Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25833 del 14/12/2016


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Cassazione civile, sez. VI, 14/12/2016, (ud. 27/10/2016, dep.14/12/2016),  n. 25833

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – rel. Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17480-2015 proposto da:

SOPIN S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore

Amministratore Unico, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA

ADRIANA, 8, presso lo studio dell’avvocato BIAGIO FRANCESCO LEVATO,

che la rappresenta e difende giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

EQUITALIA SUD SPA, (OMISSIS), società soggetta all’attività di

direzione e coordinamento di Equitalia spa, in persona del

Responsabile Contenzioso Regionale Lazio, elettivamente domiciliata

in ROMA, VIALE REGINA MARGHERITA 294, presso lo studio dell’avvocato

ENRICO FRONTICELLI BALDELLI, che la rappresenta e difende giusta

procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1307/2015 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE,

depositata il 26/01/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

27/10/2016 dal Consigliere Relatore Dott. Roberta Crucitti;

udito l’Avvocato Biagio Francesco Levato difensore della ricorrente

che si riporta ai motivi del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Sopin s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, chiede la revocazione della sentenza, indicata in epigrafe, con cui questa Corte – riuniti i ricorsi proposti da Equitalia Gerit s.p.a. e dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza n. 1036/39/10 della Commissione Tributaria Regionale del Lazio – rigettando il primo motivo di entrambi i ricorsi, ed accogliendo il terzo motivo del ricorso principale ed il secondo motivo del ricorso incidentale, ha deciso nel merito la controversia, rigettando il ricorso introduttivo proposto dalla Società contribuente la quale aveva impugnato una cartella esattoriale relativa ad Iva degli anni 2003 e 2004.

In particolare, la ricorrente chiede, ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 4, la revocazione:

1) relativamente al capo di sentenza nel quale questa Corte non si sarebbe avveduta del fatto che la notificazione della cartella, non essendosi perfezionato il suo iter formativo, era giuridicamente inesistente e, dunque, come tale non servibile nel giudicate il capo relativo alla tempestività o non del ricorso introduttivo;

2) in subordine, per avere la Corte omesso di considerare che il potere impositivo era venuto meno, per scadenza dei termini posti per la rettifica del condono, e non avere rinviato ad altra Sezione della Commissione tributaria regionale per la verifica nel merito del motivo di impugnazione relativo alla violazione delle norme procedurali dettate dal D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 36 bis e 36 ter.

L’Agenzia delle Entrate ed Equitalia Sud s.p.a. resistono con autonomi controricorsi.

A seguito di deposito di relazione ex art. 380 bis c.p.c. e di fissazione dell’adunanza della Corte in camera di consiglio, ritualmente comunicate, la ricorrente ha depositato memoria.

Il Collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della presente motivazione in forma semplificata.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità l’errore di fatto previsto dall’art. 395 c.p.c., n. 4, idoneo a determinare la revocazione delle sentenze, comprese quelle della Corte di cassazione, deve consistere in un errore di percezione risultante dagli atti o dai documenti della causa direttamente esaminabili dalla Corte, vale a dire quando la decisione è fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontestabilmente esclusa, oppure quando è supposta l’inesistenza di un fatto la cui verità e positivamente stabilita, sempre che il fatto del quale è supposta l’esistenza o l’inesistenza non abbia costituito un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunziare. E quindi, deve: 1) consistere in una errata percezione del fatto, in una svista di carattere materiale, oggettivamente ed immediatamente rilevabile, tale da avere indotto il giudice a supporre la esistenza di un fatto la cui verità era esclusa in modo incontrovertibile, oppure a considerare inesistente un fatto accertato in modo parimenti indiscutibile; 2) essere decisivo, nel senso che, se non vi fosse stato, la decisione sarebbe stata diversa; 3) non cadere su di un punto controverso sul quale la Corte si sia pronunciata; 4) presentare i caratteri della evidenza e della obiettività, sì da non richiedere, per essere apprezzato, lo sviluppo di argomentazioni induttive e di indagini ermeneutiche; 5) non consistere in un vizio di assunzione del fatto, nè in un errore nella scelta del criterio di valutazione del fatto medesimo. Sicchè detto errore non soltanto deve apparire di assoluta immediatezza e di semplice e concreta rilevabilità, senza che la sua constatazione necessiti di argomentazioni induttive o di indagini ermeneutiche, ma non può tradursi, in un preteso, inesatto apprezzamento delle risultanze processuali, ovvero di norme giuridiche e principi giurisprudenziali: vertendosi, in tal caso, nella ipotesi dell’errore di giudizio, inidoneo a determinare la revocabilità delle sentenze della Cassazione (fra le tante Cass. sez. un. 7217/2009, nonchè 22171/2010; 23856/2008; 10637/2007; 7469/2007; 3652/2006; 13915/2005; 8295/2005).

Alla luce di detti principi, il ricorso appare inammissibile laddove con la prima censura non si deduce un errore di fatto nell’accezione rilevante di cui all’art. 395 c.p.c., n. 4 ma si propone una questione di interpretazione di legge, inammissibile in questa sede e con la seconda censura si lamenta l’omesso esame di una questione, dedotta come assorbita dal giudice di merito, senza che venga in alcun modo specificato da quali atti processuali emergeva in maniera incontrovertibile detto fatto processuale.

Ne consegue l’inammissibilità del ricorso e la condanna della ricorrente, soccombente, alla liquidazione delle spese, liquidate come in dispositivo, in favore delle controricorrenti.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte dichiara il ricorso inammissibile.

Condanna la ricorrente alla refusione delle spese processuali che liquida favore dell’Agenzia delle Entrate in complessivi Euro 2.050,00 oltre accessori di legge ed eventuali spese prenotate a debito e, in favore di Equitalia Sud s.p.a. in complessivi curo 2.050,00 oltre rimborso spese forfetario nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 27 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 14 dicembre 2016

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