Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25827 del 31/10/2017


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Cassazione civile, sez. III, 31/10/2017, (ud. 20/06/2017, dep.31/10/2017),  n. 25827

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Presidente –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

Dott. GIAIME GUIZZI Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7515-2015 proposto da:

D.B.E., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

CELIMONTANA 38, presso lo studio dell’avvocato PAOLO PANARITI, che

lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato ALESSANDRO

SGRAZZUTTI giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

E.C.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA A.

BAIAMONTI 10, presso lo studio dell’avvocato MARIA TERESA MANENTE,

che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato LAURA VITTORIA

DE BIASI giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

E.C.E.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 360/2014 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 13/02/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

20/06/2017 dal Consigliere Dott. STEFANO GIAIME GUIZZI

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. D.B.E. ricorre per cassazione avverso la sentenza n. 360/14, pronunciata dalla Corte di Appello di Venezia, che ha dichiarato inammissibile – per tardività – il gravame dal medesimo proposto avverso la sentenza n. 64/06 del Tribunale di Belluno, sezione distaccata di Pieve di Cadore.

Riferisce, infatti, l’odierno ricorrente di aver convenuto in giudizio E.C.L. ed E.C.E., per conseguire il risarcimento dei danni patiti a causa di una aggressione da costoro asseritamente perpetrata a suo carico, vedendo, però, respingere la propria domanda, con integrale compensazione delle spese di lite.

Appellata la pronuncia del primo giudice, la Corte lagunare, rilevata – su eccezione degli appellati – l’intempestività del gravame, essendo stato esso proposto oltre il termine ex art. 325 c.p.c., ne ha dichiarato l’inammissibilità.

2. Avverso tale decisione il D.B. ha proposto ricorso per cassazione, sulla base di due motivi, entrambi tesi a dimostrare la (giuridica) inesistenza della notificazione della sentenza di primo grado, e dunque la sua non idoneità a far decorrere il termine breve per impugnare, ex art. 325 c.p.c..

Ed invero, nel procedere alla sommaria esposizione dei fatti di causa, il ricorso in esame deduce, in primo luogo, “la mancata corrispondenza tra destinatario della notifica e soggetto al quale la stessa doveva essere diretta”, atteso che nella relata di notificazione della sentenza impugnata figura il nominativo di tale ” D.M.E.”, ovvero un soggetto diverso da esso ricorrente (e già appellante) ” D.B.E.”. In secondo luogo, si ipotizza un’incertezza assoluta pure in relazione alla data dell’avvenuta notificazione, posto che, se la già richiamata relata individua la stessa nel 6 febbraio 2007, essa viene identificata, invece, nel 6 febbraio del 2008, nell’atto di attestazione adottato – dall’ufficiale giudiziario che effettuò le operazioni di notificazione – allo scopo di emendare l’errore materiale dal medesimo compiuto nel redigere, nella relata, le generalità del destinatario di quella notificazione. In terzo luogo, si deduce che la notifica sarebbe stata “eseguita nelle mani di un consegnatario non identificabile”, giacchè – diversamente da quanto assunto dalla controparte, che indica tale soggetto nel “dott. A., collaboratore dello studio legale Zallot” (difensore in prime cure dell’odierno ricorrente) – risulterebbe “non intellegibile il cognome del soggetto ricevente”.

3. Orbene, le tre circostanze testè indicate si traducono in un doppio motivo di ricorso.

Il primo – proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), – si sostanzia nella denunciata “violazione o falsa applicazione” degli “artt. 160-156, 325,326,327 e 330 c.p.c.”, contestandosi, in particolare, la sussistenza dei presupposti per l’operatività del principio della sanatoria della nullità della notificazione per raggiungimento dello scopo, ipotizzata, nell’impugnata sentenza della Corte veneziana, in particolare quanto all’erronea indicazione delle generalità del destinatario dell’atto.

Il secondo motivo, invece, è formulato nei termini di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5). Esso sarebbe costituito, innanzitutto, dalla discrepanza – circa la data di avvenuta notificazione – tra le risultanze, da un lato, delle relate in possesso sia del richiedente la notificazione che del destinatario della stessa, e quelle, dall’altro, del già ricordato attestato dell’ufficiale giudiziario. Inoltre, il ricorrente lamenta – sempre attraverso il medesimo motivo – che il giudice di appello avrebbe reso una motivazione puramente apparente in relazione alla questione concernente l’esatta identificazione del soggetto consegnatario dell’atto.

4. Ha resistito con controricorso il solo E.C.L., ha chiesto rigettarsi il ricorso avversario, assumendone l’inammissibilità e, comunque, l’infondatezza.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

5. Entrambi i motivi di impugnazione – da esaminarsi congiuntamente, ponendo questioni tra loro connesse – sono infondati, donde la reiezione del ricorso.

5.1. In primo luogo, deve escludersi la fondatezza della censura che deduce l’esistenza di una situazione di incertezza circa la data dell’avvenuta notificazione della sentenza del Tribunale di Belluno, sezione distaccata di Pieve di Cadore.

