Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25831 del 23/09/2021

Cassazione civile sez. I, 23/09/2021, (ud. 17/06/2021, dep. 23/09/2021), n.25831

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi C. G. – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 21483/2016 proposto da:

Comune di Leporano, nella persona del Sindaco pro tempore,

rappresentato e difeso dall’Avv. Mauro Ruffo, ed elettivamente

domiciliato in Roma, alla Piazza Antonio Mancini, n. 4, presso lo

studio dell’Avv. Gianfranco D’Onofrio, giusta procura a margine del

ricorso per cassazione.

– ricorrente –

contro

G.E., G.A., e L.R.M.,

quest’ultima in proprio e quale tutrice di G.P..

– intimati –

avverso la sentenza della Corte di appello di LECCE, sezione

distaccata di Taranto, n. 122/2016, pubblicata il 14 marzo 2016, non

notificata;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

17/06/2021 dal Consigliere Dott. Lunella Caradonna.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. Con la sentenza impugnata, la Corte d’appello di Lecce, Sezione distaccata di Taranto, ha rigettato entrambi gli appelli proposti dalle parti avverso la sentenza non definitiva n. 1962/11 del 10 ottobre 2011, emessa dal Tribunale Taranto, che aveva accertato la mancanza di una trasformazione del terreno e di un atto formale di acquisto della proprietà e aveva condannato il Comune di Leporano al rilascio del fondo in favore degli attori e avverso la sentenza definitiva n. 1084/2013 del 23 maggio 2013, con la quale il Tribunale di Taranto aveva ritenuto il danno “compensato” dall’incremento di valore conseguito dal terreno per le opere ivi realizzate dal Comune di Leporano.

2. La Corte di appello ha rigettato l’appello principale proposto da G.E., G.A. e da L.R.M., quest’ultima in proprio e quale tutrice di G.P., affermando che correttamente il giudice di primo grado aveva applicato il principio della compensatio lucri cum damno e non già l’istituto della compensazione dei debiti di cui agli artt. 1241 c.c. e segg.; che il consulente tecnico d’ufficio aveva accertato che il Comune di Leporano aveva costruito un parcheggio attrezzato e aveva anche installato l’impianto di illuminazione e che, comunque, gli appellanti non avevano dato prova dell’utile ritraibile dal fondo nel periodo di occupazione senza titolo da parte della P.A.; che, peraltro, essi avevano ammesso che al tempo dell’occupazione del fondo, questo era già nel possesso di tale Ga.Ci., proprietario del fondo attiguo che ne rivendicava la proprietà.

3. I giudici di secondo grado hanno pure rigettato l’appello incidentale del Comune di Leporano, ritenendo assorbita ogni altra questione, che aveva affermato la giurisdizione del giudice amministrativo, dato che alla data della domanda (12 ottobre 2005), la giurisdizione sulle controversie avente ad oggetto la mera condotta della P.A. era del giudice ordinario, in virtù del D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 34, allora vigente e della sentenza della Corte Costituzionale n. 204 del 6 luglio 2004; il decreto di occupazione d’urgenza, inoltre, al momento dell’illegittima occupazione della P.A. aveva perso i suoi effetti e, dunque, non poteva affermarsi che la condotta della P.A. fosse riconducibile, sia pure mediatamente, all’esercizio di un pubblico potere.

4. Il Comune di Leporano ha impugnato la sentenza della Corte d’appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, con ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo di censura.

5. G.E., G.A. e L.R.M., quest’ultima in proprio e quale tutrice di G.P., non hanno svolto difese.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con il primo ed unico motivo il Comune ricorrente deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, l’omessa pronuncia e la nullità della sentenza per error in procedendo, non avendo la Corte di appello preso in esame la questione sollevata in sede di gravame incidentale di improcedibilità delle domande di restituzione del terreno e di risarcimento dei danni, in ragione del provvedimento di acquisizione sanante emesso del D.P.R. n. 327 del 2001, ex art. 42 bis, in data 8 gennaio 2013, n. prot. 2013/2 (provvedimento impugnato dinanzi al T.A.R. dalle controparti, mentre il Consiglio di Stato aveva dichiarato perento il ricorso con decreto presidenziale).

