Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25833 del 14/10/2019

Cassazione civile sez. II, 14/10/2019, (ud. 24/05/2019, dep. 14/10/2019), n.25833

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 17341/2015 R.G. proposto da:

SO.FI.COOP S.R.L. in liquidazione, in persona del legale

rappresentante p.t. e CITTA’ DEL MARE, in persona

dell’amministratore unico p.t., rappresentate e difese dall’avv.

Giorgio Parlato, con domicilio eletto in Roma Via della Porta

Pinciana n. 6;

– ricorrenti –

contro

I.M.G., rappresentata e difesa dall’avv. Vincenzo

Aliperti, con domicilio eletto in Roma, al Viale della Stazione

Prenestina n. 7, presso lo studio dell’avv. Patrizia Mauro;

– controricorrente-

avverso fa sentenza della Corte d’appello di Napoli n. 2100/2014,

depositata in data 14.5.2014. Udita la relazione svolta nella camera

di consiglio del 24.5.2019 dal Consigliere Dott. Giuseppe Fortunato.

Fatto

FATTI DI CAUSA

I.M.G. ha convenuto in giudizio la Soficoop s.r.l. davanti al Tribunale di Napoli, chiedendo l’emissione della pronuncia ex art. 2932 c.c. in attuazione del contratto preliminare con il quale la cooperativa aveva promesso in vendita un appartamento in località (OMISSIS), per il prezzo complessivo di Lire 116.000.000.

Ha dedotto che, pur avendo corrisposto Lire 131.00.000, la società si era rifiutata di stipulare il definitivo.

La convenuta ha eccepito che la mancata stipula della vendita era dipesa dall’inadempimento della I., la quale aveva versato solo parte delle somme dovute, costringendo la società a far ricorso ad anticipazioni bancarie a costi particolarmente onerosi.

Ha proposto domanda riconvenzionale di risoluzione del contratto e, in via subordinata, ha chiesto di disporre il trasferimento per un corrispettivo maggiorato dall’importo degli interessi di prefinanziamento, delle semestralità del mutuo e degli interessi di mora, oltre al danno procuratole dall’inadempimento. Il tribunale ha respinto tutte le domande ma la pronuncia è stata annullata dalla Corte di appello, secondo cui al giudizio dovevano partecipare, in veste di litisconsorti necessari, gli originari proprietari dei suoli su cui era stato edificato l’edificio per verificare se la Soficoop avesse acquistato la proprietà degli immobili e se ne potesse disporre.

Detta decisione è stata cassata da questa Corte con sentenza n. 8370/2011, che, in accoglimento dell’impugnazione proposta dalla Soficoop, ha rimesso le parti dinanzi alla Corte distrettuale di Napoli.

All’esito il giudice del rinvio ha respinto sia l’appello principale proposto dalla Soficoop e dalla Città del Mare s.r.l. – successiva acquirente degli immobili, intervenuta nel giudizio di secondo grado – sia quello incidentale della I., compensando le spese processuali.

A parere della Corte distrettuale, a venditrice doveva ritenersi gravemente inadempiente, non avendo ultimato la procedura espropriativa e non avendo acquistato la proprietà dei suoli per accessione invertita, rendendo impossibile, l’esecuzione del preliminare.

Ha respinto la domanda di adempimento del contratto proposta in via subordinata dalla I., nonchè quella di restituzione dell’immobile, formulata in via condizionata dalla Soficoop, rilevando che entrambe le azioni erano state respinte e che “eventuali effetti restitutori dovevano essere esaminati in altro e diverso contesto, visti i vincoli posti dal necessario rispetto delle domande delle parti”.

La cassazione di questa sentenza è chiesta dalla Soficoop s.r.l. sulla base di tre motivi di ricorso. I.M.G. ha depositato controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo denuncia la violazione degli artt. 102,112 e 354 c.p.c. e art. 2932 c.c., comma 2, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver la sentenza respinto la domanda ex art. 2932 c.c. per l’impossibilità di eseguire il preliminare a causa del difetto di titolarità degli immobili in capo alla ricorrente, avendo però valorizzato una deduzione difensiva oggetto di una domanda tardivamente proposta dalla I..

Si assume inoltre che la dichiarazione di pubblica utilità delle opere e la trasformazione irreversibile dell’area avevano determinato l’acquisto della proprietà dei suoli da parte della cooperativa, la quale era, inoltre, legittimata a disporre quale concessionaria di opera pubblica in forza della convenzione con il Comune di Somma Vesuviana n. 2188/1979 dei successivi atti integrativi, con cui le era stata formalmente attribuita la proprietà superficiaria dei suoli. Il motivo non merita accoglimento.

Va anzitutto rilevato che l’esposizione della censura è intervallata dall’inserimento di documenti (tra cui sentenze utilizzate a fine documentale), di cui non è attestata la tempestiva produzione nel giudizio di merito e che, quindi, non sono utilizzabili in sede di legittimità.

Il ricorrente avrebbe, dovuto – difatti – osservare, a pena d’inammissibilità, l’onere prescritto dall’art. 366 c.p.c., n. 6, precisando in quale fase o grado del giudizio di merito tali documenti fossero stati prodotti (Cass. 23575/2015; Cass. 16900/2015).

1.2. E’ da escludere che l’ineseguibilità del preliminare fosse tema dedotto solo in appello mediante una domanda tardivamente proposta dalla resistente.

La questione era stata già trattata dal tribunale (cfr. sentenza di appello, pag. 9), tanto che il giudice d’appello aveva rimesso gli atti al tribunale proprio allo scopo di accertare, nel contraddittorio con gli originari proprietari dei suoli, se l’esproprio fosse stata ultimato e se la ricorrente avesse acquisito il potere di disporre degli immobili.

