Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25825 del 14/10/2019
Cassazione civile sez. II, 14/10/2019, (ud. 08/03/2019, dep. 14/10/2019), n.25825
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PETITTI Stefano – Presidente –
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –
Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –
Dott. ABETE Luigi – Consigliere –
Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 11519/2018 proposto da:
A.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GOLAMETTO N.
4, presso lo studio dell’avvocato FERDINANDO EMILIO ABBATE, che la
rappresenta e difende unitamente agli avvocati MARCO ALUNNI,
GIOVAMBATTISTA FERRIOLO;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo
rappresenta e difende ope legis;
– resistente –
avverso il decreto n. 5741/2017 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,
depositato il 12/10/2017;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
08/03/2019 dal Consigliere Dott. ANTONELLO COSENTINO.
Fatto
RAGIONI IN FATTO E DIRITTO DELLA DECISIONE
Rilevato:
che la sig.ra A.M. ha impugnato il decreto col quale la corte d’appello di Perugia le ha riconosciuto la somma di Euro 667 a titolo di equa riparazione per l’irragionevole durata del processo, ai sensi della L. n. 89 del 2001, ed ha posto le spese di lite, liquidate in Euro 210 oltre accessori, a carico del convenuto Ministero della Giustizia, distraendole in favore del difensore antistatario della medesimo sig.ra A., gli avvocati Giovambattista Ferriolo e Ferdinando Emilio Abbate;
che il ricorso si fonda su un unico motivo – riferito alla violazione dell’art. 91 c.p.c. e art. 2233 c.c., comma 2, oltre che del D.M. n. 55 del 2014 – con il quale ci si duole della misura, inferiore al minimo di tariffa, delle spese liquidate;
che il Ministero intimato non ha svolto difese in questa sede;
che la causa è stata chiamata all’adunanza di Camera di consiglio dell’8 marzo 2019, per la quale non sono state depositate memorie;
considerato:
che, come questa Corte ha già avuto modo di precisare, in tema di liquidazione delle spese processuali, ai sensi del D.M. n. 55 del 2014, art. 4, comma 1, il giudice può scendere anche al di sotto o salire pure al di sopra dei limiti risultanti dall’applicazione delle massime percentuali di scostamento, purchè ne dia apposita e specifica motivazione (Cass. 11601/18; conf. Cass. 2386/17) e sempre nel rispetto del disposto dell’art. 2233 c.c., comma 2, il quale preclude di liquidare somme praticamente simboliche, non consone al decoro della professione (Cass. 30286/17);
che, tenuto conto dello scaglione riferibile al valore della causa (fino a Euro 1.100), la liquidazione del compenso professionale effettuata dalla corte territoriale risulta porsi immotivatamente al di sotto dei minimi imposti dal D.M. n. 55 del 2014;
che, infatti, ai sensi del D.M. n. 55 del 2014, i valori medi di detto scaglione, per i giudizi davanti alla corte di appello, sono di Euro 135 per la fase di studio, di Euro 135 per la fase introduttiva, di Euro 170 per la fase istruttoria e di Euro 200 per la fase decisoria, riducibili fino al 70% per la fase istruttoria e fino al 50% per le altre fasi alla stregua dell’art. 4, comma 1, del medesimo D.M.;
che è opportuno precisare che, per la fase istruttoria, l’espressione, contenuta alla fine del D.M. n. 55 del 2014, art. 4, comma 1, “diminuzione di regola fino al 70%”, va interpretata, in conformità al suo chiaro tenore letterale, nel senso che la diminuzione applicabile sul valore medio può essere determinata in una percentuale non superiore al 70% del medesimo, ossia nel senso che l’importo minimo liquidabile corrisponde al 30% di tale valore medio; non già nel diverso senso che l’importo minimo liquidabile corrisponda al 70% del valore medio, ossia che la diminuzione applicabile sul valore medio non possa eccedere il 30% del medesimo (in termini, Cass. 7482/19);
che pertanto il decreto gravato va cassato;
che, sussistendone le condizioni, la causa va decisa nel merito, dovendosi determinare il compenso del difensore dell’odierna ricorrente per il giudizio davanti alla corte di appello applicando, in ragione della speciale semplicità dell’affare, la massima percentuale di riduzione praticabile ai sensi del D.M. n. 55 del 2014, art. 4 e, quindi, liquidandolo in Euro 286 (Euro 67,5 per la fase di studio, Euro 67,5 per la fase introduttiva, Euro 51 per la fase istruttoria, Euro 100 per la fase decisionale), oltre IVA e contributo L. n. 576 del 1980, ex art. 11; con distrazione in favore degli avvocati Giovambattista Ferriolo e Ferdinando Emilio Abbate, che ne hanno fatto richiesta, dichiarandosene antistatari;
considerato che anche le spese legali del giudizio di legittimità debbono seguire la soccombenza e possono liquidarsi al minimo, sempre con distrazione, siccome in dispositivo, tenuto conto del valore e della qualità della causa, nonchè delle attività espletate.
PQM
La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, liquida le spese del giudizio di merito in favore dell’odierna ricorrente nell’importo complessivo di Euro 286, oltre spese generali, accessori e spese vive per Euro 8,00, distratte in favore degli avvocati Giovambattista Ferriolo e Ferdinando Emilio Abbate.
Condanna il Ministero intimato al pagamento, in favore della ricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che, distratte in favore degli avvocati Giovambattista Ferriolo e Ferdinando Emilio Abbate, liquida in Euro 325 per compensi, oltre spese generali e accessori.
Così deciso in Roma, il 8 marzo 2019.
Depositato in Cancelleria il 14 ottobre 2019