 5, Ordinanza n. 10528 del 28/04/2017, Rv. 644101);

il ricorso è dunque infondato e deve essere rigettato;

le spese del giudizio di legittimità, in favore della sola controricorrente S., vanno poste a carico della ricorrente, ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 1, nella misura indicata nel dispositivo;

sussistono i presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, sicchè va disposto il versamento, da parte dell’impugnante soccombente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione da lui proposta, senza spazio per valutazioni discrezionali (Sez. 3, Sentenza n. 5955 del 14/03/2014, Rv. 630550).

PQM

rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 550,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 27 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2017

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