1.1 Il motivo è fondato.

1.2 Ed invero, il Comune appellante deduce, nel rispetto del principio dell’autosufficienza del ricorso, di avere evidenziato l’adozione da parte dell’Ente stesso del provvedimento di acquisizione sanante (peraltro impugnato davanti al TAR dalle controparti), di averlo prodotto già nel giudizio di primo grado e che il Tribunale avrebbe dovuto dichiarare l’improcedibilità delle domande azionate in primo grado, ma così non era stato e, quindi, concludeva per la riforma della sentenza gravata, anche sotto questo profilo.

In particolare, emerge dal ricorso che il Comune di Leporino aveva posto in essere un primo decreto acquisitivo in data 21 novembre 2008 (n. 57), che veniva annullato in via di autotutela dallo stesso Ente territoriale, e un secondo decreto in data 10 maggio 2007 (n. 13), che veniva annullato con sentenza del T.A.R. di Lecce.

Il successivo decreto di acquisizione sanante, il n. 2013/2, emesso in data 8 gennaio 2013, veniva prodotto nel giudizio di primo grado, in sede di atti conclusivi del giudizio, allegato alla comparsa conclusionale, a cui aveva fatto seguito la sentenza definitiva n. 1084 del 23 maggio 2013.

1.3 In proposito, è giurisprudenza di questa Corte che, in materia di espropriazione per pubblica utilità, l’emanazione, da parte della P.A., di un provvedimento di acquisizione sanante, del D.P.R. n. 327 del 2001, ex art. 42 bis, delle aree oggetto di occupazione illegittima determina l’improcedibilità delle domande di restituzione e di risarcimento del danno proposte in relazione ad esse, salva la formazione del giudicato non solo sul diritto del privato alla restituzione del bene, ma anche sulla illiceità del comportamento della P.A. e sul conseguente diritto del primo al risarcimento del danno. Invero, il provvedimento ex art. 42 bis, è volto a ripristinare (con effetto “ex nunc”) la legalità amministrativa violata – costituendo, pertanto, una “extrema ratio” per la soddisfazione di attuali ed eccezionali ragioni di interesse pubblico e non già il rimedio rispetto ad un illecito -, sicché è necessario che venga adottato tempestivamente e, comunque, prima che si formi un giudicato anche solo sull’acquisizione del bene o sul risarcimento del danno, venendo altrimenti meno il potere attribuito dalla norma all’Amministrazione (Cass., 31 maggio 2016, n. 11258; Cass., 5 giugno 2018, n. 14311).

La norma attribuisce, dunque, alla P.A., che utilizza un bene immobile per scopi di interesse pubblico, modificato in assenza di un valido ed efficace provvedimento di esproprio o dichiarativo della pubblica utilità, il potere, valutati gli interessi in conflitto, di optare fra l’acquisizione e la non acquisizione di un immobile appartenente al privato, disciplina l’adozione del relativo provvedimento, e la misura dell’indennizzo per il pregiudizio patrimoniale conseguente alla perdita definitiva dell’immobile; la ratio del provvedimento di acquisizione, disciplinato dal D.P.R. n. 327 del 2001, art. 42 bis, e’, per l’appunto, quella di consentire alla P.A. di “riprende(re) a muoversi nell’alveo della legalità amministrativa, esercitando una funzione amministrativa ritenuta meritevole di tutela privilegiata, in funzione degli scopi di pubblica utilità perseguiti, sebbene emersi successivamente alla consumazione di un illecito ai danni del privato cittadino” (Corte Cost., 30 aprile 2015, n. 71).

1.4 Ciò posto, la Corte territoriale, dopo avere rigettato il primo motivo dell’appello incidentale proposto dal Comune di Leporano, affermando la giurisdizione del giudice ordinario, ha ritenuto assorbita ogni altra questione (cfr. pag. 11 della sentenza impugnata).

1.5 Sussiste, pertanto, il vizio di omessa pronuncia, che si configura quando manchi qualsiasi statuizione su un capo della domanda o su una eccezione di parte sì da dare luogo all’inesistenza di una decisione sul punto per la mancanza di un provvedimento indispensabile alla soluzione del caso concreto (Cass., 23 marzo 2017, n. 7472; Cass. 29 marzo 1999, n. 3020; Cass. 23 febbraio 1995, n. 2085).

2. Per le ragioni di cui sopra, il ricorso va accolto; la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla Corte di appello di Lecce, in diversa composizione, che provvederà anche alla determinazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Lecce, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 17 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 23 settembre 2021

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