Il giudice del rinvio si è – quindi – limitato a riesaminare una circostanza impeditiva già acquisita al processo, peraltro pertinente alle stesse allegazioni difensive della Soficoop, che aveva sostenuto, senza tuttavia riuscire a darne prova, di essere adempiente e di poter trasferire l’immobile in attuazione del preliminare, posto infine che l’impossibilità di eseguire il contratto era questione rilevabile d’ufficio.

La sentenza non è – inoltre – censurabile per aver escluso che l’immobile fosse stato acquisito al patrimonio della ricorrente per effetto dell’irreversibile trasformazione dei suoli, oggetto della procedura ablatoria non giunta a conclusione.

In tema di esproprio, la c.d. occupazione acquisitiva od accessione invertita, che si verifica quando alla dichiarazione di pubblica utilità non segue il decreto di esproprio, è illegittima al pari della c.d. occupazione usurpativa (in cui invece manca del tutto la dichiarazione di p.u.), ravvisandosi in entrambi i casi un illecito a carattere permanente, inidoneo a comportare l’acquisizione autoritativa del bene occupato Cass. 12961/2018; Cass. s.u. 735/2015; Cass. 19572/2017; Cass. 6301/2014).

Il contrario orientamento richiamato in ricorso appare ormai superato alla luce dei principi affermati dalla giurisprudenza comunitaria e dai più recenti arresti di questa Corte di legittimità, ritenuti applicabili anche in fattispecie del tutto analoghe a quelle oggetto di causa (Cass. 27999/2018: Cass. 25046/2018; Cass. 24856/2018; Cass. 10864/2018).

Non erano decisivi nè la convenzione stipulata con il Comune di Somma Vesuviana e i successivi atti aggiuntivi (ove prevedevano la cessione alla società della proprietà superficiaria e la facoltà di promettere in vendita le costruzioni), nè il mancato annullamento del piano edilizio, persistendo l’ineseguibilità del preliminare a causa del mancato perfezionamento della procedura ablatoria cui era comunque subordinato l’acquisto, da parte della cooperativa, dei diritti contemplati dai titoli richiamati in ricorso.

2. Il secondo motivo denuncia la violazione degli artt. 2932 c.c. e art. 112 c.p.c., nonchè l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto decisivo per i giudizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, per aver la sentenza trascurato che la resistente non aveva versato il resi duo del prezzo, non aveva fatto fronte alle rate del finanziamento, agli interessi di preammortamento e agli oneri di prefinanziamento ed aveva omesso di esibire la documentazione attestante il possesso dei requisiti per procedere all’accollo del mutuo, incorrendo in un inadempimento ben più grave di quello imputabile alla cooperativa, il che giustificava l’accoglimento della riconvenzionale di risoluzione del contratto. Il motivo non merita adesione.

Non sussiste anzitutto la lamentata omissione di pronuncia, poichè la Corte distrettuale, statuendo sul secondo motivo di appello vertente sulla gravità dei reciproci inadempimenti delle parti, ha espressamente rilevato che “a fronte dell’obbligo gravante sulla promittente venditrice, è del tutto pacifico che essa non abbia portato a termine la procedura espropriativa e tale circostanza implica come logica conseguenza l’ineseguibilità del preliminare ex art. 2932 c.c., con ogni consequenziale pronuncia in ordine alla fondatezza delle domande proposte dalle prti (cfr. sentenza pag. 12).

Tale impossibilità, ascrivibile alla ricorrente, è stata quindi considerata quale fatto impeditivo per l’attuazione del preliminare, munito di una gravità maggiore degli inadempimenti contestati alla promissaria acquirente, con statuizione che, sostanzia, peraltro, un accertamento di merito, insindacabile in cassazione, se non che per vizi di motivazione (Cass. 6401/2015; Cass. 14755/2007), nei limiti in cui ne è attualmente ammesso lo scrutinio (Cass. s.u. 8053/2014).

3. Il terzo motivo denuncia la violazione della L. n. 865 del 1971, art. 35 e l’omessa, contraddittoria ed insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, lamentando che la sentenza abbia omesso di pronunciare sulla nullità del preliminare per carenza dei requisiti reddituali, in capo alla resistente, richiesti per il trasferimento delle aree edificabili destinate alla realizzazione di alloggi di edilizia popolare.

Il motivo è, per più aspetti, inammissibile.

Il ricorso non indica dove e se la questione, come eccepito nel controricorso, sia stata sollevata nel giudizio di merito e comunque, anche ove proposta direttamente in secondo grado, la relativa domanda, siccome nuova, era inammissibile, salvo a convertirsi in eccezione di nullità – proponibile ai sensi dell’art. 345 c.p.c., comma 2 – rilevabile d’ufficio (Cass. s.u. 26243/2014).

In ogni caso, non consta che la carenza dei requisiti reddituali in capo alla I. sia stata accertata nei gradi merito o risultasse comunque acquisita al giudizio, dovendosi ribadire che il potere officioso di rilevare la nullità del contratto in ogni stato e grado del giudizio esige pur sempre che essa risulti ex actis (Cass. 14828/2012; Cass. 10531/2013).

Il ricorso è quindi respinto, con aggravio di spese secondo soccombenza, con liquidazione in dispositivo.

Si dà atto che sussistono le condizioni per dichiarare che la ricorrente è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna la ricorrente ai pagamento delle spese processuali, pari ad Euro 200,00 per esborsi ed Euro 6000,00 per compenso, oltre ad iva, c.p.a. e rimborso forfettario delle spese generali, in misura del 15%.

Dà atto che sussistono le condizioni per dichiarare che la ricorrente è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 24 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 14 ottobre 2019

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