Essa, infatti, pretende di attribuire rilievo ad un atto (la già richiamata attestazione “emendativa” dell’Ufficiale giudiziario) le cui risultanze, in nessun caso, potrebbero prevalere su quelle della relata di notificazione presente sull’atto consegnato al destinatario, atteso che queste ultime fanno fede – anche in ordine alla data dell’avvenuta notificazione -fino a querela di falso; cfr., da ultimo, da Cass. Sez. 3, sentenza 11 settembre 2014, n. 19156, Rv. 632944-01.

5.2. Del pari infondate sono le censure che si appuntano sulla incerta identificazione delle persone del destinatario e del consegnatario dell’atto, pretendendo, così, di escludere l’effetto di cui all’art. 156 c.p.c., comma 3.

In ordine, infatti, al primo profilo, occorre muovere dal rilievo che “l’irregolarità formale o l’incompletezza nella notificazione del nome di una delle parti non è motivo di nullità se dal contesto dell’atto notificato risulti con sufficiente chiarezza l’identificazione di tutte le parti e la consegna dell’atto alle giuste parti” (così, con specifico riferimento all’erronea indicazione del nominativo del destinatario dell’atto di citazione, ma con principio che appare di portata generale, Cass. Sez. 3, sent. 19 marzo 2014, n. 6352, Rv. 630554-01, nonchè già Cass. Sez. 2, sent. 27 marzo 2007, n. 7514, Rv. 596761-01). Alla stregua di tale principio, pertanto, deve osservarsi che – nel caso di specie – la duplice circostanza, da un lato, che l’atto notificato (la sentenza di primo grado) indichi correttamente in ” D.B.E.” la parte soccombente, nonchè, dall’altro, che la notificazione risulti effettuata presso lo studio del suo difensore, non lascia dubbi sul fatto che il destinatario dell’atto debba individuarsi proprio nel D.B..

Nè, d’altra parte, la validità della notificazione – per venire all’altro profilo su cui si fonda la doglianza del ricorrente – potrebbe essere revocata in dubbio adducendo l’esistenza di una situazione di incertezza circa il consegnatario dell’atto, visto che la relata di notificazione presente nel fascicolo del presente giudizio lo individua nel “dott. A., collega di studio” del difensore, in primo grado, del D.B.. Sul punto, invero, è sufficiente osservare che “la notificazione presso il procuratore domiciliatario della parte viene validamente eseguita con la consegna di copia dell’atto al collega di studio, considerato che l’art. 139 c.p.c., comma 2, nell’includere, fra i possibili consegnatari, l’addetto all’ufficio del destinatario, richiede una situazione di comunanza di rapporti che, quale quella del professionista che ha in comune col destinatario dell’atto lo stesso studio, faccia presumere che il primo porterà a conoscenza del secondo l’atto ricevuto, senza comportare necessariamente un vincolo di dipendenza o subordinazione”; cfr. Cass. Sez. Un., sent. 14 luglio 2005, n. 14792, Rv. 580909-01. Nello stesso senso, del resto, si è pure riconosciuta la validità della “notificazione di una sentenza al procuratore domiciliatario mediante consegna di copia ad un praticante avvocato, abilitato al patrocinio, nella qualità – risultante testualmente dalla relata di notificazione – di “persona addetta allo studio/ufficio/sede incaricata a ricevere gli atti di notificazione”; cfr. Cass. Sez. 6-3, ord. 30 ottobre 2012, n. 24502, Rv. 628750-01, che addossa, tra l’altro, “al destinatario della notificazione” l’onere di “dimostrare l’inesistenza di qualsivoglia relazione di collaborazione professionale e la casualità della presenza del consegnatario presso lo studio del procuratore destinatario della notificazione” (onere del cui assolvimento l’odierno ricorrente neppure si è preoccupato).

La decisione impugnata si è uniformata a tali principi, resistendo, pertanto, alle censure oggetto del presente ricorso.

5.3. Nè, infine, si manchi di rilevare come l’esito del rigetto del presente ricorso si impone vieppiù alla stregua del principio secondo cui, “al fine di escludere il decorso del termine breve di impugnazione, la nullità della notificazione della sentenza può essere affermata – in difetto di una espressa comminatoria della nullità medesima – solo se il destinatario deduca e dimostri che detta incompletezza gli abbia precluso la compiuta conoscenza dell’atto e quindi abbia inciso negativamente sul pieno esercizio della facoltà di impugnazione dello stesso” (Cass. Sez. 6-1, ord. 22 giugno 2012, n. 10488, Rv. 623066-01; in senso analogo, di recente, anche Cass. Sez. 3, ord. 31 gennaio 2017, n. 2321, Rv. 642713-01); dimostrazione, nel caso di specie, nuovamente mancante.

6. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo, ai sensi del D.M. 10 marzo 2014, n. 55. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso, condannando d.B.E. a rifondere a E.C.L. le spese del presente giudizio, che liquida in Euro 5.000,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali e accessori, come per legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella udienza camerale della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 20 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2017

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